Tra i principi di diritto espressi dalla Cassazione nell'ordinanza in esame, vi è quello secondo cui la mancata interruzione del processo che si sarebbe invece dovuto interrompere non comporta l'estinzione del giudizio, bensì una nullità processuale da fare valere come motivo di gravame.
Gli attori si rivolgevano al Tribunale di Patti esponendo che il convenuto, costruttore edile, aveva promesso a ciascuno di loro in vendita un appartamento, pretendendo poi un importo maggiore rispetto a quello pattuito. Per questa ragione, il convenuto era stato rinviato a giudizio e condannato in sede penale per estorsione, oltre alla condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi in...
Svolgimento del processo
1. Nel 2003 B.C., Bo.Ti., Ra.Gi.Ad. (il quale decederà in corso di causa, e la cui posizione processuale sarà coltivata dal coerede R.V.R.) e S.G. convennero dinanzi al Tribunale di Patti L.R.F., esponendo che:
-) L.R.F., costruttore edile, aveva promesso in vendita a ciascuno di essi un appartamento, pretendendo poi successivamente un importo maggiore di quello convenuto;
-) per tali fatti Fernando L.R. era stato rinviato a giudizio e condannato in sede penale per i delitti di estorsione e tentata estorsione, nonchè al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede;
-) le statuizioni civili contenute nella sentenza penale di primo grado erano divenute definitive.
Conclusero perciò chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento dei danni da essi rispettivamente patiti in conseguenza del reato commesso in loro danno dal convenuto.
3. Nel corso del giudizio di primo grado, essendo deceduto il procuratore degli attori, all'udienza del 16 luglio 2009 si costituirono per conto di quest'ultimo due nuovi avvocati.
L'istruttoria proseguì e con sentenza 28 aprile 2014 il Tribunale di Patti accolse la domanda.
La sentenza venne appellata dal soccombente.
2. Con sentenza 13 settembre 2018 n. 766 la Corte d'appello di Messina accolse il gravame e dichiarò estinto "il giudkio di primo grado". La Corte d'appello, accogliendo il primo motivo di gravame proposto da L.R.F., ha così ragionato:
-) il primo avvocato nominato dagli attori morì nel corso del giudizio di primo grado;
-) i due avvocati nominati degli attori in sostituzione del procuratore deceduto, e cioè Francesco Cacciola e Manuela Minciullo, costituendosi, non risultavano aver depositato alcuna procura alle liti;
-) la morte del primo procuratore aveva determinato ope legis l'interruzione del processo;
-) questo non poteva ritenersi validamente proseguito (a causa del suddetto difetto di procura dei nuovi avvocati), nè era stato riassunto nel termine di sei mesi.
3. Ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza B.C., Bo.Ti., R.V.R. e S.G., con ricorso fondato su tre motivi.
Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, illustrato da memoria, L.R.F.; al ricorso incidentale hanno resistito con controricorso i ricorrenti principali.
Motivi della decisione
1. Il controricorrente ha eccepito in via preliminare la nullità del ricorso, per tre ragioni:
a) perchè il documento allegato al messaggio di posta elettronica con cui è avvenuta la notifica del ricorso per cassazione, sebbene dichiarato conforme all'originale, non era sottoscritto con firma autografa dal difensore;
b) perchè alla notifica del ricorso non era validamente allegata la procura speciale;
c) perchè il ricorso in ogni caso non conteneva la chiara indicazione delle ragioni di diritto poste a suo fondamento, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., n. 3.
Con la memoria di cui all'art. 380 bis c.p.c., il controricorrente ha aggiunto che:
d) il documento elettronico allegato alla notifica del ricorso per cassazione non era stato ottenuto dalla scansione di un originale cartaceo, ma era un documento "nativo", ovvero redatto ab origine in formato .pdf;
e) per le ragioni sopra esposte era impossibile stabilire la conformità dell'atto notificato rispetto all'originale depositato nella Cancelleria di questa Corte.
1.1. Tutte le suddette eccezioni preliminari sono infondate.
Procedendo nell'ordine di cui all'art. 276 c.p.c., comma 2, va innanzitutto rilevata l'infondatezza dell'eccezione di "inammissibilità ed improcedibilità" del ricorso per vizio di procura.
