Il datore di lavoro che rinunci al periodo di preavviso a fronte delle dimissioni del lavoratore è esonerato dal pagamento dell'indennità sostitutiva ad esso connesso.
La Corte d'Appello di Torino confermava la decisione di primo grado con la quale era stata rigettata l'opposizione proposta dal datore di lavoro al decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore ai fini del pagamento di una determinata somma a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, in quanto, tra le varie considerazioni, la rinuncia al periodo di preavviso da parte del...
Svolgimento del processo
1. la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della opposizione di G. s.p.a. al decreto ingiuntivo ottenuto da RR per il pagamento della somma di € 54.470,91 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e integrazioni conseguenti sul rateo di tredicesima mensilità e di tfr, oltre accessori;
1.1. la statuizione di conferma è stata fondata sulle seguenti considerazioni: a) la documentazione presentata dal R integrava il requisito della prova scritta ex art. 633 cod. proc. civ.; b) la rinunzia al periodo dì preavviso da parte di G. s.p.a. a fronte delle dimissioni del lavoratore non esonerava la suddetta dal pagamento della indennità sostitutiva; c) il lavoratore, nel sottoscrivere "per ricevuta e accettazione" !a missiva con la quale la società gli aveva comunicato di esonerarlo dal preavviso, non aveva espresso alcuna volontà i rinunzia alla relativa indennità; d) la immediata rioccupazione del lavoratore non pregiudicava il diritto dello stesso alla somma oggett0 di ingiunzione;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G. s.p.a. sulla base i sette motivi; RR ha resistito con tempestivo controricorso;
3. entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis .1. cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, 156 e 633 cod. proc. civ., denunziando apparenza di motivazione circa la esistenza di prova scritta del credito oggetto di ingiunzione; sostiene in particolare che i documenti prodotti a sostegno della pretesa monitoria (contratto di lavoro, nomina a dirigente, lettera società di esonero del lavoratore, ecc.) non erano rappresentativi del diritto all'emolumento in contestazione;
2. con il secondo motivo di ricorso, deduce violazione dell'art, 2118 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere attribuito al R il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso pur essendo pacifico che era stato il detto lavoratore a recedere dal contratto di lavoro;
3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione delle disposizioni del c.c.n.l. dirigenti Industria applicato al rapporto di lavoro: premessa la necessità di specifico atto di autonomia negoziale, individuale o collettiva, per il conferimento al lavoratore dimissionario, in senso acquisitivo rispetto all'art. 2018 cod. civ., del diritto all'indennità sostitutiva in caso di rinunzia al preavviso della parte datoriale, deduce l'errore del giudice di appello per avere omesso di rilevare l'assenza nel contratto collettivo dì una previsione destinata a disciplinare gli effetti della rinunzia al preavviso del soggetto datore di lavoro in deroga alla disciplina codicistica;
4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 cod. civ. per avere la sentenza impugnata escluso, in contrasto con la disciplina codicistica, la libera rinunziabilità al periodo di preavviso, ponendo a carico della parte non recedente l'obbligo all'erogazione della relativa indennità sostitutiva;
5. con il quinto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 e 1173 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto, in contrasto con il disposto dell'art. 1173 cod. civ. in tema di atti e fatti idonei a costituire fonte dell'obbligazione, che la rinunzia ad un diritto determinasse il sorgere di un'obbligazione a carico della parte rinunziante;
6. con il sesto motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per avere travisato i principi giurisprudenziali sugli effetti delle clausole contrattuali collettive relative alla eventuale rinunzia al preavviso da parte del soggetto destinatario dell'atto di recesso;
7. con il settimo motivo di ricorso deduce violazione e 'falsa applicazione dell'art. 2118 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per avere erroneamente applicato principi giurisprudenziali relativi alla funzione dell'indennità sostitutiva del preavviso in caso di licenziamento benché la questione in controversia attenesse alla diversa ipotesi di recesso del lavoratore; evidenzia che nello specifico la corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso ben lungi dall'assolvere alla funzione di ristoro alla quale essa è deputata aveva avuto l'effetto di duplicare ingiustificatamente le entrate economiche de R , il quale, grazie alla rinunzia al preavviso della società, aveva potuto immediatamente iniziare a prestare la propria attività in favore della concorrente società P.;
7. il primo motivo di ricorso è inammissibile,
