Accolto il ricorso della Casa di moda italiana contro una società cinese che aveva registrato due marchi simili: per la Cassazione, anche se non c'è il rischio di confusione, il marchio cinese compromette il potere attrattivo del brand italiano agli occhi del pubblico.
La Casa di moda Gucci propone ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello di rigettare la domanda di annullamento per «difetto di novità» della registrazione di due marchi da parte di una società cinese. I giudici di secondo grado ritenevano che, nonostante la «somiglia dei segni» e «dell'alta...
Svolgimento del processo
La Corte d'Appello di Firenze - sezione Brevetti e Marchi - con sentenza n. 1006/2016, depositata il 15.6.2016, ha rigettato l'appello proposto da L. S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 988/2D15 del 24.3.2015 che aveva rigettato la domanda proposta dalla Casa di moda fiorentina, finalizzata ad ottenere la declaratoria di nullità per difetto di novità, dei marchi di cui alle registrazioni nn. X , X nella titolarità del sig. L. Y. (per costituire questi contraffazione dei marchi nella titolarità della L. S.p.A.), oltre all'inibitoria della produzione/o commercializzazione e/o pubblicità e/o offerta in vendita dei prodotti recanti i marchi X.
La sentenza del Tribunale di Firenze aveva accolto la domanda di declaratoria di nullità della privativa limitatamente al marchio del sig. Y di cui alla registrazione n. X.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che, con riferimento ad entrambi i marchi nella titolarità dello Y (nn. X e X ), da una comparazione di tali segni, sulla base di una valutazione sintetica e d'insieme, con quelli di X , non poteva affermarsi sussistesse una somiglianza tale da ingenerare il rischio di confusione o da indurre in errore il consumatore "medio" dei prodotti, presentano i marchi della cittadino cinese differenziazioni (in particolare, il riempimento in neretto della gobba della "X" e la sottigliezza del carattere utillizzato nel marchio n- ·X ) idonee ad escludere nel consumatore ogni rischio di confusione ed associazione.
La Corte d'Appello di Firenze, infine, ha osservato che l'alta rinomanza del marchio X offre un ulteriore argomento a conferma dell'insussistenza del rischio di confusione ed associazione, essendo l'acquirente medio dei prodotti X un soggetto qualificato.
Avverso la predetta sentenza della Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione la X s. p.a. affidandolo a tre motivi.
L. Y. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 12.1 lett d) d.lgs n. n. 30/2005 (c.d. codice della proprietà industriale). Lamenta la società ricorrente che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il confronto tra marchi in conflitto deve essere eseguito "in astratto" , ovvero considerando il marchio anteriore come appare nel certificato di registrazione e prescindendo dall'accertamento relativo alla confondibilità dei prodotti e dalle concrete modalità d'uso. Inoltre, la valutazione di comparazione deve essere effettuata secondo il parametro del consumatore medio normalmente accorto ed informato, e non prendendo quindi in considerazione il consumatore specifico dei prodotti X.
La società ricorrente lamenta, inoltre, che la rinomanza del marchio X ne rafforza la capacità distintiva ed aumenta il rischio di confusione tra segni che è determinato non solo dal grado di somiglianza tra i segni, ma anche dall'associazione che può essere fatta tra i segni in conflitto.
Infine, il giudice di secondo grado non ha tenuto conto della natura "forte" dei marchi X i.
2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e l'omesso esame da parte della Corte d'Appello delle censure fondate sulla disciplina dei marchi di rinomanza dì cui all'art. 12 lett e) d.lgs n. 30/2005, e sulla conseguente tutela allargata dei medesimi, argomentazioni ampiamente sviluppate nell'atto di citazione di appello e nella comparsa conclusionale.
In particolare, rileva la ricorrente di aver evidenziato che il titolare del marchio rinomato è meritevole di tutela allorquando il terzo tragga dall'uso del segno contraffattorio un indebito vantaggio dalla rinomanza o dalla forza distintiva del primo marchio, sfruttandone così tutte le valenze evocative, ed acquisendo nel mercato uno spazio che, in assenza del marchio celebre, difficilmente avrebbe acquistato, ovvero quando l'uso di tale segno da parte del contraffattore cagioni un pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore.
