Con l'ordinanza in oggetto, la Cassazione ribadisce il principio in base al quale è inammissibile il trasferimento di ricchezza privo di una causa che legittimi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio all'altro.
Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda proposta dall'odierna ricorrente volta alla condanna della società convenuta alla restituzione della somma di 200mila euro versata a titolo di mutuo.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello riformava la decisione; dunque la questione viene sottoposta all'attenzione della Corte di Cassazione.
Tra...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 14976/2014 accoglieva la domanda proposta da C. D. nei confronti di C. S.p.A., condannando la convenuta alla restituzione della somma di € 200.000,00, asseritamente versata a titolo di mutuo.
A seguito di appello proposto dalla convenuta, e nella resistenza dell'attrice, la Corte d'Appello di Milano con la sentenza n. 2606 del 26 giugno 2016 accoglieva il gravame, rigettando integralmente la domanda attorea.
In motivazione ricordava che la G. Limited di Londra, società riconducibile alla persona di P. A., aveva in precedenza commissionato alla convenuta la costruzione di uno yacht, per la cui realizzazione era stata contattata anche l'attrice, quale consulente in materia di design.
Poiché si era verificata una stasi nei lavori, la C. aveva quindi versato la somma di cui era stata chiesta la restituzione, somma che la convenuta negava fosse stata ricevuta a titolo di mutuo.
Secondo il Tribunale era provato tale rapporto in quanto la causale indicata nel bonifico di versamento della somma recava l'indicazione "prestito", senza che vi fosse stata contestazione da parte della convenuta, non potendosi attribuire alcuna rilevanza alla ricevuta spedita dal cantiere navale alla società committente, in quanto si trattava di documento non noto all'attrice.
La Corte d'Appello, dopo avere richiamato la giurisprudenza in tema di onere della prova nelle azioni volte alla restituzione di somme versate a titolo di mutuo, onere che incombe sul mutuante, reputava che lo stesso non fosse stato soddisfatto.
L'indicazione della causale nell'ordine di bonifico impartito alla banca era un mero elemento indiziario che non supportava la piena dimostrazione del contratto di mutuo, e ciò in ragione del fatto che la C. aveva un rapporto professionale con gli acquirenti dell'imbarcazione, che poteva giustificare la diversa tesi secondo cui la somma fosse stata versata per conto degli stessi acquirenti.
Inoltre, mancava la prova della circostanza che l'appellata fosse stata convinta a concedere il mutuo nell'importo oggetto della domanda introduttiva del giudizio.
La diversa ricostruzione della convenuta, secondo cui si trattava di un'integrazione della caparra confirmatoria, aveva poi il conforto, non solo della ricevuta fiscale inviata dalla C. S.p.A. alla società committente, nella quale si specificava di avere ricevuto la detta somma in nome e per conto della stessa committente, ma anche nella corrispondenza intercorsa con la G. Limited, che confortava la diversa giustificazione della ricezione della somma appunto quale integrazione della caparra.
Quanto poi alla rilevanza delle prove testimoniali assunte in primo grado, ed in particolare delle deposizioni dei testi S. M. ed A. P., la Corte d'appello, osservava che sebbene non si prospettasse per gli stessi un problema di incapacità a testimoniare, la loro attendibilità era fortemente inficiata.
Il S. era, infatti, all'epoca il compagno dell'attrice, e mostrava quindi un interesse personale, per il rapporto che lo legava all'attrice, al riconoscimento dell'esistenza del mutuo.
Quanto invece al teste A., poiché la società committente era allo stesso sostanzialmente riferibile, essendo stata la medesima costituita proprio al fine di favorire l'intestazione formale dell'imbarcazione, l'interesse a vedere riconosciuto il mutuo scaturiva dal fatto che, accedendo alla tesi della convenuta, le richieste della C. avrebbero dovuto essere indirizzate alla società, per conto della quale e nel cui interesse aveva effettuato il versamento.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso C. D. sulla base di sei motivi, illustrati da memorie.
L'intimata resiste con controricorso a sua volta illustrato da memorie.
