Essendo la statuizione di condanna meramente dipendente dall'effetto costitutivo, è consentita l'anticipazione provvisoria ai fini esecutivi degli effetti da essa discendenti senza attendere il passaggio in giudicato della decisione.
La curatela della società fallita impugna la pronuncia emessa dalla Corte d'Appello di Roma con la quale era stato affermato che non è possibile anticipare gli effetti esecutivi della sentenza che dispone il rilascio dei beni prima che passi in giudicato la pronuncia che ha deliberato la nullità dell'atto che trasferisce le proprietà oggetto di contesa.
La...
Svolgimento del processo
La Curatela del Fallimento E. s.r.l. ha depositato ricorso per cassazione articolato in due motivi, il 13 aprile 2018, per la cassazione della sentenza n. 666 del 2018 pubblicata dalla Corte d'appello di Roma il 1° febbraio 2018 e non notificata, nei confronti di C. s.r.l. in liquidazione.
2. Questa la vicenda processuale a monte, per quanto ancora qui interessa:
- il Tribunale di Latina (con sent. n. 1125/2006) dichiarava nullo l'atto di vendita immobiliare intercorso il 13 ottobre 1994 fra E. s.r.l. ed I. G. s.r.l., avente riguardo alcune proprietà immobiliari che da E. erano state trasferite alla seconda società;
- lo stesso tribunale, con sentenza successiva (n. 902/2008), dichiarava nullo anche l'atto con cui l'acquirente, I. G., trasferiva gli stessi immobili oggetto della prima compravendita alla C. s.r.l., in conseguenza della invalidità dell'atto pregresso, condannando le due società al rilascio dei beni in favore dell'originaria venditrice E.;
- C. ed I. G. impugnavano dette sentenze, chiedendo anche di sospenderne la provvisoria esecutorietà ma l'inibitoria veniva respinta;
- la Curatela del Fallimento E. procedeva all'esecuzione per rilascio;
- la C. proponeva opposizione all'esecuzione, chiedendo anche l'attribuzione in suo favore dei canoni di locazione del terreno, che venivano nel frattempo percepiti dalla curatela fallimentare benchè la sentenza a monte non fosse ancora definitiva.
3. L'opposizione a rilascio veniva rigettata in primo grado. Il tribunale riteneva la sentenza esecutiva in relazione al capo di condanna relativo al rilascio dei beni, e respingeva la domanda di C. avente ad oggetto l'accertamento del diritto alla riscossione dei canoni di locazione stante la nullità del suo acquisto.
4. La Corte d'appello di Roma, con la sentenza n. 666 del 2018 qui impugnata, accoglieva invece il gravame della C. s.r.l.: segnatamente affermava che non si possono anticipare gli effetti esecutivi della sentenza che dispone il rilascio dei beni prima che passi in giudicato la pronuncia che ha deliberato la nullità dell'atto traslativo delle proprietà oggetto di contesa. Invero, secondo la Corte romana, non si possono anticipare gli effetti che discendono da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive nei casi in cui la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico, sulla base dell'art. 283 c.p.c., che prevede la possibilità di sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado in relazione alle sole sentenze di condanna, e dall'art. 2909 c. c., che fissa il principio del giudicato. Dunque, per la sentenza di appello, dal momento che la pronuncia di restituzione degli immobili in esame è strettamente legata, da un vincolo sinallagmatico, alla dichiarazione di nullità dell'atto di compravendita degli stessi beni, la prima non può avere esecuzione prima del passaggio in giudicato della seconda, essendo la retrocessione degli immobili al Fallimento subordinata al passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullità della compravendita. Aggiungono i Giudici romani che, giacché una parte delle proprietà in causa è stata locata dalla C. s.r.l. alla E., la conduttrice E. deve continuare a versare nel frattempo i canoni di locazione alla C. e non al Fallimento E., al quale saranno eventualmente riversati al passaggio in giudicato della sentenza n. 1125 del 2006.
4. Il Fallimento E. ha formulato due motivi di ricorso.
5. La C. s.r.l. in data 21 maggio 2018 ha notificato controricorso.
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
7. La causa, non avendo nessuna delle parti presentato istanza di discussione orale, è stata trattata in udienza pubblica con trattazione scritta, come previsto dall'art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020.
8. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede l'accoglimento per quanto di ragione del primo motivo di ricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 282 c.p.c.
La questione che pone il ricorso è se la sentenza che dichiara la nullità di un contratto traslativo della proprietà di un immobile non ancora passata in giudicato sia immediatamente esecutiva quanto alle statuizioni di rilascio del medesimo immobile in favore dell'originario proprietario-venditore in essa contenute (ed alle statuizioni di corresponsione allo stesso, e non all'acquirente, dei canoni di locazione dell'immobile, se locato).