Orbene, la Corte d'Appello aveva rigettato le domande di nullità facendo esclusivo riferimento all'allegata mancanza di confondibilità, elemento che è del tutto irrilevante ai fini dell'applicazione della disciplina dei marchi di rinomanza, ed omettendo l'esame delle censure svolte sotto il diverso profilo prospettato dalla ricorrente.
3. Con il terzo motivo è stata dedotta (parzialmente in alternativa rispetto spetto al secondo motivo) la violazione e/o falsa applicazione dell'art 12.1 lett c.p.i..
Evidenzia la ricorrenza che la disciplina dei marchi di rinomanza prescinde completamente dalla sussistenza di un rischio di ccrnfus1one, dovendosi prendere in considerazione il pregiudizio al carattere distintivo che deriva dall'uso del segno contraffattorio, che compromette il potere di attrazione del marchio oggetto di contraffazione, nonché l'indebito vantaggio che il contraffattore trae dalla rinomanza del marchio anteriore.
4. I tre motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stratta correlazione delle questioni trattate, sono fondati nei termini che saranno di seguito illustrati. Va osservato che dalla ricostruzione dei motivi d'appello, contenuta nella sentenza impugnata, emerge che la società ricorrente, oltre a dedurre la confondibilità con i propri marchi dei segni utilizzati dall'odierno intimato, aveva fatto valere anche nel precedente grado la tutela specifica rafforzata che l'art. 12 lett f) - e non e) come indicato dalla ricorrente - nonché l'art. 20 lett c) del d.lgs n 30/2005 accordano al marchio di rinomanza, nell'ambito della quale viene valorizzato l'indebito vantaggio che il contraffattore ha tratto dall'uso del marchio rinomato ed il pregiudizio arrecato al legittimo titolare del marchio cortraffatto.
La Corte d'Appello di Firenze, pur dando atto della somiglianza dei segni in conflitto, ha, invece incentrato tutta la propria analisi sul rischio di confusione tra i segni medesimi, osservando che l'elevata rinomanza del marchio X non solo non incida nella valutazione in ordine alla sussistenza del rischio confusorio, ma costituisce anzi un ulteriore argomento a sostegno della sua insussistenza, in quanto proprio la notorietà del marchio ed il suo essere impresso nella mente dei consumatori escludono la possibilità di errore, non potendosi ritenere che il potere di attrattiva del marchio anteriore rinomato possa essere compromesso da un segno successivo (del contraffattore) non idoneo ad ingannare la clientela cui si rivolge.
Non vi è dubbio che la Corte d'Appello, nell'analizzare, ai fini della valutazione di contraffazione, esclusivamente il criterio del rischio di confusione tra i segni in conflitto, abbia erroneamente omesso considerare che la tutela rafforzata che la legge italiana - in attuazione della direttiva CE 89/1-04 (vedi art. 5 n. 2) - riconosce ai marchi di rinomanza comporta (oltre all'estensione di detta tutela a settori merceolo0ici non affini) che, relativamente alla tipologia di marchi, si può del tutto prescindere dall'accertamento di 1:JA eventuale rischio di confusione tra segni (sul punto, vedi Cass. n. 26000/2018).
Anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (vedi sentenza 13/6/2009, L. e a., nella causa C-487/07, punto 36) ha osservato che, ai fini della configurabilità della fattispecie prevista dall'art. 5, n. 2, della direttiva 89/104 - di cui gli artt. 12 lett f) e 20.1 lett c) d.lgs n. 30/2005, oggetto della presente trattazione, costituiscono attuazione - se, da un lato, occorre un certo grado di
somiglianza tra il marchio e il segno, a causa del quale il pubblico interessato mette in relazione il segno posteriore e il marchio notorio, dall'altro, non è richiesto che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno utilizzato dal terzo sia tale d ingenerare, nel pubblico interessato, un rischio di confusione. È, infatti, sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno abbia come effetto che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno e il marchio (v. anche sentenze A. e B. ottobre 2003 , causa C- 408/2001, punti 29 e 31, 41).
