Ribadendo un indirizzo consolidato in giurisprudenza, la Suprema Corte ricorda che, in caso di acquisizione agli atti della nota spese di un avvocato, il giudice non può limitarsi a rideterminare gli onorari in misura inferiore a quelli esposti ma ha l'onere di darne adeguata motivazione.
Con l'ordinanza n. 27896 del 13 ottobre 2021, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso di un avvocato nella parte in cui denunciava la violazione di legge del decreto con cui il Tribunale di Marsala confermava i diritti di procuratore dovuti per lo svolgimento dell'attività difensiva da lui prestata, in quanto priva di...
Svolgimento del processo
1. Con decreto emesso il 23 ottobre 2014 il Tribunale di Marsala, a definizione di procedimento di reclamo (art.26 l.fall.) promosso dall'avvocato V. S. contro il decreto, depositato il 27 giugno 2014, del giudice delegato ai fallimenti di D. G., di D. L. e della società di fatto esistente tra gli stessi (pendenti avanti lo stesso Tribunale dal 1992), confermò le decisioni assunte dal giudice di prima istanza dispositive di compenso (pari a complessivi €. 29.551) e di rimborso spese in favore di tale professionista per l'opera da lui prestata, quale difensore con procura della procedura, nel giudizio di primo grado e di appello nell'atto menzionato.
1.1 Per quanto qui ancora interessa, la motivazione fondante la conferma della misura del compenso liquidato al professionista per l'attività da lui svolta nel giudizio di primo grado quale difensore con procura della procedura può essere così sintetizzata: nella liquidazione degli onorari di avvocato si tiene conto della complessità e del pregio dell'opera prestata dal professionista, nonché dei risultati del giudizio per il cliente; tali criteri trovano applicazione per l'attività svolta nella vigenza delle tariffe professionali approvate con d.m. n. 127 del 2004; non è possibile apprezzare lo svolgimento di alcuna "fitta e complessa attività defensionale", dedotta dal reclamante a sostegno della misura degli onorari di avvocato da lui indicata, in quanto nella causa definita con sentenza emessa nel gennaio 2011 l'attività del professionista si era sostanziata nella redazione e notificazione della citazione, nel deposito di tre memorie in replica notificate alla controparte e nel deposito di istanza di fissazione di udienza di discussione; "se già il risultato negativo dell'attività non consente di applicare, per gli onorari, valori superiori ai minimi, neppure rilievi contenuti nella sentenza emessa a definizione del primo grado (con la quale veniva dichiarata, tra l'altro, l'inammissibilità della domanda nuova formulata nella comparsa conclusionale) permettono di apprezzare la supposta complessità della causa e l'asserito "pregio" della prestazione resa, sicché l'importo dei compensi non può in ogni caso superare quello riconosciuto dal giudice delegato"; nella parte della nota spese . dedicata ai diritti di procuratore il reclamante aveva indicato "numerose voci non dovute, duplicando alcune attività ovvero chiedendo il riconoscimento" dei diritti specificamente indicati nel decreto, "sicché, alla luce della chiara inattendibilità della nota spese consegnata agli atti del fascicolo di primo grado ed in assenza di diversa evidenza documentale la liquidazione effettuata dal giudice delegato risulta coerente all'attività effettivamente resa".
2. Per la cassazione di tale decreto, nella sola parte relativa alla conferma della liquidazione dei compensi relativi al giudizio di primo grado compiuta dal giudice delegato alla procedura (pag. 4 ricorso), l'avvocato Spadara propose ricorso notificato: alla curatela dei fallimenti di D. G., di D. L. e della società di fatto esistente tra gli stessi; a V. P., quale assuntore del concordato fallimentare di D. G., di D. L. e della società di fatto esistente tra gli stessi, omologato dal Tribunale di Marsala con decreto del 21 marzo 2014.