Il ricorrente ricostruisce l'evoluzione giurisprudenziale sul punto, segnalando che:
- in una prima fase si ammetteva l'esecutività delle pronunce condannatorie accessorie e consequenziali, compresa quella relativa alle spese di lite, solo a seguito del passaggio in giudicato della pronuncia principale;
- successivamente si è affermato che anche i capi delle sentenze di natura
dichiarativa e costitutiva hanno efficacia immediata e che non serve distinguere fra sentenze di condanna pure e pronunce consequenziali perché tutte le condanne presuppongono un accertamento: un netto revirement che trova la sua più chiara espressione in Cass. n. 18512/2007:" Nel caso di pronuncia della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., le statuizioni di condanna consequenziali, dispositive dell'adempimento delle prestazioni a carico delle parti fra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell'art. 282 cod. proc. civ., di modo che, qualora l'azione ai sensi dell'art. 2932 c. c. sia stata proposta dal promittente venditore, la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerare immediatamente esecutiva".;
- parallelamente si sviluppava un diverso orientamento, definito di sintesi dal ricorrente, con le quali si è affermato che, pur non consentendo l'art. 282 c.p.c. di ritenere che l'efficacia delle sentenza di primo grado aventi natura di accertamento e/o costitutiva sia anticipata rispetto alla formazione della cosa giudicata, alcune di esse possono vedere anticipata la loro efficacia rispetto a quel momento qualora ad esse acceda una statuizione condannatoria (Cass. civ. III 21367/2004 e Cass. civ. III 1619/2005);
- sono quindi intervenute sul tema le Sezioni unite, a risoluzione di una questione di massima di particolare importanza, con la sentenza n. 4059/2010, che afferma che sono immediatamente esecutive soltanto le statuizioni condannatorie meramente dipendenti da una pronuncia costitutiva principale, e non anche quelle legate alla sentenza costitutiva da un vincolo sinallagmatico, non potendo queste essere esecutive prima del passaggio in giudicato della sentenza costitutiva stessa. In particolare, la predetta sentenza a sezioni unite ha affermato che "Nell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, l'esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento successivo, e non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale. Essa, pertanto, non può essere riconosciuta al capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado, né alla condanna implicita al rilascio dell'immobile in danno del promittente venditore, poiché l'effetto traslativo della proprietà del bene scaturente dalla stessa sentenza si produce solo dal momento del passaggio in giudicato, con la contemporanea acquisizione dell'immobile al patrimonio del promissario acquirente destinatario della pronuncia. (Nella specie, le Sezioni unite hanno confermato - con riferimento ad un giudizio di sfratto per morosità - la sentenza impugnata con la quale era stata esclusa la provvisoria esecutività della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, nel caso di domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene proposta dal promissario acquirente)".
Previa la suddetta ricostruzione del quadro giurisprudenziale, il ricorrente sostiene che, alla luce della sentenza n. 4059/2010 delle Sezioni Unite, nonché degli altri due orientamenti da ultimo enunciati, la sentenza d'appello impugnata avrebbe dovuto concludere che il capo con cui il Tribunale di Latina ha condannato la C. s.r.l. alla restituzione delle proprietà alla E. ben poteva produrre i propri effetti prima del passaggio in giudicato della pronuncia 'principale' non essendo legato ad essa da un rapporto di stretta sinallagmaticità ma essendo le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dall'effetto costitutivo stesso.
Il motivo è fondato e va accolto, in continuità con quanto affermato dapprima da Cass. SU n. 4059/2010, quindi da Cass. n 2537 del 2019. La predetta sentenza ricostruisce e ulteriormente specifica il principio di diritto espresso da Cass. n.4059/2010 SU, precisando che, nell'ambito delle ipotesi in cui non sia compatibile l'immediata esecutività delle statuizioni condannatorie contenute in una pronuncia costitutiva con la produzione dell'effetto costitutivo solo al momento delle definitività del provvedimento, accanto ai rapporti legati da sinallagmaticità, si collochino i casi in cui la prestazione principale, oggetto della pronuncia costitutiva, sia legata da un nesso di corrispettività alle statuizioni di condanna contenute nella stessa sentenza, per non alterare ingiustificatamente la posizione dei contendenti: afferma che possono essere provvisoriamente esecutivi tutti quei capi della pronuncia costitutiva la cui immediata esecutività non sia tale da alterare il principio di parità delle armi, ovvero che non siano legati alla statuizione principale da un nesso di corrispettività. Ne consegue che il principio secondo cui non sono provvisoriamente esecutivi i capi di condanna avvinti da un particolare nesso con quelli costitutivi può essere esteso anche al di fuori dello stretto ambito della sinallagmaticita perché si attaglia anche al più ampio genus della corrispettività, sulla base dell'esigenza di non alterare il rapporto tra le parti e di salvaguardarne la condizione di parità sino alla definitività del nuovo assetto di interessi definito dalla pronuncia ( esigenza che si fonda sui principi del giusto processo e 24 Cost.)