Esaminando in particolare, la legislazione italiana, deve osservarsi che l'art. 12 le t f) d.lgs n. 30/25, per escludere la novità del segno posteriore, così come l'art. 20 lett c) per attribuire al titolare di marchio registrato che gode di rinomanza il diritto di vietare ai terzi l'uso della privativa, non richiedono – come per i marchi non rinomati - la sussistenza del requisito del rischio di confusione per il pubblico a causa dell'identità o della somiglianza tra i segni, essendo sufficiente, ai fini del diniego di registrazione o per accordare la tutela, che il contraffattore possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore ovvero che l'uso del segno senza giustificato motivo da parte del contraffattore possa recare pregiudizio al marchio di rinomanza.
In particolare, il pregiudizio arrecato al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà, indicato anche con il termine di «diluizione», si manifesta quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, per il fatto che l'uso del segno identico o simile fa disperdere l'identità del marchio e della corrispondente presa nella mente. del pubblico.
di suscitare un'associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato.
Il pregiudizio arrecato alla notorietà, designato anche con il termine di «corrosione>>, si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso (v. sentenza l'Oréal punti 39 e 40; Cass. n. 26000/2018).
Non vi è dubbio, infatti, che una estesa commercializzazione di prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali articoli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è orientata all'acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l'elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche altrettanto rinomate.
La nozione di «vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio», detto anche «parassitismo», va, invece ricollegato non al pregiudizio subìto dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall'uso del segno identico o simile al marchio. Essa comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell'immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà (sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 41) senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l'immagine (v. sempre sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 49).
Il titolare del segno posteriore, in sostanza, ponendosi nel solco del marchio notorio, beneficia del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, senza dover sborsare alcun corrispettivo economico.
Dunque, è del tutto irrilevante che coloro i quali sono soliti acquistare, prodotti X possano non essere indotti in errore in ordine alla provenienza del prodotto consumatori che lo scelgono in modo consapevole-non per le sue caratteristiche, decorative o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somiglianza a quello "celebre", magari per "spacciarlo" come quello originale ai conoscenti meno attenti o meno qualificati nel riconoscere i marchi rinomati.
Esaminati i requisiti previsti dalla normativa sia comunitaria che italiana per accordare la tutela al marchio dotato dl rinomanza, secondo la giurisprudenza comunitaria sopra citata (vedi sempre- sentenza L.), al fine di accertare se l'uso del segno tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l'intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati. In particolare, quanto all'intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, è stato evidenziato che più il carattere distintivo e la notorietà del marchio di cui si tratta sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l'esistenza di una violazione; inoltre, più l'evocazione del marchio ad opera del segno successivo è immediata e forte, più aumenta il rischio che l'uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o rechi loro pregiudizio (v., in ta1 senso, anche sentenza 27 novembre 2008, causa C 252/07, I., punti 67-69).
Nel caso esaminato dalla sentenza impugnata, la Corte d'Appello, che pure ha espressamente riconosciuto la somiglianza dei segni in conflitto nonché l'alta rinomanza del marchio X nel soffermare le propria valutazione esclusivamente sul rischio confusorio tra segni e sulla ritenuta insussistente induzione in errore del consumatore avvezzo all'acquisto di prodotti X , ha, come già evidenziato, omesso di considerare i profili giuridicamente rilevanti ai fini dell'accertamento della nullità della nuova registrazione e della contraffazione, nonostante, peraltro, che fosse stata anche sollecitata in tal senso nei motivi d'appello.
La sentenza Impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla corte d'Appello del giudizio di legittimità. Spetterà, infatti, al -giudice di merito accertare se l'utilizzo del marchio posteriore costituisca o meno, alla luce dei parametri sopra illustrati, un uso privo di giusta causa che consenta di trarre indebitamente profitto dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio X ovvero arrechi pregiudizio alle caratteristiche di tale marchio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.