Considerata la natura eccezionale e derogatoria rispetto ai principi in tema di esecuzione delle pene detentive, l'art. 47-quinquies ord. pen. non può essere oggetto di interpretazione analogica.
Il Tribunale di Sorveglianza di Ancona dichiarava inammissibile la domanda di detenzione domiciliare speciale presentata dall'attuale ricorrente, osservando che anche dopo la declaratoria di incostituzionalità oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 18/2020, non era applicabile la misura prevista dall'art. 47-quinquies ord. pen., la quale può essere...
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Ancona ha dichiarato inammissibile la domanda di detenzione domiciliare speciale presentata da D. M..
A ragione osservava che, anche dopo la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 18 del 2020 della Consulta, non era applicabile la misura prevista dall'art. 47-quinquies Ord. pen. Essa è, infatti, concedibile alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge, 5 febbraio 1992 n. 104, o in alternativa al padre, se la madre è deceduta o altrimenti impossibilitata, ma non ad altre figure genitoriali come il familiare, nella specie la nonna, affidatario sine die di minori affetti da handicap ex legge n. 104 del 1992, a seguito della decadenza della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori. Né, in vigenza del divieto di cui all'art. 14 delle preleggi, è possibile una interpretazione della norma avente carattere eccezionale, peraltro esclusa dalla ratio della norma individuata dalla Corte Costituzionale nella tutela del rapporto tra la madre ed il figlio minore.
2. Avverso l'ordinanza ricorre D. M., per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con cui lamenta violazione di legge, in relazione agli artt. 47-quinquies Ord. pen, e 3 e 31 della Costituzione, nonché vizio della motivazione.
Secondo la ricorrente, l'interpretazione delle norme cui è pervenuto il Tribunale è erronea perché introduce una evidente disparità di trattamento tra il genitore detenuto ed il genitore affidatario detenuto in contrasto con i principi costituzionali fissati dall'art. 31 Cost. Negare la concessione della detenzione domiciliare speciale al genitore, cui sono stati affidati sine die minori affetti da handicap grave a seguito della dichiarazione di decadenza della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori naturali, frustra tanto l'obiettivo principale della normativa sull'affidamento familiare di garantire al figlio minore, attraverso le cure materne, più favorevoli opportunità di crescita e valide relazioni affettive, cura e assistenza, quanto la finalità della detenzione domiciliare speciale che è quella di tutelare il figlio disabile bisognoso di cura e assistenza, a prescindere dall'età anagrafica, ed il legame tra la madre ed il figlio, che non può considerarsi esaurito dopo la prima fase di vita del bambino. Come si ricava dalle sentenze della Corte Costituzionale, ampiamente richiamate, va considerata prevalente, anche alla luce del disposto dell'art. 3, comma 2, Cost., la tutela delle relazioni umane specie quelle di tipo familiare, al fine di consentire il pieno sviluppo e la tutela effettiva delle persone più fragili.
Motivi della decisione
1. Osserva il Collegio che il ricorso è infondato.
2. L'assunto secondo cui tra i soggetti beneficiari della detenzione domiciliare speciale deve essere incluso l'affidatario cosiddetto "sine die" di figli minori di genitori privati della responsabilità genitoriale, anche se affetti da handicap grave nei termini indicati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 18 del 2020, non è condivisibile. Esso si pone in contrasto con il tenore letterale dell'art. 47-quinquies Ord. pen. che individua i soggetti legittimati a godere della detenzione domiciliare nella madre detenuta («madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli») e, in via subordinata e solo in presenza di precisi presupposti, il padre detenuto (« .. alle stesse condizioni previste per la madre ... se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre.»). Né tale disposizione, per la sua natura derogatoria ed eccezionale rispetto ai principi in materia di esecuzione delle pene detentive è passibile di interpretazione analogica.
La natura giuridica dell'istituto dell'affidamento infra familiare, disciplinato dalla legge, 4 maggio 1983, n. 184 non consente alcuna equiparazione dell'affidatario al genitore, naturale o adottivo. L'affidamento, a prescindere dalla fissazione esplicita di un termine di durata o dalla sua qualificazione espressa come "sine die", è un istituto provvisorio (cfr. Corte EDU, R.V. e altri c. Italia, 18.7.2019), destinato a fare fronte alle esigenze del minore, temporaneamente privo di un ambiente familiare, con l'assegnazione all'affidatario di poteri limitati, da esercitare sempre nella costante vigilanza dei servizi sociali, cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, con l'obbligo di tenere costantemente informato il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni. L'affidamento, in ragione di tale natura, non è nemmeno incompatibile con il mantenimento dei rapporti dei genitori naturali con il minore affidato. In tale sistema, fondato sul costante adeguamento alle esigenze del minore, la situazione venutasi a creare con la carcerazione dell'odierna ricorrente è, dunque, prontamente risolvibile dall'autorità giudiziaria minorile con la individuazione all'interno del nucleo familiare di altri affidatari, senz'altro possibile nel caso specifico avendo già altri familiari, come si legge nel provvedimento del Tribunale per i minorenni delle Marche del 13 marzo 2019, prestato il loro sostegno in favore dei minori, sia pure coadiuvando la D..
3. In ogni caso, il peculiare "legame tra madre e figlio" preso in considerazione dalle sentenze della Corte Costituzionale per ampliare la portata applicativa della detenzione domiciliare speciale (n. 211 del 2018), da ultimo in favore del minore affetto a handicap grave (n. 18 del 2020), costituisce una situazione familiare del tutto diversa da quella che si determina in virtù del provvedimento di affidamento tra il minore e l'affidatario: mentre il primo è fondato sulla naturale stabilità del rapporto fin dalla nascita del minore così da condizionarne lo sviluppo e la formazione; il secondo è legato ad esigenze temporanee ed è comunque sempre revocabile. Non vi è spazio, pertanto, per la lamentata violazione del principio di parità di trattamento di situazione analoghe.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.