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia l'omessa applicazione dell'art. 1813 c. c., con la violazione degli artt. 1193, 1326, 1327 e 2697 c. c.
Assume la ricorrente che nell'ordine di bonifico era riportata come causale del versamento la dizione "prestito".
Il mutuo è un contratto reale che si perfeziona con la consegna della res mutuata.
Pur ritenendo che l'onere della prova della causa della tradito incomba sul mutuante che chieda la restituzione delle cose prestate, tale prova è stata offerta dall'ordine di bonifico, che vale anche come imputazione di pagamento.
Inoltre, il cantiere ha accettato la somma bonificata senza sollevare contestazioni, non potendo poi addurre una successiva diversa imputazione.
Il secondo motivo denuncia l'omessa applicazione dell'art. 115 c.p.c. in relazione agli artt. 1813, 1326, 1327 e 2697 c. c.
Il Giudice di primo grado aveva affermato che la convenuta non aveva negato di avere avuto evidenza della causale del bonifico e che nulla aveva contestato sul punto.
Tale circostanza era quindi un fatto non contestato, del quale il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto ai fini della decisione.
Solo in appello, e quindi tardivamente, tale circostanza è stata contestata, assumendosi che l'ordine di bonifico non era indirizzato all'appellante e che non vi fosse prova che aveva ricevuto tale documento.
I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati.
E' pur vero che secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, al quale mostra sostanzialmente di aderire la stessa ricorrente, l'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è, ai sensi dell'art. 2697, primo comma, cod. civ., tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione; l'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro, essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l'inversione dell'onere della prova. La datio di una somma di danaro non vale, dunque, di per sé, a fondare la richiesta di restituzione, allorquando, ammessane la ricezione, l'accipiens non confermi il titolo posto ex adverso alla base della pretesa di restituzione ed, anzi, ne contesti la legittimità, atteso che, potendo una somma di danaro essere consegnata per varie cause, la contestazione, ad opera dell'accipiens, della sussistenza di un'obbligazione restitutoria impone all'attore in restituzione di dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, onere questo che si estende alla prova di un titolo giuridico implicante l'obbligo della restituzione, mentre la deduzione di un diverso titolo, ad opera del convenuto, non configurandosi come eccezione in senso sostanziale, non vale ad invertire l'onere della prova. Ne consegue che l'attore che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non solo l'avvenuta consegna della somma ma anche il titolo da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione (cfr. Cass., sez. 2, ordinanza n. 30944 del 29/11/2018; Cass., sez. 3, sentenza n. 9541 del 22/04/2010; Cass., sez. 6-1, ordinanza del 20/08/2020 n. 17410).
Tuttavia, è stato altresì precisato che la parte che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuta a provare, oltre alla consegna, anche il titolo dal quale derivi l'obbligo di controparte alla restituzione, purchè l'attore fondi la domanda su un particolare contratto, senza formulare neppure in subordine una domanda volta a porre in questione il diritto della controparte di trattenere la somma ricevuta, ferma restando, la necessità che il rigetto della domanda di restituzione sia argomentato con cautela, tenendo conto della natura del rapporto e delle circostanze del caso, idonee a giustificare che una parte trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto dall'altra. (Cass. n. 17050/2014).
E' stato, infatti evidenziato che il nostro ordinamento annovera fra i suoi principi basilari e tralatizi quello dell'inammissibilità di trasferimenti di ricchezza ingiustificati, cioè privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio ad un altro. Allorché si rigetta la domanda di restituzione dell'asserito mutuante, per mancanza di prova della pattuizione del relativo obbligo, si pone in modo evidente e ineludibile il problema della sussistenza di una causa che giustifichi il diritto del denegato mutuatario di trattenere le somme ricevute, qualora questi non deduca alcuna causa idonea a giustificare il suo diritto, di trattenere la somma ricevuta, con la conseguenza che, qualora la parte deduca in giudizio e dimostri l'avvenuto pagamento di una somma di denaro - ancorché sulla base di un titolo specifico, che è suo onere dimostrare - il convenuto è tenuto quanto meno ad allegare il titolo in forza del quale si ritiene a sua volta legittimato a trattenere la somma ricevuta. In mancanza di ogni allegazione in tal senso, il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione proposta dal solvens va argomentato con una certa cautela e tenendo conto di tutte le circostanze del caso, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze del caso giustifichino che l'una delle parti trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri.
