
Nella sentenza in commento, la Cassazione annulla l'ordinanza impugnata precisando il discrimine tra sequestro e confisca: la funzione cautelare del primo, legittima la sua applicazione anche su beni che vengono ad esistenza successivamente al sequestro stesso.
Per la confisca, invece, è necessario individuare beni esistenti al momento della sua adozione.
Con la sentenza n. 36369 del 7 ottobre 2021, la Corte di Cassazione si pronuncia in merito alla confisca e al sequestro per equivalente finalizzato alla confisca di beni futuri.
A tal riguardo, la Corte distingue anzitutto i beni futuri solo perché non ancora percepiti, ma comunque individuabili, dai...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 3 marzo 2021 il tribunale di Lecco, a seguito di opposizione proposta nell'interesse di T. G. avverso l'ordinanza del 11 giugno 2020, con la quale il gip del medesimo tribunale aveva respinto la richiesta di restituzione di somme di denaro confiscate alla predetta T., a seguito di decreto penale di condanna divenuto esecutivo in data 9 luglio 2018, rigettava l'istanza.
2. Avverso la predetta ordinanza T. G., tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi di impugnazione.
3. Rappresenta, con il primo, il vizio di violazione di legge per inosservanza o erronea applicazione dell'art. 12 bis del Dlgs. 74/2000, avendo il tribunale ritenuto confiscabili per equivalente anche somme (ottenute a titolo di stipendio e pensione di invalidità e di risarcimento danni) entrate lecitamente nella disponibilità della ricorrente, dopo la data di irrevocabilità del provvedimento di confisca, risalente al 9 luglio 2018. La confisca in esame sarebbe illegittima siccome intervenuta su "beni futuri", che possono essere oggetto solo del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, la quale ultima, data la natura sanzionatoria, potrebbe riguardare solo beni che al momento della sua adozione siano già nella disponibilità dell'imputato. Si contesta, in proposito, che la confisca, come ritenuto invece nella ordinanza impugnata, possa determinare t'insorgere di una obbligazione in capo al soggetto attinto dalla stessa, così che possa essere chiamato a rispondere, con il proprio patrimonio, comprensivo anche di beni futuri, atteso che quale misura ablatoria la confisca per equivalente non sarebbe assimilabile ad una obbligazione di natura civilistica, avendo natura anche reale e colpendo quindi i beni nella disponibilità del reo in modo da ripristinare un equilibrio violato. Si contesta altresì, la ricostruzione in ordinanza della nozione di beni futuri.
4. Con il secondo motivo, deduce il vizio ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. Si osserva come sarebbe stato provato che la ricorrente ebbe l'esigenza di accendere un conto corrente nuovo in occasione dell'incasso del risarcimento conseguito alla morte della madre, peraltro successivo alla confisca, cosicchè la giacenza ivi rinvenuta doveva ritenersi, rispetto alla predetta misura, quale "bene futuro", quale residuo di un risarcimento non solo erogato dopo il 9 luglio 2018 ma anche scaturito da un fatto illecito posteriore a tate data. La decisione dei giudici al riguardo, di ritenere insufficienti le prove fornite, esprimerebbe un principio errato in diritto circa la nozione di "beni futuri", richiedente, in luogo della valutazione qualitativa della provenienza dei medesimi e della data di acquisto degli stessi, un più complesso raffronto qualitativo tra il valore attuate e quello storico del patrimonio del condannato.
Inoltre, sarebbe apodittica la tesi della insufficienza delle prove fornite, come anche l'affermazione detta necessità di dimostrare l'esistenza e consistenza di tutti i rapporti bancari della ricorrente, posto che la stessa aveva più volte affermato - non smentita dal P.M. - che atta data di irrevocabilità del decreto penale non aveva la disponibilità di rapporti bancari all'infuori di quelli riguardanti una "carta +ma". Dato temporale questo, confermato dalla GDF. Inoltre, con l'opposizione la ricorrente avrebbe osservato come il sequestro preventivo richiesto dal P.M. contestualmente atta istanza di emissione del decreto penale non aveva avuto esecuzione, verosimilmente perché la ricorrente non aveva nelle proprie disponibilità nient'altro di quanto proveniente dal lavoro e da una pensione di invalidità.
Di tali aspetti nulla è detto in ordinanza.
Né rileverebbe la considerazione dei tempi di trasmissione del decreto penale per l'esecuzione della confisca, posto che l'evento morte giustificativo dell'ottenuto risarcimento sarebbe comunque intervenuto dopo il 9 luglio 2018.
Si contesta anche la possibilità. ritenuta sussistente dal giudice, di ricorrere all'Abi per dare dimostrazione di tutti i rapporti bancari posseduti.
Come anche la pretesa utilità, ai fini in precedenza illustrati, sostenuta dal giudice per dimostrare l'esistenza di beni futuri, di visure presso i pubblici registri immobiliari e al PRA. Atteso che i correlati immobili, se esistenti, sarebbero stati già attinti con il sequestro preventivo del 20 settembre 2017.
Si rappresenta altresì, la mancata esplicazione, sempre ai fini indicati in ordinanza per ricostruire beni futuri, del potere officioso di iniziativa spettante al giudice dell'esecuzione ex art. 666 comma 5 cod. proc. pen.
5. Con il terzo motivo, rappresenta il vizio ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., non avendo il giudice esercitato di ufficio, a fronte detta impossibilità per la ricorrente, il potere di chiedere atte autorità competenti i documenti e informazioni di cui abbia bisogno né avendo in alternativa indicato, alta parte interessata, l'esigenza di un approfondimento probatorio, eventualmente assegnando un termine per provvedervi.