Premesso che un ricorso non può ovviamente essere nello stesso tempo e per la stessa ragione inammissibile ed improcedibile, e che l'eccezione di cui si discorre è espressa con sintassi alquanto oscura (p. 14, terzo capoverso, del controricorso), ritiene il collegio che, secondo l'unica interpretazione plausibile su questo punto del controricorso, il controricorrente abbia inteso articolare il seguente ragionamento:
a) il messaggio con cui è stato notificato il ricorso per cassazione conteneva due documenti digitali allegati: uno contenente il ricorso per cassazione, l'altro contenente la procura;
b) che la procura fosse stata rilasciata con atto separato, tuttavia, "doveva essere dichiarato nelle premesse del ricorso";
c) tale dichiarazione tuttavia mancava nel ricorso per cassazione, nè la procura risultava "allegata all'allegato" contenente l'atto di impugnazione.
1.1.1. L'eccezione è manifestamente infondata.
L'originale del ricorso depositato nella Cancelleria di questa Corte è corredato della procura speciale, debitamente sottoscritta: e tanto basta per soddisfare il requisito di cui all'art. 369 c.p.c..
Al messaggio elettronico di notifica del ricorso per cassazione, poi, è allegato il documento digitale contenente la procura: e tanto basta per soddisfare i requisiti di cui alla L. n. 53 del 1994.
Pretendere invece, come vorrebbe il controricorrente, che un ricorso per cassazione debba dichiararsi inammissibile perchè la copia notificata di esso non "annuncia" che la procura è stata rilasciata su documento separato è affermazione non solo di inusitata singolarità, ma in ogni caso contrastante con il più che consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione non è necessario che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all'altra parte, ben potendosi pervenire, attraverso altri elementi, alla ragionevole certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell'atto e dovendo la conformità del ricorso rispetto all'originale notificato dal contribuente all'Ufficio riguardare il contenuto dell'atto, sicchè è a tal fine sufficiente l'apposizione nella copia di una nota che attesti la presenza sull'originale del mandato rilasciato al difensore (ex plurimis, Sez. 5 -, Sentenza n. 17963 del 04/07/2019, Rv. 654746 - 01).
1.2. Del pari manifestamente infondata, e per più ragioni, è l'eccezione di nullità del ricorso per "mancanza della sottoscrizione autografa" nell'originale cartaceo.
1.2.1. A tale eccezione è agevole replicare che:
-) nessuna nullità può mai essere dichiarata in un caso, come il presente, nel quale l'atto ha compiutamente raggiunto il suo scopo: il controricorrente, infatti, ha perfettamente compreso il contenuto dell'impugnazione contro di lui proposta ed ha svolto tutte le sue difese (ex phaimis, Sez. 2 -, Ordinanza n. 14818 del 07/06/2018, Rv. 648851 - 01; ma così già Sez. 1 -, Ordinanza n. 20623 del 31/08/2017, Rv. 645224 - 01, con riferimento alle notifiche a mezzo fax);
-) è onere del controricorrente contestare la difformità tra l'originale del ricorso per cassazione e la copia notificata, ovviamente indicando in cosa consista tale difformità (ex multis, Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 32231 del 13/12/2018, Rv. 651826 - 01; Sez. 3 -, Ordinanza n. 27480 del 30/10/2018, Rv. 651336 - 01; Sez. U -, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018, Rv. 650462 - 01), indicazione che nel caso di specie il controricorrente si è guardato bene anche solo dal lumeggiare;
-) è ammissibile il ricorso per cassazione confezionato in formato .pdf e sottoscritto con fuma digitale e non con sottoscrizione autografa allorchè l'originario ricorso, in formato analogico, scansionato e firmato digitalrnente, sia stato notificato a mezzo posta elettronica certificata e copia cartacea di esso - con la relata di notifica, il messaggio di posta elettronica certificata e le ricevute di accettazione e consegna - risulti depositato in cancelleria, unitamente all'attestazione di conformità sottoscritta con firma autografa (Sez. 2 -, Ordinanza n. 23951 del 29/10/2020, Rv. 659394 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19434 del 18/07/2019, Rv. 654622 - 01; Sez. 2 -, Ordinanza n. 23951 del 29/10/2020, Rv. 659394 - 01; Sez. 3 -, Sentenza n. 26102 del 19/12/2016, Rv. 642339 - 01);
-) irrilevante, infine, è la circostanza che al messaggio elettronico di notifica del ricorso fosse allegato un documento elettronico "nativo", in luogo di un documento elettronico ricavato dalla scansione di un documento cartaceo. Questa Corte, infatti, ha già stabilito che scopo della notificazione, in qualsiasi forma essa avvenga, è portare l'atto da notificare a conoscenza del destinatario, non certo consentire a quest'ultimo il "copia e incolla". E' la conoscibilità dell'atto notificato, non la sua "navigabilità" a costituire il parametro in base al quale valutare il raggiungimento dello scopo. La notifica d'un documento elettronico in formato diverso da quello prescritto, pertanto, anche a voler supporre per puro esercizio teorico che costituisca una ipotesi di nullità, sarebbe comunque vizio sanato dal raggiungimento dello scopo (Sez. 3, Ordinanza n. 18324 del 12.7.2018).
