
Ciò che differenzia la fattispecie di cui all'art. 423 c.p. da quella oggetto dell'art. 424 c.p. è l'elemento psicologico del reato che nel primo caso si sostanzia nel dolo generico, mentre nel secondo in quello specifico.
La Corte d'Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza emessa dal GUP nei confronti di una pluralità di imputati per diversi reati, tra i quali quello di tentato incendio.
Gli imputati propongono ricorso per cassazione contro la suddetta pronuncia. Due di essi, in particolare, lamentano la violazione di legge relativa al tentato incendio.
Con...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 20 maggio 2020 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza in data 29 novembre 2018 del Giudice dell'udienza preliminare di Trapani, esclusa l'aggravante delle più persone riunite con riferimento ai capi 11 e 12 e unificati i reati ascritti a S. R., (omissis), G. R. e A. V. sotto il vincolo della continuazione, ha rideterminato la pena per S. R., (omissis), in anni 8 di reclusione ed euro 2.400,00 di multa, per G. R. in anni 3 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, per A. V. in anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 600,00 di multa, per D. S. in anni 1 e mesi 6 di reclusione, e ha confermato la pena inflitta a S. S. in anni 2 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa e quella inflitta a S. R., (omissis) in anni 2 e mesi 10 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa.
2. S. R. (omissis) presenta tre motivi di ricorso.
Con il primo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione perché non erano stati precisati nel capo d'imputazione il luogo e la data del commesso delitto. Inoltre, per motivare la cessione dei 450 grammi di marijuana, la Corte territoriale aveva citato la conversazione avvenuta in (omissis) tra lui e S. R., (omissis), in cui vi era un conteggio di soldi e grammi che non corrispondeva all'episodio citato. I Giudici avevano escluso la violazione del diritto di difesa, perché la fornitura era stata realizzata in epoca antecedente e prossima al 22 aprile 2017, ma non vi era tale contestazione nel capo d'imputazione. Censura la decisione con riferimento alla cessione di 900 grammi di marijuana a I. O., perché non era stata raggiunta la prova della cessione.
Con il secondo lamenta la violazione di legge, per lesione del diritto di difesa, poiché all'udienza del 22 novembre 2018 il difensore aveva aderito all'astensione, ma il Giudice aveva osservato che il processo doveva essere trattato perché con detenuti, quindi, ritenuto l'abbandono della difesa, aveva nominato un difensore d'ufficio che aveva prontamente revocato.
Con il terzo denuncia la violazione di legge perché l'aumento per la continuazione era superiore alla somma delle pene, pari a complessivi anni 1 di reclusione, nel quinquennio.
3. A. V. presenta un solo motivo di ricorso per violazione di legge relativa al tentato incendio del capo 21. Osserva che i Giudici non avevano indicato un solo elemento oggettivo concreto, o anche solo probabilistico, che avrebbe potuto far ritenere che le fiamme si sarebbero potute propagare nelle aree circostanti determinando un incendio che rischiava di mettere in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato di persone.
4. S. S. presenta tre motivi di ricorso. Eccepisce la violazione di norme processuali in relazione all'inutilizzabilità delle analisi chimiche delle piantine e il vizio di motivazione: in particolare, evidenzia che non v'era la prova che la coltivazione delle piantine avesse i requisiti dell'offensività; contesta l'accertamento di responsabilità; lamenta infine il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
5. S. R. (omissis) presenta due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al reato di tentata estorsione. Secondo la ricostruzione dei fatti nelle sentenze di merito, egli avrebbe costretto G. T. a corrispondergli la somma di euro 5.000,00 per un debito maturato nei suoi confronti con minaccia consistente nel mostrargli una spranga di ferro, prospettando un male ingiusto "...ti ammazzo..." e intimando al T. di trasferirgli la proprietà di un (X). Secondo la tesi difensiva, egli sarebbe andato a casa di T. per chiedere il pagamento della somma di euro 5.000,00, somma dovutagli per un prestito secondo le dichiarazioni rilasciate dal T. all'Autorità giudiziaria. Il T. avrebbe tentato di coprire la sua attività, poiché il debito sarebbe insorto per forniture di sostanza stupefacente non pagate. Sostiene che mancavano gli elementi per configurare il reato di estorsione, sia pure nella forma tentata. Ribadisce che era andato a casa del T. in varie occasioni e che aveva cercato di convincerlo a pagare. In una circostanza aveva inveito contro di lui, dicendogli "mi devi dare i soldi". In un'altra occasione, aveva mostrato al T. qualcosa sulla sua autovettura, che gli inquirenti avevano ricostruito essere una spranga, per minacciarlo e per chiedergli poi il trasferimento dell'(X). Pertanto, la sua intenzione era stata solo quella di esercitare un suo diritto.
Con il secondo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in rapporto al reato del capo 16), perché non erano emersi elementi a suo carico in merito alla riconducibilità a lui della seconda piantagione.
6. D. S. presenta tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione di legge perché non era certa la sua identificazione in relazione alla condotta del tentato incendio.