2.1 Nelle conclusioni rassegnate in tale atto il ricorrente chiede: la cassazione del decreto impugnato e la decisione sul merito relativa alla misura degli onorari di avvocato e dei diritti di procuratore a lui spettanti per l'attività svolta, in favore della curatela, nel giudizio di merito nel ricorso indicato; la condanna di P., in solido con la curatela dei fallimenti, "al pagamento di ogni somma dovuta per tale causale".
3. Mentre l'intimata curatela dei sopra indicati fallimenti non ha svolto difese V. P. resiste con controricorso dichiarando espressamente la sua volontà di contraddire solo sulla domanda di condanna avanzata nei suoi confronti; non anche sulla legittimità della decisione relativa alla misura del compenso confermata dal decreto impugnato.
4. Il ricorrente ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Per quanto qui interessa, contro il decreto del giudice delegato al fallimento che liquida il compenso dovuto al difensore per l'opera in giudizio prestata nell'interesse della procedura dopo avere sentito sul punto il curatore (art. 25, primo comma, n. 7), l.fall. , nel testo anteriore alla relativa sostituzione ad opera dell'art. 22 del d.lgs. n. 5 del 2006, in quanto il fallimento in discorso venne dichiarato nel 1992 e le modificazioni apportate alla legge fallimentare da tale decreto si applicano a partire dall'entrata in vigore dello stesso, avvenuta il 16 luglio 2006) è ammesso reclamo al tribunale da parte del curatore, del fallito, del comitato dei creditori e di chiunque vi abbia interesse (art. 26, primo comma, l.fall., nel testo anteriore alla relativa sostituzione ad opera dell'art. 23 del d.lgs. n. 5 del 2006, in quanto il fallimento in discorso venne dichiarato nel 1992 e le modificazioni apportate alla legge fallimentare da tale decreto si applicano a partire dall'entrata in vigore dello stesso, avvenuta il 16 luglio 2006).
Quando, come nella specie, il reclamo sia stato proposto dal professionista che chiese la liquidazione del proprio compenso per l'opera prestata quale difensore con procura della procedura concorsuale in giudizio di cognizione definito con sentenza, il contraddittorio sul reclamo deve dal reclamante interessato (che afferma l'esistenza di un suo diritto soggettivo al compenso per l'opera prestata) essere necessariamente instaurato solo nei confronti del curatore del fallimento.
Accadde però che, contrariamente a quanto in questa sede dedotto dal controricorrente, il ricorso contenente il reclamo contro il decreto del giudice delegato del 27 giugno 2014 (dispositivo, per quanto qui ancora interessa, della liquidazione del compenso per l'opera professionale prestata dal ricorrente nel giudizio di primo grado sopra indicato) venne dall'odierno ricorrente notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza camerale di trattazione di tale impugnazione, anche all'odierno controricorrente quale assuntore del concordato dei fallimenti di D. G., di D. L. e della società di fatto esistente tra gli stessi, omologato dal Tribunale di Marsala con decreto emesso il 21 marzo 2014. P. non risulta essere comparso all'udienza di trattazione.
Tale notificazione costituisce mera litis denuntiatio di controversia, fra professionista e curatore del fallimento, avente per. oggetto esclusivo la determinazione della misura del compenso per l'opera prestata dal professionista quale difensore con procura della procedura concorsuale nel giudizio di merito nel decreto impugnato considerato, a soggetto potenzialmente interessato dal relativo esito qual è l'assuntore del concordato fallimentare,. obbligato a pagare i creditori concorsuali (fra i quali, in primo luogo, sono da annoverare i titolari di crediti prededucibili) secondo le prescrizioni del concordato omologato.
Se, dunque, può ammettersi che la stessa litis denuntiatio possa dal ricorrente essere coltivata anche nel giudizio per la cassazione del decreto che il procedimento di reclamo endofallimentare definì mediante la notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, è da precisare (alla luce di alcune divagazioni in diritto dal ricorrente espresse nella memoria di replica) che esula dal procedimento giudiziale di determinazione del compenso di cui all'art. 25, primo comma, n. 7), l.fall. (nel testo ratione temporis applicabile) ogni questione relativa alla fase di liquidazione del credito, di natura prededucibile, determinato con il decreto che il procedimento definisce.