1.3. L'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa esposizione delle ragioni di doglianza è implicitamente rigettata sulla base delle considerazioni che seguono.
2. Va esaminato per primo, perchè assorbente, il secondo motivo del ricorso principale, col quale si lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell'art. 307 c.p.c..
Deducono i ricorrenti che il presente giudizio è iniziato nell'anno 2003. Ad esso, pertanto, si applica ratione temporis l'art. 307 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009. Quella norma prevedeva che l'estinzione dovesse essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra difesa.
Nel caso di specie - proseguono i ricorrenti - l'evento interruttivo si era verificato il 16 luglio 2009, mentre il convenuto L.R.F. per la prima volta invocò l'avvenuta estinzione del giudizio dopo due anni e mezzo, il 5 dicembre 2011, con la memoria di replica.
2.1. Il motivo è fondato, nei limiti di cui si dirà.
Risulta dagli atti del giudizio di primo grado che questo, iniziato nel 2003, si è protratto sino al 2011, senza che il convenuto abbia mai eccepito l'estinzione del giudizio: non in udienza, non nel precisare le conclusioni, non nella comparsa conclusionale.
Solo con la memoria di replica datata 5.12.2011 (punto 1) il convenuto eccepì l'estinzione del giudizio, in tesi avvenuta due anni prima, per la mancata tempestiva riassunzione dopo l'evento interruttivo rappresentato dalla morte dell'avv. L.G., originario difensore degli attori.
Il Tribunale, nondimeno, non esaminò tale eccezione e decise la causa nel merito.
La Corte d'appello, dinanzi a questa vicenda processuale, ha ritenuto che il processo di primo grado si fosse interrotto ope legis, e che non essendo stato riassunto o proseguito si fosse estinto.
2.2. Ciò posto in punto di fatto, deve rilevarsi in diritto che la sentenza impugnata contiene due errori.
Il primo errore è consistito nel dichiarare "estinto" per mancata riassunzione un processo che non era mai stato interrotto, ma che era anzi stato compiutamente istruito.
Così giudicando, la Corte d'appello ha confuso gli effetti di due distinti vizi processuali: la mancata riassunzione e la mancata interruzione.
2.2.1. Il primo vizio ricorre quando il processo, ritualmente dichiarato interrotto dal giudice, non è proseguito o riassunto nel termine di legge: sanzione di questo vizio è l'estinzione del processo (art. 307 c.p.c.).
2.2.2. Il secondo vizio ricorre quando, verificatosi un evento ad effetto interruttivo automatico (ad es., morte del procuratore); oppure dichiarato in giudizio un evento interruttivo non automatico (ad es., morte della parte costituita), il giudice non dichiari l'interruzione del processo e prosegua nell'istruzione.
In questa seconda ipotesi, non essendosi mai verificata una formale interruzione, è inconcepibile una riassunzione del processo, e di Con guenza non è pensabile che questo possa estinguersi.
La mancata interruzione di un processo che invece si sarebbe dovuto interrompere non comporta l'estinzione del giudizio, ma una nullità processuale, deducibile come motivo di gravame (ex permultis, Sez. 2 -, Ordinanza n. 10912 del 26/04/2021, Rv. 661132 - 01; Sez. 6 - L, Ordinanza n. 3546 del 23/02/2016, Rv. 638937 - 01; Sez. 6 - 3, Sentenza n. 19267 del 29/09/2015, Rv. 636947 - 01).
2.3. Ma anche ad ammettere, per amor di dogmatica, che effettivamente nel primo grado del presente giudizio si fosse verificata una causa estintiva del giudizio, la Corte d'appello avrebbe comunque anche in questa ipotesi violato l'art. 307 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis.
Tale norma, infatti, stabiliva a quell'epoca due regole.
La prima regola - antitetica rispetto al sistema vigente - era il divieto di rilievo officioso dell'eccezione di estinzione, rimessa al potere dispositivo della parte. L'eccezione di estinzione era dunque un'eccezione in senso stretto, che doveva essere sollevata espressamente dalla parte interessata.
La seconda regola era che l'eccezione di estinzione fosse sollevata "prima di ogni altra difesa".
Da tempo questa Corte ha chiarito come dovesse intendersi l'espressione "prima di ogni altra difesa".
Quell'espressione non vuol dire affatto, come ritengono i ricorrenti, che l'eccezione di estinzione fosse in quel regime processuale soggetta a preclusioni. Se così fosse stato, il legislatore avrebbe usato altre espressioni, quali ad esempio "nella prima difesa utile" "nella prima udienza successiva" o simili.