Facendo applicazione del suddetto principio di diritto, la sentenza n. 2537 del 2019 ha affermato che, per i giudizi di divisione, la statuizione sul conguaglio è provvisoriamente esecutiva se, quand'anche non sia ancora passata in giudicato la pronuncia di divisione, l'assetto di interessi derivante dalla divisione non è più suscettibile di essere rivisto, essendo altrimenti il conguaglio corrispettivo di un certo assetto di interessi: "In tema di scioglimento della comunione mediante assegnazione ex art. 720 c. c. con determinazione di (o condanna al) conguaglio a carico dell'assegnatario, quest'ultimo capo di sentenza non è suscettibile di esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. e, quindi, di essere azionato come titolo esecutivo prima del passaggio in giudicato della statuizione sull'assegnazione, che ha natura costitutiva, in quanto ad essa legato da nesso di corrispettività ancorché non di stretta sinallagmaticità."
Da ultimo, Cass. n. 12872 del 2021 ha ribadito a quali condizioni il capo condannatorio contenuto in una sentenza costitutiva o dichiarativa possa essere messo provvisoriamente in esecuzione, ai sensi dell'art. 282 c.p.c.., segnalando che al riguardo questa Corte ha stabilito tre regole ben chiare: la prima regola è che l'art. 282 c.p.c., là dove stabilisce che "la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti", in realtà plus dixit quam volut.
Tale regola, infatti, non s'applica indistintamente a tutte le "sentenze di primo grado", ma solo a quelle che hanno un contenuto condannatorio. Non s'applica, invece, alle sentenze dichiarative o costitutive (ex permultis, Sez. 3 -, Ordinanza n. 28508 del 08/11/2018, Rv. 651634 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 1211 del 18/01/2018, Rv. 647352 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 25743 del 15/11/2013, Rv. 629082 - 01).
La seconda regola è che quando nella medesima sentenza siano compresenti una statuizione dichiarativa o costitutiva, ed una statuizione di condanna, l'immediata esecutività di quest'ultima dipenderà dal tipo di rapporto che la lega alla statuizione dichiarativa o costitutiva.
A tal riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha distinto quattro possibili tipi di rapporti tra la statuizione di condanna e le altre:
a) rapporto di sinallagmaticità;
b) rapporto di corrispettività;
e) rapporto di dipendenza;
d) rapporto di accessorietà.
Nelle prime due ipotesi il capo condannatorio non è immediatamente esecutivo, nelle altre due sì.
Il rapporto di sinallagmaticità sussiste quando il capo condannatorio costituisca un elemento costitutivo delle altre statuizioni, sicché mancando l'esecuzione di quello, non sarebbero applicabili questi. E' il caso, in particolare, della condanna al pagamento del prezzo pronunciata a carico del promissario acquirente e contenuta in una sentenza di condanna all'esecuzione specifica dell'obbligo di contrattare, ex art. 2932 c. c. (Sez. U, Sentenza n. 4059 del 22/02/2010, Rv. 611643 - 01).
Il rapporto di corrispettività sussiste quando il capo condannatorio, se messo provvisoriamente in esecuzione separatamente dalle altre statuizioni contenute nella sentenza, costringerebbe una delle parti a patire gli effetti sfavorevoli della decisione, senza goderne i benefici pur da essa scaturenti.
È il caso, in particolare, della condanna al pagamento di un conguaglio in denaro pronunciata a carico di uno dei condividenti e contenuta nella sentenza dichiarativa dello scioglimento della comunione (Sez. 3 - , Sentenza n. 2537 del 30/01/2019, Rv. 652662 - 01).
Il rapporto di dipendenza sussiste quando il capo condannatorio è la conseguenza necessaria del capo dichiarativo o costitutivo. E' stato ritenuto sussistente, ad esempio, tra la pronuncia di accoglimento dell'azione revocatoria di una vendita immobiliare, e la pronuncia di condanna al rilascio dell'immobile richiesta dall'assuntore del concordato succeduto al curatore fallimentare che aveva proposto l'azione revocatoria (Sez. 3 - , Ordinanza n. 28508 del 08/11/2018), come pure tra l'accoglimento d'una azione revocatoria fallimentare ex art. 67, comma secondo, I. fall., e la condanna d'una banca alla restituzione del pagamento dichiarato inefficace (Sez. 1, Sentenza n. 16737 del 29/07/2011).
Il rapporto di accessorietà, infine, sussiste quando il capo condannatoria non incide in alcun modo sul presupposto sul contenuto del capo dichiarativo o costitutivo. È il caso, in particolare, della condanna alle spese (Sez. 3, Sentenza n. 21367 del 10/11/2004).