7.1. premesso che non sussiste la denunziata apparenza di motivazione in quanto il giudice di appello ha motivato sia in ordine alla sussistenza del diritto sia in relazione al quantum oggetto della pretesa monitoria, la eventuale mancanza di prova scritta per l'emissione del decreto ingiuntivo è questione priva di rilievo atteso che con l'opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale la pretesa creditoria fatta valere col procedimento sommario è assoggettata ad un nuovo accertamento ai fini della conferma o meno dell'ingiunzione emessa, sicché sono irrilevanti eventuali vizi del procedimento monitorio che (come la mancanza di prova scritta) non importino insussistenza del diritto fatto valere in quella sede (Cass. 475/1985, 5244/1981), dovendo rilevarsi ulteriormente che la valutazione relativa all'idoneità dei documenti a configurare prova scritta è riservata al giudice di merito (Cass. 573/2003);
8. gli ulteriori motivi di ricorso, trattati congiuntamente p r connessione, sono meritevoli di accoglimento nei termini di cui in prosieguo;
8.1. come è noto l'istituto del preavviso, comune alla maggior parte dei contratti di durata a tempo indeterminato (si veda, ad es., l'art. 1569 cod. civ. per il contratto di somministrazione, l'art. 1750 cod. civ. per il contratto di agenzia, l'art. 1833 cod. civ. per il contratto di conto corrente etc.)., adempie alla funzione economica di attenuare per la parte ch'e subisce il recesso - che è atto unilaterale recettizio di esercizio di un diritto potestativo - le conseguenze pregiudizievoli della assoluzione del contratto;
8.1. costituisce comune affermazione che in tema di rapporto di lavoro a tempo indeterminato l'istituto del recesso - disciplinato dall'art. 2118 cod. civ.- adempie ad una funzione destinata a variare in funzione della considerazione della parte non recedente; in caso di licenziamento si ritiene che il preavviso abbia la funzione di garantire ai lavoratore la continuità della percezione della retribuzione in un certo lasso di tempo al fine di consentirgli il reperimento di una nuova occupazione; in caso di dimissioni del lavoratore il preavviso ha la finalità di assicurare al datore di lavoro il tempo necessario ad operare la sostituzione del lavoratore recedente;
8.2. il tema della rinunziabilità del periodo di preavviso da parte del soggetto non recedente e delle conseguenze giuridiche di tale rinunzia è strettamente connesso e condizionato dalla soluzione che si intende dare alla questione circa la efficacia reale o obbligatoria del preavviso;
8.3. come è intuibile, infatti, ove dovesse optarsi per la natura reale del preavviso, con diritto quindi della parte recedente alla -, prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del relativo periodo, non potrebbe ipotizzarsi una rinunzia della parte non recedente idonea a determinare la immediata estinzione del rapporto di lavoro; a soluzione opposta si perviene, invece, nel caso si aderisca alla tesi dell'efficacia obbligatoria la quale configura il preavviso quale mero obbligo (accessorio e alternativo) dell'esercizio del recesso; la parte recedente è libera di opt9re tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a controparte dell'indennità ( con immediato effetto risolutivo del recesso); in base a tale costruzione in capo alla parte non richiedente si configura un diritto di credito dalla stessa liberamente rinunziabile;
8.4. a tale ultima opzione si ritiene di dare continuità in coerenza con i condivisibili approdi della giurisprudenza di legittimità, che si richiamano anche ai fini dell'art. 118 disp. att. cod. proc. civ., giurisprudenza la quale a partire da Cass. n. 11740/2007 è pervenuta al superamento della tesi della natura reale del preavviso ritenendo che alla stregua di una interpretazione letterale e logico sistematica dell'art. 2118 cod. civ., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell'esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso (nel senso della efficacia obbligatoria del preavviso si vedano Cass. n. 21216/2009, n. 13959/2009, n. 22443/2010, n. 27294/2018);
8.5. dalla natura obbligatoria dell'istituto in esame discende che la parte non recedente, che abbia -come nel caso di specie - rinunziato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso; alcun interesse giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile in favore della parte recedente; la libera rinunziabilità del preavviso esclude che ad essa possano connettersi a carico della parte rinunziante effetti obbligatori in contrasto con le fonti dell'obbligazioni indicate nell'art. 1173 cod. civ.;
9. in base alle considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore censura, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con decisione nel merito di revoca del decreto ingiuntivo opposto e diritto della odierna ricorrente alla restituzione delle somme eventualmente corrisposte sulla base del decreto ingiuntivo revocato;
10. la assoluta novità della questione giustifica la compensazione delle spese dell'intero giudizio;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito revoca il decreto ingiuntivo. Compensa le spese dell'intero giudizio.