Con il secondo contesta l'attribuzione della responsabilità per il suddetto reato a titolo di concorso. Mancava il dolo diretto ed era al limite configurabile il danneggiamento.
Con il terzo lamenta l'entità della pena, per omessa riduzione per la fattispecie tentata.
Motivi della decisione
7. Le prime due censure sollevate da S. R. (omissis) sono manifestamente infondate. Ed invero, con riferimento al primo episodio dei 450 grammi, va ricordato che l'imputato del giudizio abbreviato incondizionato non può eccepire il vizio di genericità e indeterminatezza dell'imputazione, perché la richiesta incondizionata di giudizio abbreviato implica necessariamente l'accettazione dell'imputazione formulata dall'accusa (Cass., Sez. 4, n. 18776 del 30/09/2016, dep. 2017, B., Rv. 269880 - 01 e Sez. 5, n. 33870 del 07/04/2017, C., Rv. 270475 - 01, secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato, determina una cristallizzazione dell'imputazione da cui l'imputato ha scelto di difendersi;· ne consegue l'impossibilità per quest'ultimo di eccepirne l'indeterminatezza salvo che dimostri che la genericità o l'indeterminatezza dell'imputazione gli abbia impedito di esercitare la sua difesa). Nello specifico, il ricorrente non ha propriamente lamentato la violazione del diritto di difesa, ma ha eccepito che questa presunta incertezza aveva inciso sull'accertamento della responsabilità. Le deduzioni sul fatto sono però talmente inconsistenti, sia per questo episodio che per il secondo relativo alla cessione dei 900 grammi di marijuana, da non scalfire il ragionamento dei Giudici di merito che hanno ricostruito la vicenda all'esito di un'approfondita disamina del contenuto delle intercettazioni. Sul punto, va ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Cass., Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, S., Rv. 270071-01).
Quanto al secondo motivo, la Corte costituzionale con la sentenza n. 180 del 2018 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2-bis della legge 13 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, nel regolare, all'art. 4, comma 1, lettera b), l'astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l'imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell'imputato. Ciò significa che correttamente il Giudice ha celebrato il processo in primo grado, siccome gli imputati erano detenuti. La circostanza dedotta nel ricorso per cassazione, secondo cui l'imputato avrebbe "aderito" alla scelta del difensore di astenersi, è irrilevante, poiché il giudice deve celebrare il processo, prevalendo la volontà o la non opposizione alla prosecuzione o addirittura il silenzio degli altri imputati detenuti, essendo prioritaria la tutela della libertà personale rispetto a quella della manifestazione del pensiero e non giustificandosi la separazione delle posizioni (tra le più recenti, Cass., Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, L., Rv. 275334-01).
E' fondata invece la terza censura. L'ultimo comma dell'art. 99 cod. pen. stabilisce che in nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo. Pertanto, l'aumento per la recidiva nella misura di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa non appare coerente con le risultanze del certificato penale in atti secondo cui la somma delle due pene dei precedenti è pari ad un anno di reclusione.
In definitiva, rispetto a S. R. (omissis), la sentenza va annullata solo limitatamente al trattamento sanzionatorio, affinché altra Sezione della Corte di appello di Palermo valuti l'aumento apportabile alla recidiva. Per il resto, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., deve ritenersi irrevocabile l'accertamento di responsabilità.
8. L'unico motivo di V. e il secondo motivo di S. relativi alla qualificazione del fatto del capo 21), come tentato incendio di un fabbricato rurale adibito a scuderia per cavalli, sono fondati, ciò che si estende favorevolmente anche a S. R. (omissis).
E' consolidato l'orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui occorre distinguere tra "il fuoco" e "l'incendio", in quanto si ha incendio solo quando il fuoco divampi in vaste proporzioni, irrefrenabilmente, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo la incolumità di un numero indeterminato di persone. Pertanto, non ogni fuoco è di per sé qualificabile come incendio, tale essendo quello in cui le fiamme, non controllate e non facilmente controllabili, assumano i connotati predetti (Cass., Sez. 1, n. 14263 del 23/02/2017, A., Rv. 269842, che cita Sez. 4, n. 2805 del 06/12/1988, B., Rv. 180588; Sez. 1, n. 2098 del 06/05/1994, G., Rv. 198418, n. 4506 del 14/03/1995, B., Rv. 201134; n. 1802 del 27/03/1995, D., Rv. 201619; n. 14592 del 16/11/1999, A., Rv. 216129; Sez. 4, n. 36612 del 4/7/2003, S., Rv. 226029; n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, U., Rv. 229670; n. 16175 della l. 02/2010, V., non massimata).