Ponendosi nel solco delineato da Cass. S.U. n.4059 del 2010, ed approfondito dalle successive pronunce citate, calata la questione astrattamente posta all'esame della Corte in relazione alla fattispecie concreta, deve escludersi che la statuizione di rilascio dell'immobile in favore dell'originario venditore, nel caso in cui sia dichiarata la nullità della vendita, sia legata alla statuizione di nullità dell'atto traslativo a monte da un nesso di sinallagmaticità o di corrispettività, nel qual caso non potrebbe ammettersi una immediata esecutività di essa, essendo solo dipendente dalla statuizione di nullità. Se ne può quindi ammettere una esecutività immediata, prima del passaggio in giudicato.
Non si può consentire una diversificazione dell'efficacia esecutiva qualora essa si traduca nella costrizione, a carico di una delle parti, a patire anzitempo - cioè in forza dell'esecutività provvisoria e quindi rispetto alla definitività della sentenza - gli effetti a sé sfavorevoli della pronuncia, senza potere beneficiare di quelli favorevoli che dei primi costituiscono - anche solo nella sostanza - un corrispettivo, in quanto funzionalizzati a compensarli, se non proprio a costituire la controprestazione in senso tecnico.
Nel caso di specie, l'esecuzione provvisoria della statuizione con cui la parte soccombente è condannata a rilasciare il bene all'originario venditore non altera il rapporto tra le parti perchè è funzionale ad adeguare1 la realtà fattuale alla realtà giuridica, non costituisce un nuovo rapporto né altera l'assetto degli interessi, è solo dipendente dalla pronuncia principale: essendo venuto meno il titolo che ha trasferito la proprietà del bene, l'obbligo di restituire l'immobile al soggetto che, in ragione della nullità del contratto traslativo, non ne ha mai perso la proprietà, è immediatamente operativo (v. Cass. n. 28508 del 2018, a proposito della immediata esecutività della statuizione restitutoria inserita nella pronuncia di accoglimento di una azione revocatoria fallimentare in quanto meramente dipendente dall'effetto costitutivo prodotto dall'accoglimento dell'azione revocatoria).
Non vale a diversa conclusione il fatto che l'eventuale statuizione principale, travolgendo anche i capi di condanna, potrebbe portare all'esercizio di azioni recuperatorie.
Gli effetti restitutori conseguenti alla sentenza di condanna sono immediatamente esecutivi perché sono da essa meramente dipendenti, mentre rimangono esclusi dalla provvisoria esecutività esclusi quelle statuizioni che comportano una modifica dei rapporti determinando un nuovo assetto di interessi che è consequenziale alla definitività della statuizione costitutiva e non può prodursi prima della stabilità di questa.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 615 c.p.c. per aver la Corte d'appello accertato il diritto di C. s.r.l. di riscuotere, sino al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Latina n. 1284/2012, i canoni di locazione dovuti a questa da E. sulla base di un atto che è stato comunque dichiarato nullo da quest'ultima pronuncia, con una statuizione frutto di ultrapetizione (richiama Cass. n. 1273 del 2003 "quando il giudice decide oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti...") perché non vi sarebbe stata domanda sul punto in sede di merito.
Il secondo motivo è assorbito dall'accoglimento del precedente, perché l'accoglimento del motivo di ricorso sulla provvisoria esecutorietà del capo della sentenza che dispone la restituzione dell'immobile al suo originario proprietario inevitabilmente produce la necessità di riesaminare, da pare del giudice di rinvio, la questione della individuazione del destinatario dei canoni di locazione nel momento in cui sia stata pronunciata la nullità della sentenza traslativa dell'immobile e sia stata disposta la restituzione dell'immobile al suo originario proprietario: essendo stato l'immobile oggetto della vendita dichiarata nulla locato a terzi dall'acquirente, l'obbligo del conduttore di pagare i canoni rimane intatto, dovendo essere nuovamente individuato il legittimo destinatario del pagamento.
Conclusivamente, il primo motivo di ricorso è accolto, il secondo rimane assorbito.
La sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: "L'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive, non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, nei casi in cui la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico (come nel caso di condanna al pagamento del prezzo della compravendita nella sentenza costitutiva del contratto definitivo non concluso) e nei casi in cui essa sia legata da un nesso di corrispettività rispetto alla statuizione costitutiva, potendo la sua immediata esecutività andare ad alterare la parità dei contendenti; è invece consentita quando la statuizione condannatoria è meramente dipendente dall'effetto costitutivo, essendo detta anticipazione compatibile con la produzione dell'effetto costitutivo nel momento temporale successivo del passaggio in giudicato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che non aveva ritenuto valido titolo per l'esecuzione provvisoria del "dictum" giudiziale la condanna alla restituzione di un immobile pronunciata contestualmente alla declaratoria di nullità del relativo contratto traslativo)".
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo.
Cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.