Motivi della decisione
1. Occorre precisare che secondo questa Suprema Corte (Sez.3, n. 4097 del 19/01/2016, dep. 01/02/2016, T. C., Rv. 265844, nonché Sez. 3, n. 23649 del 27/02/2013, dep. 31/05/2013, D., Rv. 256164) avendo il sequestro preventivo funzionale alta confisca per equivalente, a differenza del sequestro preventivo "impeditivo", natura sanzionatoria, non potrebbero essere sottoposti a tale vincolo i beni meramente futuri, non individuati e non individuabili.
Senonché, anche a volere prescindere dalla necessità di distinguere tra beni futuri solo perché non ancora percepiti ma fin d'ora individuabili (come possono essere ad esempio i canoni di locazione derivanti da un bene comunque già nella disponibilità dell'indagato) e beni futuri proprio in quanto non individuati e non individuabili, laddove solo nel secondo caso mancherebbe il presupposto di determinatezza dell'oggetto della misura. che imporrebbe di avere riguardo, secondo l'indirizzo appena ricordato, al principio di "non ultrattività" derivante dalla natura sanzionatoria della misura, l'assunto ricordato porta ad estendere al sequestro, i cui effetti sono inevitabilmente proiettati anche in una dimensione futura, essendo funzione dello stesso quello di impedire che i beni confiscabili non possano più essere reperiti, gli effetti restrittivi derivanti dalla natura sanzionatoria, che invece vanno pur sempre circoscritti unicamente alla confisca: si è in proposito precisato che il fatto di assoggettare a sequestro per equivalente un bene "futuro" per un fatto comunque commesso prima del provvedimento cautelare non significa disattendere il principio di legalità, tanto più ove si consideri che (per incontroverso indirizzo di questa Corte derivante dalla fisiologica apprensione di beni che non rappresentano il profitto del reato ma unicamente l'equivalente dello stesso) nessuna pertinenza tra bene e reato è, nel caso della confisca per equivalente, richiesta; né, per la stessa ragione sopra evidenziata, a diverse conclusioni può condurre l'argomento secondo cui, assoggettandosi a sequestro beni non ancora nella disponibilità dell'indagato ma che potrebbero un giorno ricadervi, si finirebbe per aggredire beni acquisiti del tutto lecitamente (in motivazione Sez. 3, n. 37454 del 25/05/2017 Rv. 271166 - 01).
Consegue che questo collegio condivide il perspicuo rilievo per cui se è certamente necessario che la confisca riguardi solo beni esistenti al momento della sua adozione, non così può accadere per il sequestro, che è misura cautelare diretta a consentire alla confisca di potere operare, e che può invece, proprio per tal ragione, riguardare anche beni che vengano ad esistenza successivamente al sequestro stesso e sino al momento di adozione della confisca.
Tanto premesso, motivi proposti devono essere esaminati congiuntamente, afferendo tutti al tema della sussistenza o meno di beni futuri oggetto della disposta confisca.
Essi appaiono fondati nei limiti di seguito illustrati.
Con particolare riferimento - stante invece l'irrilevanza della valorizzazione della fonte lecita del denaro come al contrario asserito dal ricorrente – alla critica alla ricostruzione della confisca per equivalente, operata dal tribunale, quale titolo fondante una obbligazione che vincola a rispondere con i beni presenti e futuri; elaborazione, questa, in chiaro contrasto con i principi sopra esposti in ordine ai limiti di operatività della confisca citata, coincidenti temporalmente con i beni sorti ed esistenti al momento dell'adozione del vincolo.
Nonché con riferimento alla critica difensiva in ordine alla rilevata insufficienza delle produzioni offerte dal ricorrente. Invero, in tema di esecuzione, come evidenziato da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 31031 del 20/05/2016 Rv. 267413 - 01; Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010 Rv. 248276 -01) non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, ma solo un onere di allegazione, un dovere cioè di prospettare e di indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, ancorchè illustrati fornendo indicazioni specifiche e non astratte sulla loro sussistenza, come tali funzionali ad attivare seriamente i poteri officiosi del giudice, incombendo poi all'autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti.
Tanto è stabilito espressamente dall'art. 666 co. 5 c.p.p. e vale, a maggior ragione, nella fattispecie sottoposta all'esame del Collegio, posto che la ricorrente ha fornito allegazioni sul suo stato di impossidenza, al momento della confisca, di quanto appreso, ed ha altresì suffragato probatoriamente il proprio assunto - ancorchè con produzione ritenuta insufficiente - con documentazioni. Cosicchè, a fronte di una concreta attivazione dell'interessato, neppure rileva nel caso di specie il pur rilevante principio per cui il giudice dell'esecuzione non è tenuto a sostituirsi alla parte inerte per acquisire documentazione o informazioni utili a suffragare l'istanza, operativo nei diversi casi in cui emerga l'iniziativa del tutto inconcludente e astratta dell'interessato, persino a fronte della concessione di un termine per l'espletamento di quanto ritenuto utile ai fini decisori (Sez. 3, n. 25832 del 29/05/2013 (dep. 12/06/2013 ) Rv. 256295- 01).
Ne consegue che, in ipotesi siffatte, l'esercizio di poteri istruttori da parte del G.E. si appalesa di maggiore pregnanza, e che l'eventuale rigetto motivato sul rilievo della insufficienza della prodotta documentazione, pur a fronte del ritenuto possibile reperimento della medesima, si appalesa in violazione di legge (art. 665 co. 5 c.p.p), in quanto non come argomento motivazionale deve porsi l'assunto illustrato, bensì come tema di accertamento istruttorio diretto del giudice e/o realizzato mediante indicazione, alla parte, di questioni probatorie con concessioni di termini.
2. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la ordinanza impugnata debba essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Lecco.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Lecco.