La sentenza della Sez. 1, n. 24294 del 17/05/2019, F., Rv. 276402-01 ha ribadito che il discrimine tra il reato di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 cod. pen.) e quello di incendio (art. 423 cod. pen.) è segnato dall'elemento psicologico del reato. Nell'ipotesi prevista dall'art.423 cod. pen. esso consiste nel dolo generico, cioè nella volontà di cagionare un incendio, inteso come combustione di non lievi proporzioni, che tende ad espandersi e non può facilmente essere contenuta e penta. Il reato di cui all'art. 424 cod. pen. è, invece, caratterizzato dal dolo specifico, consistente nel voluto impiego del fuoco al solo scopo di danneggiare, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento. Sussiste, pertanto, il delitto di incendio di cui all'art. 423 cod. pen. quando l'azione di appiccare il fuoco è finalizzata a cagionare l'evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e per la loro violenza, tendano a propagarsi in modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Viceversa, sussiste il delitto di danneggiamento seguito da incendio allorché il fatto viene realizzato con il solo intento, e cioè con il dolo specifico, di danneggiare la cosa altrui.
Non pare che la Corte territoriale abbia colto lo specifico punto devoluto negli atti di appello, dal momento che si è limitata a confermare i gravissimi atti di preparazione dell'incendio, già ampiamente descritti nella sentenza di primo grado, senza valutare il pericolo che da questo sarebbe derivato. Nella ricostruzione dei fatti, il fabbricato che avrebbe dovuto essere incendiato sembrerebbe però trovarsi in zona isolata, sicché è necessario che altra Sezione della Corte di appello di Palermo, cui il processo va rinviato, accerti il pericolo rispetto al contesto locale.
Se la motivazione a sostegno della qualificazione del fatto come tentato incendio non è sufficiente, nessun dubbio vi è invece in merito al coinvolgimento dei tre imputati nella vicenda, come diffusamente argomentato nelle sentenze di merito. Dalle intercettazioni è emerso che il R. e il V. erano stati gli organizzatori, mentre questi, il D. S., e altri rumeni, gli esecutori.
Il terzo motivo del D. S. è da ritenersi assorbito.
9. S. S. pone un problema di utilizzabilità delle analisi chimico-tossicologiche delle piantine sequestrate in sede di arresto, per omesso avviso dell'art. 360 cod. proc. pen. te con la scelta del rito abbreviato (Cass., Sez. 1, n. 28459 del 23/04/2013, R., Rv. 256106 - 01, secondo cui la richiesta di rito abbreviato comporta la rinuncia ad eccepire la nullità derivante dalla effettuazione di un accertamento tecnico irripetibile, non preceduto dagli avvisi alle parti).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo relativo al vizio di motivazione per la mancata assoluzione e per la mancata condanna a pena detentiva minima, che reitera la deduzione generica del motivo di appello. La Corte territoriale ha infatti accertato che l'imputato era attivo anche nella gestione della coltivazione del terreno dello ST. perché si era occupato dell'innaffiatura e potatura della piantagione e aveva provveduto a raccogliere le infiorescenze avendo la disponibilità del laboratorio ove la sostanza veniva lavorata. Quanto alle circostanze attenuanti generiche e di "riduzione del trattamento sanzionatorio, i Giudici hanno ritenuto congrua la pena, da un lato perché non vi erano elementi favorevoli per riconoscere le attenuanti, dall'altro perché la pena aveva tenuto conto della gravità della condotta relativa alla coltivazione di 161 infiorescenze di marijuana e dello stupefacente rinvenuto, ma era stata fissata in misura comunque inferiore al medio edittale, sicché, quando non si supera il medio edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito (tra le più recenti Cass., Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, M. e altro, Rv. 271243).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., si dichiara irrevocabile l'accertamento di responsabilità.
10. S. R. (omissis) contesta l'attribuzione del reato di tentata estorsione, perché si era limitato ad esigere il suo credito. Il motivo è generico, fattuale e mira alla rivalutazione della vicenda che in entrambi i gradi è stata tracciata in modo netto. La Corte territoriale ha osservato che il R. non poteva escutere il credito per le vie legali, stante la fonte illecita, connessa ad una cessione di stupefacenti. D'altra parte, sono certe le plurime minacce di morte che ha indirizzato al suo debitore, una volta anche con una spranga e il tentativo di farsi pagare con l'(X) della moglie. Corretta è la lettura giuridica della vicenda anche alla luce della sentenza a Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, F. Rv. 280027.
Del pari generico e fattuale è il secondo motivo relativo al reato del capo 16) avente ad oggetto la coltivazione del terreno dello ST. come lo S.. L'accertamento della responsabilità è il frutto di un'attenta disamina del contenuto delle intercettazioni le cui conclusioni non sono state disarticolate dal ricorrente.
Il ricorso è pertanto inammissibile con riferimento ai reati del capo 21) e del capo 16) per i quali deve ritenersi irrevocabile la sentenza di condanna.
Il giudice del rinvio dovrà invece esaminare il reato di tentato incendio ed eventualmente rivedere il trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di R. S. (omissis) limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità di R. S. (omissis). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di R. S. (omissis), V. A. e D. S. limitatamente al capo 21, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di R. S. (omissis). Dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità di R. S. (omissis) in relazione agli altri reati a lui ascritti. Dichiara inammissibile il ricorso di S. S. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.