Nella fattispecie, manca la dimostrazione di una diversa e plausibile giustificazione causale del versamento, se non quella addotta dalla convenuta che la somma sarebbe stata versata per conto della committente, che però, appare fondata, sul piano probatorio su di una unilaterale affermazione contenuta in documenti di data successiva alla ricezione della somma, in presenza di una causale nel bonifico invece di estremo dettaglio.
Inoltre, la diversa giustificazione causale addotta dalla sentenza impugnata, e cioè della dazione della somma a titolo di integrazione della caparra, non trova un preciso riscontro nelle previsioni contrattuali, dalle quali non emerge, a quanto risulta dalla narrazione dei giudice di appello, che fosse stata prevista non già la possibilità del versamento del corrispettivo, eventualmente a titolo di SAL, ma una integrazione della caparra, la cui dazione di norma si colloca contestualmente alla conclusione del contratto.
A fronte di una espressa imputazione del versamento da parte dell'attrice, come documentata dalla causale del bonifico, ritiene la Corte che il giudizio in ordine alla carenza di prova dell’esistenza del rapporto di mutuo invocato dalla ricorrente non si sia attenuta al criterio di particolare cautela suggerita dalla giurisprudenza di legittimità, e ciò in presenza di una allegazione difensiva della controparte che a sua volta si fonda unicamente su documenti unilateralmente predisposti ed in epoca successiva alla dazione della somma, e senza che emerga un'altra e plausibile diversa ragione per il versamento. In accoglimento dei motivi in esame, la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 132 c.p.c., in quanto la sentenza sarebbe affetta da nullità per difetto della motivazione, stante un'assoluta mancanza dei motivi ed una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.
Si contesta la valutazione di inattendibilità dei testi S. e A., senza che sia stato indicato il reale motivo di tale conclusione, facendo riferimento al solo rapporto personale che legava il primo alla ricorrente.
Si contesta la sentenza nella parte in cui ha valorizzato il diverso rapporto professionale tra la C. e la società committente dell'imbarcazione.
Il quarto motivo denuncia l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.
In particolare, non si sarebbe valutato il fatto che all'attrice la società convenuta aveva consegnato copia del contratto relativo alla costruzione dell'imbarcazione, circostanza questa ammessa dal legale rappresentante della convenuta in sede di interrogatorio.
Inoltre, è stata erroneamente valorizzata la ricevuta fiscale inviata dalla convenuta alla società committente, recante una diversa giustificazione del versamento ricevuto, trascurandosi il ritardo con il quale detta ricevuta venne inviata, e senza peraltro emettere una regolare fattura.
Il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 116 c.p.c. in quanto la valutazione delle prove sarebbe stata effettuata in maniera arbitraria, e senza il rispetto del canone del prudente apprezzamento.
Si sostiene che la Corte d'Appello non avrebbe adeguatamente apprezzato la ricezione del bonifico avvenuta senza contestazioni da parte della convenuta, il mancato riscontro alle richieste di restituzione della somma ricevuta, la risposta fornita in sede di interrogatorio formale quanto alla consegna di copia del contratto, l'emissione di una ricevuta, anziché di una fattura, la circostanza che la società fosse in difficoltà economiche, l'assenza di un interesse della ricorrente alla vendita dell'imbarcazione, il rapporto di amicizia esistente tra le parti.
Il sesto motivo denuncia la omessa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c. c. in quanto l'affermazione del giudice di appello, secondo cui la causale indicata nell'ordine di bonifico sarebbe un mero indizio, non tiene conto degli altri elementi di prova indicati nel precedente motivo.
I motivi sono assorbiti per effetto dell'accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione.