Ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione a decreto ingiuntivo, è valida la notificazione del ricorso e del decreto monitorio, effettuata a mezzo PEC, a cui è allegata copia della procura alle liti priva della sottoscrizione della parte. L'eventuale insussistenza o vizio della stessa può essere fatto valere dall'ingiunto come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo.
Ottenuto il decreto ingiuntivo richiesto, il difensore della società creditrice notificava, a mezzo PEC, il ricorso e il decreto ingiuntivo alla controparte, allegando copia della procura alle liti relativa al procedimento monitorio priva della sottoscrizione della parte. Successivamente, rinnovava tale notificazione a mezzo ufficiale giudiziario.
A seguito di opposizione al decreto ingiuntivo, l'opposta eccepiva la tardività della stessa.
Il Tribunale rigettava l'eccezione di inammissibilità per tardività dell'opposizione ritenendo giuridicamente inesistente la prima notificazione del ricorso e del decreto poiché priva della sottoscrizione nella procura ad litem ad essa collegata.
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione è chiamata a stabilire se, ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione a decreto ingiuntivo, è valida la notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, effettuata a mezzo PEC su istanza del difensore della società creditrice, a cui è allegata copia della procura alle liti relativa al procedimento monitorio priva della sottoscrizione della parte.
Con sentenza n. 27154 del 6 ottobre 2021, la Suprema Corte accoglie il ricorso e afferma il seguente principio di diritto: «ai sensi dell'art. 643 c.p.c., ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione a decreto ingiuntivo vanno notificati il ricorso ed il decreto monitorio, ma non è necessaria altresì la notificazione della procura alle liti del difensore della parte creditrice, anche se la notificazione avvenga a mezzo P.E.C., ai sensi della
Svolgimento del processo
T. C. S.r.l. ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di R.S. S.r.l., per l'importo di € 45.140,00, oltre accessori, sulla base di due fatture commerciali.
La società ingiunta ha proposto opposizione. La società opposta ha eccepito la tardività dell'opposizione.
Il Tribunale di Venezia ha emesso sentenza non definitiva, rigettando l'eccezione di tardività dell'opposizione e disponendo la prosecuzione del giudizio per il merito.
La Corte di Appello di Venezia ha confermato tale decisione non definitiva di primo grado.
Ricorre la T. C. S.r.l., sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso R.S. S.r.l..
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Il presente ricorso ha ad oggetto la decisione di secondo grado relativa ad una questione pregiudiziale di rito su cui il tribunale, adito in primo grado, aveva pronunciato sentenza non definitiva, disponendo la prosecuzione del giudizio per il merito.
Esso deve ritenersi ammissibile.
Come ormai chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, infatti, «l'art. 360, comma 3, c.p.c., nel precludere la proponibilità del ricorso per cassazione avverso le "sentenze che decidono questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio' fa riferimento alla nozione di "giudizio" quale procedimento devoluto al giudice di appello e non come processo nella sua complessiva pendenza, sicché, mentre soggiace al suddetto limite la sentenza non definitiva, resa dal giudice di appello ex art. 279, comma 2, n. 4, c.p.c., cui seguano i provvedimenti per l'ulteriore corso del giudizio medesimo, è, al contrario, immediatamente ricorribile per cassazione la sentenza con cui, per effetto di gravame immediato, ex art. 340 c.p.c., avverso la sentenza non definitiva resa dal giudice di primo grado ai sensi del richiamato art. 279 c.p.c., il giudice di appello rigetti, nel merito o in rito, l'impugnazione, confermando la decisione di prime cure» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 3556 del 10/02/2017, Rv. 642438 - 02).
2. Con il primo motivo del ricorso (non rubricato) si denunzia la violazione degli artt. 115 c.p.c. e 111 Cost., ai sensi dell'art. 360, comma L n. 3, c.p.c..
Con il secondo motivo (non rubricato) si denunzia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell'art. 360, comma L n. 5, c.p.c..
Con il terzo motivo (anch'esso non rubricato) si denunzia la violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma L n. 3, c.p.c..
I tre motivi del ricorso sono connessi, avendo tutti ad oggetto, nella sostanza, la medesima questione, e cioè quella relativa alla validità della notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo ai fini della decorrenza dei termini per l'opposizione da parte della società ingiunta, essendo stata tale notificazione effettuata a mezzo P.E.C. ai sensi della legge 21 gennaio 1994 n. 53, su istanza del difensore della società creditrice T. C. S.r.l., con allegazione di una procura alle liti priva di sottoscrizione della parte.
3. È opportuno, in primo luogo, riepilogare in dettaglio i fatti rilevanti.
La T. C. S.r.l. ha agito in sede monitoria nei confronti della R.S. S.r.l., ottenendo il decreto ingiuntivo richiesto.
Il difensore della società creditrice ha quindi proceduto alla notificazione del ricorso e del decreto alla società ingiunta, a mezzo P.E.C., allegando anche copia della procura alle liti relativa al procedimento monitorio, ma priva della sottoscrizione della parte. Successivamente, ha rinnovato la suddetta notificazione, a mezzo ufficiale giudiziario.
La R.S. S.r.l. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo, contestando la sussistenza del credito oggetto di ingiunzione.
Tale opposizione è (pacificamente) tardiva rispetto alla data della prima notificazione del ricorso e del decreto, avvenuta a mezzo P.E.C., ma (pacificamente) tempestiva rispetto alla seconda, avvenuta a mezzo ufficiale giudiziario.
L'opposta, costituendosi nel giudizio di opposizione, ha preliminarmente eccepito la tardività della stessa.
Il tribunale ha ritenuto giuridicamente inesistente la prima notificazione del ricorso e del decreto, a causa della mancanza della sottoscrizione nella procura ad litem ad essa allegata ed ha, quindi, rigettato l'eccezione di inammissibilità per tardività dell'opposizione, con sentenza non definitiva.
La società opposta ha proposto appello immediato avverso tale sentenza, sostenendo: a) che la procura alle liti del proprio difensore era stata allegata al ricorso per decreto ingiuntivo ed era quindi presente nel fascicolo telematico del procedimento monitorio, acquisito agli atti del giudizio di opposizione;
b) che non era necessario che la stessa fosse notificata all'ingiunta, unitamente al ricorso e al decreto ingiuntivo, ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione.
La corte di appello ha rigettato il gravame, affermando, in proposito quanto segue: «la notifica del ricorso per decreto ingiuntivo e del provvedimento monitorio stesso veniva posta in essere via pec dal legale della T. C. il 31.8.2015 senza sottoscrizione del mandato ad opera della parte - come emerge dal fascicolo telematico messo a disposizione da essa onerata» ...... «la prima notifica, priva di sottoscrizione della procura, appare qualificabile - analogamente a quanto ritenuto dal Tribunale - come inesistente».
4. Secondo la società ricorrente, la corte di appello, nel ritenere giuridicamente inesistente la originaria notificazione del decreto ingiuntivo effettuata a mezzo P.E.C. per la presenza in allegato di una procura difensiva priva di sottoscrizione, avrebbe omesso di considerare che la suddetta procura difensiva, debitamente sottoscritta, era in realtà depositata nel fascicolo telematico del procedimento monitorio, acquisito agli atti dei giudizi di primo e secondo grado, e che non era necessario che la stessa fosse notificata unitamente al ricorso ed al decreto ingiuntivo, ai fini del decorso del termine per l'opposizione. Di conseguenza, per un verso, avrebbe omesso di prendere in considerazione un documento regolarmente prodotto in giudizio (primo motivo del ricorso), per altro verso avrebbe omesso di prendere in esame il relativo fatto, decisivo ai fini dell'esito della lite (secondo motivo); in ogni caso (terzo motivo), mancherebbe, nella decisione impugnata, una effettiva e comprensibile motivazione con riguardo alla questione sollevata con il gravame (costituita dall'esistenza di una procura difensiva, valida anche ai fini della notificazione del decreto ingiuntivo alla debitrice).
5. Le indicate censure sono fondate, nei termini che saranno di seguito precisati.
Occorre premettere, in diritto, che ai fini della presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo davanti al tribunale è, di regola, necessario il patrocinio di un legale munito di valida pro cura, ai sensi dall'art. 83 c.p.c..
La corretta costituzione del ricorrente in sede monitoria va verificata di ufficio dal giudice: il difetto o il vizio della procura del difensore non consente, in generale, l'emissione del decreto ingiuntivo richiesto.
Laddove il decreto ingiuntivo sia emesso, deve ritenersi positivamente verificata dal giudice, almeno in via implicita, la sussistenza di una regolare procura in favore del difensore del ricorrente.
Naturalmente, se la procura manca o è viziata, lo stesso decreto ingiuntivo risulterà a sua volta viziato e il vizio potrà essere denunciato con l'opposizione.
Poiché, peraltro, il decreto ingiuntivo è un provvedimento giudiziario con attitudine al giudicato, l'ingiunto che intenda contestare la sua illegittima emissione, per difetto o vizio della procura difensiva del ricorrente, deve comunque proporre tempestiva opposizione nel termine di legge decorrente dalla sua notificazione, ad effettuare la quale è senz'altro legittimato il difensore (che è stato ritenuto regolarmente) costituito nel procedimento monitorio, secondo tutte le modalità consentite dall'ordinamento.
Non è possibile ipotizzare la proposizione di una autonoma actio nullitatis da parte dell'ingiunto, in relazione al decreto ingiuntivo che si assume emesso in mancanza di regolare procura in favore del difensore della parte ricorrente, senza limiti di tempo, sulla base dell'assunto per cui il difensore del ricorrente in sede monitoria privo di procura non sarebbe neanche legittimato alla notificazione del decreto ingiuntivo emesso su sua istanza (sull'attitudine del decreto ingiuntivo a formare il giudicato e sull'esclusione di una autonoma actio nullitatis per far valere i vizi relativi al procedimento monitorio, cfr. ad es.: Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4833 del 03/05/1991, Rv. 471938- 01; Sez. 2, Sentenza n. 27406 del 06/12/2013, Rv. 628871- 01).
Infatti, l'attività notificatoria del ricorso e del decreto viene compiuta dal difensore dopo che il giudice del monitorio ha giudicato in via sommaria ed ha ravvisato le condizioni per l'emissione del decreto. In tal modo, quel giudice implicitamente afferma anche l'esistenza del ministero del difensore e, se lo fa in mancanza della procura o sulla base di una procura invalida, l'emissione del decreto si risolve necessariamente nella mancata percezione di tali irritualità e, dunque, in un vizio del decreto, come tale da dedursi con il mezzo dell'opposizione, che l'ordinamento prevede come rimedio necessario. Nel caso di procura inesistente, la notificazione del decreto fatta dal difensore non si presenta a sua volta come attività riconducibile al vizio radicale di inesistenza, in quanto legittimata in via provvisoria dalla pronuncia del giudice e discutibile - non ricorrendo le ipotesi di cui all'art. 650 c.p.c. - solo con l'opposizione tempestiva.
Sotto altro e concorrente profilo, va poi osservato che l'art. 643 c.p.c. prevede, ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione, che siano notificati all'ingiunto il ricorso e il decreto ingiuntivo, per copia autentica, ma non che agli stessi sia allegata la procura alle liti del difensore che effettua la notificazione, la quale deve essere presente agli atti del procedimento monitorio e la cui regolarità va accertata nell'ambito e secondo le regole di detto procedimento, anche eventualmente in fase di opposizione.
Né tale allegazione è prevista dalla legge n. 53 del 21 gennaio 1994, che disciplina le notificazioni degli atti giudiziari da par te degli avvocati. L'art. 1 di tale legge prevede esclusivamente che l'avvocato che effettua la notificazione, anche a mezzo P.E.C., deve essere munito di procura alle liti ai sensi dell'art. 83 c.p.c., non che tale procura debba essere allegata all'atto da notificare: anche in questo caso (almeno con riguardo alle notificazioni di atti relativi a procedimenti già instaurati) la procura deve essere prodotta e sussistere agli atti del procedimento giudiziario sottostante e la sua regolarità va accertata nell'ambito di detto procedimento, secondo le regole processuali che lo disciplinano.
Di conseguenza, laddove sia stato emesso decreto ingiuntivo su istanza di una parte assistita da difensore che abbia allegato di essere munito di regolare procura, l'implicito accertamento della regolare costituzione della parte stessa che sta alla base dell'emissione del provvedimento monitorio va eventualmente contestato dall'ingiunto nelle forme previste dalla legge, cioè con la proposizione di tempestiva opposizione, in quanto il decreto ingiuntivo è idoneo alla formazione del giudicato anche sostanziale e, come tale, esso di per sé legittima il difensore (che è stato ritenuto regolarmente) costituito del ricorrente ad effettuarne la notificazione ai sensi dell'art. 643 c.p.c., ai fini del decorso del termine per l'opposizione.
L'ingiunto, con l'opposizione, potrà contestare la regolarità del decreto anche sotto il profilo processuale e, quindi, anche in relazione alla presenza ed alla regolarità della procura del difensore del ricorrente in sede monitoria, ma dovrà farlo notificando tempestiva opposizione al decreto, il cui termine decorre dalla notificazione dello stesso operata dal difensore (fatta salva la eventuale possibilità di una regolarizzazione della procura, quanto meno ai fini dell'accertamento del credito nel giudizio ordinario di cognizione conseguente all'opposizione, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., nella formulazione attualmente vigente, sussistendone i presupposti: l'opposizione, infatti, anche se il decreto è invalido, comunque dà ingresso all'ordinario giudizio a cognizione piena sul credito).
Sulla base di quanto sin qui esposto, deve concludersi che, nel caso di specie, in realtà non ha decisivo rilievo se la procura munita di regolare sottoscrizione della parte al difensore della società creditrice fosse o meno presente nel fascicolo del procedimento monitorio (la circostanza pare in qualche modo negata dalla controricorrente, ma è ripetutamente affermata dalla ricorrente, che in verità la documenta anche con la produzione della procura stessa, munita di attestazione di conformità alla copia informatica presente nel fascicolo telematico del procedimento monitorio, dal quale dichiara di averla estratta).
Essendo comunque stato emesso il decreto ingiuntivo, il difensore costituito nel procedimento monitorio per la società ricorrente era infatti, per ciò solo, certamente legittimato ed effettuarne la notificazione ai sensi dell'art. 643 c.p.c., anche a mezzo P.E.C., ai fini del decorso del termine perentorio per l'opposizione. Ed il preteso difetto di procura (così come il suo eventuale vizio) avrebbe eventualmente dovuto essere fatto valere della società ingiunta a mezzo di tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo notificato dal suddetto difensore, il che non è avvenuto.
6. La decisione impugnata, nella sua motivazione, non risulta conforme, in diritto, ai principi sin qui esposti.
La corte di appello (così come lo stesso tribunale, in primo grado) non ha operato un corretto inquadramento giuridico della fattispecie, sotto il profilo processuale e, di conseguenza, ha fondato la propria decisione su una motivazione che finisce per rivelarsi del tutto priva di coerenza logica e/o addirittura non comprensibile nel suo effettivo senso, oltre che certamente erronea in diritto.
I giudici di secondo grado sembrerebbero infatti essersi limitati a valutare la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo effettuata dal difensore della società ricorrente a mezzo P.E.C., sotto il profilo della completezza della procura difensiva allegata alla stessa, senza tener conto dell'avvenuta definizione del procedimento monitorio con l'emissione del decreto richiesto e, quindi, dell'implicita verifica della regolarità della costituzione del difensore della parte istante, né della necessità di una tempestiva opposizione per fare eventualmente valere la illegittima emissione del suddetto decreto, come se la notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo effettuata ai sensi dell'art. 643 c.p.c. richiedesse di per sé l'allegazione della procura alle liti sottoscritta dalla parte, ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione.
Ed è evidente che, ricostruita in questi termini, la decisione non sarebbe conforme a diritto, per quanto più sopra osservato.
Per altro verso, in realtà, a ben vedere, nella decisione impugnata non si rinviene neanche una chiara ed esplicita affermazione dell'indicato (ed erroneo) principio di diritto da ultimo esposto. La corte di appello si limita in effetti ad affermare che "la prima notifica", in quanto "priva di sottoscrizione della procura" sarebbe giuridicamente inesistente, ma non chiarisce in alcun modo le ragioni alla base di una siffatta affermazione e, in particolare, non chiarisce se abbia inteso riferire la mancanza di sottoscrizione alla procura allegata agli atti notificati dal difensore o a quella prodotta nel giudizio monitorio.
In altri termini, sulla base delle motivazione della sentenza impugnata, non è in realtà possibile comprendere con certezza se la corte abbia inteso affermare, in diritto, che la notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, ai sensi dell'art. 643 c.p.c., su richiesta del difensore della parte ricorrente (regolarmente munito di procura per il ricorso monitorio) sia giuridicamente inesistente qualora agli stessi non sia allegata anche la procura regolarmente sottoscritta dalla parte (come potrebbe apparire dalla scarna motivazione che si è più sopra riportata), ovvero se abbia ritenuto addirittura, in fatto, che il difensore della società opposta non fosse in origine munito di regolare procura alle liti valida ai fini del procedimento monitorio (come pare sostenere la controricorrente) e avesse eventualmente conseguito tale regolare procura solo al momento della seconda notificazione del decreto ingiuntivo (come dovrebbe ipotizzarsi, quanto meno per ragioni di coerenza logica, essendo stata ritenuta tale notificazione idonea a far decorrere il termine per l'opposizione).
Non essendo possibile comprendere con certezza l'effettivo fondamento logico e giuridico della decisione impugnata, devono, perciò solo, accogliersi le censure di carenza assoluta di motivazione avanzate dalla ricorrente.
Peraltro, la predetta decisione (in qualunque senso possa essere ricostruito il suo fondamento logico e giuridico) di certo non sarebbe conforme ai principi di diritto applicabili alla fattispecie, come già ampiamente esposto, risultando quindi altresì fondate le censure di violazione di legge di cui al ricorso.
La sentenza impugnata va quindi cassata, sulla base dell'affermazione dei seguenti principi di diritto: «ai sensi dell'art. 643 c.p.c., ai fini della decorrenza del termine per l'opposizione a decreto ingiuntivo vanno notificati il ricorso ed il decreto monitorio, ma non è necessaria altresì la notificazione della procura alle liti del difensore della parte creditrice, anche se la notificazione avvenga a mezzo P.E.C., ai sensi della legge 21 gennaio 1994 n. 53, da parte del difensore costituito nel procedimento monitorio; la eventuale insussistenza, agli atti del procedimento monitorio, di detta procura, così come l'eventuale vizio della stessa, vanno eventualmente fatti valere dall'ingiunto come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo, da proporsi comunque nel termine di legge decorrente dalla notificazione di esso, notificazione che può sempre essere effettuata, secondo tutte le modalità previste dall'ordinamento, dal difensore costituito nel procedimento monitorio, atteso che la pronuncia del decreto da parte del giudice del monitorio implicitamente esclude il vizio relativo al ministero di difensore e considerato che contro il decreto l'ordinamento prevede - fuori dei casi in cui ammette l'opposizione ai sensi dell'art. 650 c.p.c. - il solo rimedio dell'opposizione tempestiva».
7. Sulla base degli esposti principi di diritto, la causa può essere decisa nel merito senza necessità di ulteriori accertamenti di fatto.
La notificazione eseguita a mezzo P.E.C. dal difensore della T. C. S.r.l. costituito nel procedimento monitorio doveva infatti ritenersi senz'altro idonea a far decorrere il termine per l'opposizione al decreto ingiuntivo, onde l'opposizione stessa è da ritenersi tardiva.
Ne consegue che va dichiarata l'inammissibilità, per tardività, della predetta opposizione, con definitiva conferma del decreto ingiuntivo opposto (il che implica altresì che il processo di merito non potrà ulteriormente proseguire, a causa del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto).
8. Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Decidendo nel merito, l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla R.S. S.r.l. è dichiarata inammissibile.
Le spese dell'intero giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., in considerazione della novità della (peraltro peculiare) questione processuale affrontata.
P.Q.M.
La Corte:
- accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta da R.S. S.r.l.;
- dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.