L'espressione "prima di ogni altra sua difesa" va dunque intesa nel senso, corrispondente alla lettera ed alla ratio della norma, che la parte interessata poteva sollevare l'eccezione di estinzione in ogni momento del grado di giudizio in cui l'estinzione si è verificata, ma essa doveva precedere ogni diversa difesa, e quindi doveva essere necessariamente formulata in via principale, e mai in via subordinata (Sez. 3 -, Ordinanza n. 30994 del 30/11/2018 (Rv. 651865 - 01; Sez. L, Sentenza n. 15483 del 07/07/2006, Rv. 591384 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 204 del 02/02/1962, Rv. 250316 - 01).
2.4. La libera proponibilità dell'eccezione di estinzione nel grado di giudizio in cui si era verificata la causa estintiva, tuttavia, conosceva due eccezioni.
La prima eccezione era rappresentata dal caso in cui l'eccezione di estinzione fosse stata sollevata per la prima volta nella comparsa conclusionale o, a fortiori, nella memoria di replica (Sez. 3, Sentenza n. 4037 del 23/04/1999, Rv. 525657 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 4924 del 04/10/1984, Rv. 436804 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 1594 del 10/03/1980, Rv. 405175 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 2178 del 06/05/1978, Rv. 391563 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 509 del 14/02/1969, Rv. 338632 - 01).
La seconda eccezione era rappresentata dall'ipotesi in cui la parte interessata avesse rinunciato, esplicitamente o tacitamente, a sollevare la suddetta eccezione (Sez. 3, Sentenza n. 437 del 23/02/1963, Rv. 260578 - 01).
2.5. Nel caso di specie si erano verificate tanto l'una, quanto l'altra delle suddette ipotesi.
Da un lato, infatti, l'eccezione di estinzione venne sollevata per la prima volta addirittura nella memoria di replica, il che ne avrebbe dovuto comportare l'inammissibilità, col corollario della impossibilità per la Corte d'appello di dichiarare l'estinzione del processo.
Dall'altro lato, il convenuto pur potendo rilevare con l'ordinaria diligenza la sussistenza di una causa di estinzione, in primo grado si difese con dovizia di argomenti e nel merito, chiedendo prove orali, contestando le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, invocando nullità processuali, e tutto ciò per oltre due anni.
Si trattava dunque di una condotta concludente difficilmente compatibile con la volontà di voler sollevare e coltivare l'eccezione di estinzione.
2.6. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio sotto questo profilo. Il giudice di rinvio tornerà ad esaminare l'appello proposto da L.R.F. applicando i seguenti principi di diritto:
"La mancata interruzione del processo, pur a fronte dell'avverarsi di una causa interruttiva, non comporta l'estinzione del giudizio, ma una nullità processuale da far valere come motivo di gravame".
"Nel regime processuale anteriore alle modifiche introdotte dalla L. 69 del 2009, è inammissibile l'eccezione di estinzione del processo sollevata per la prima volta nella memoria di replica".
2.7. Reputa altresì questa Corte doveroso ricordare, anche al fine di prevenire ulteriore contenzioso, il principio secondo cui la mancata interruzione del procedimento di prime cure, a seguito della morte del difensore di una delle parti costituite, non consente l'applicazione, in sede di gravame, dell'art. 354 c.p.c., ma impone al giudice di appello di dichiarare la nullità della sentenza impugnata e procedere ad un nuovo esame del merito (ex multis, Sez. 2 -, Ordinanza n. 10912 del 26/04/2021, Rv. 661132 - 01; Sez. 6 - L, Ordinanza n. 3546 del 23/02/2016, Rv. 638937 - 01).
2.8. Gli altri motivi del ricorso principale restano assorbiti.
3. Il primo motivo del ricorso incidentale, con quale viene censurata la decisione della Corte d'appello di compensare le spese di lite, resta assorbito dall'accoglimento del ricorso principale.
4. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, formulati condizionatamente all'accoglimento del ricorso principale, sono infondati.
Con ambedue i suddetti motivi, infatti, il ricorrente incidentale denuncia il vizio di omessa pronuncia su parte dei propri motivi di gravame. Ma ovviamente la Corte d'appello, una volta ritenuta avveratasi una causa di estinzione del processo, nessun'altra decisione avrebbe potuto prendere e dunque non era tenuta ad esaminare i restanti motivi di appello.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il secondo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti gli altri;
(-) dichiara assorbito il primo motivo del ricorso incidentale; rigetta il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato;
(-) cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.