E' dunque inammissibile per tale ragione la domanda del ricorrente di condanna solidale della procedura e dell'assuntore del concordato fallimentare al pagamento di tale credito quale conseguenza della cassazione del decreto impugnato; anche senza considerare che tale domanda risulta essere stata proposta per la prima volta solo nel presente giudizio di legittimità.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, per le ragioni nell'atto illustrate, che il decreto è caratterizzato da violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.m. n. 127 del 2004 (in vigore al tempo in cui la prestazione professionale venne resa) e dell'art. 61 del r.d.l. n. 1578 del 1933, nella parte in cui ha confermato in€. 12.000 (anziché nei richiesti €. 25.365) gli onorari di avvocato dovuti per lo svolgimento dell'attività difensiva in discorso, non potendo la regolamentazione delle spese del giudizio contenzioso in cui l'avvocato ha reso la prestazione in alcun modo vincolare la successiva liquidazione del compenso nella procedura azionata dall'avvocato verso il proprio cliente per la determinazione del corrispettivo per l'opera prestata in tale giudizio.
3. Con il secondo motivo, del pari relativo alla determinazione della misura degli onorari di avvocato, il ricorrente deduce, per le ragioni nell'atto specificamente illustrate, che -il decreto comporta la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 del D.M. n. 127 del 2004 e dell'art. 61 del r.d.l. n. 1578 del 1933, anche in ragione di "insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio", costituito dalla specifica e intensa attività svolta da esso ricorrente nella fase anteriore alla fissazione dell'udienza di discussione {il processo di primo grado si svolse nelle forme previste dal d.lgs. n. 5 del 2003).
4. I due motivi, da trattare congiuntamente, in ragione della loro stretta connessione, sono infondati.
In ragione del tempo in cui venne svolta, e si esaurì, la prestazione professionale di natura giudiziale considerata nel decreto impugnato trovano applicazione le disposizioni recate dalla legge n. 794 del 1942 (disciplinante gli onorari di avvocato e i diritti di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile) e il d.m. n. 127 del 2004 (regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali).
Innanzitutto è da rimarcare come il riferimento da parte del decreto impugnato alla consistenza quantitativa della condanna alle spese della curatela dei fallimenti propria della sentenza di primo grado sia affatto estraneo alle ragioni fondanti la decisione di conferma della misura degli onorari di avvocato spettanti al ricorrente per l'opera prestata nel giudizio di primo grado di cui si discute.
Tale riferimento è collocato nella parte di motivazione dedicata alla illustrazione di fatti costituenti la premessa della decisione (documenti depositati dal ricorrente a fondamento del reclamo, da cui risultano anche: esito negativo per la procedura del giudizio di primo grado; mancata definizione del giudizio di appello promosso dalla curatela in ragione della omologazione del concordato fallimentare medio tempore intervenuta) e la ragione della conferma della decisione sulla misura degli onorari di avvocato spettanti al ricorrente non è punto fondata (come del resto risulta dalla parte del decreto successiva alla parola "considerato") anche sulla statuizione del giudice di merito sulle spese giudiziali; con conseguente non sussistenza della violazione del precetto rispettivamente recato dall'art. 61 del r.d.l. n. 1578, dall'art. 2 della legge n. 794 del 1942 e dall'art. 2 del d.m. n. 127 del 2004 (autonomia dell'obbligazione del cliente al pagamento dell'onorario da lui dovuto al difensore che lo ha rappresentato e assistito nel processo dalla statuizione giudiziale relativa alla ripartizione fra le parti delle spese del processo medesimo).
La misura degli ·onorari dovuti dal cliente all'avvocato per l'assistenza giudiziaria in materia civile: si determina avuto riguardo alla natura e al valore della controversia, all'importanza e al numero delle questioni trattate, all'opera in concreto prestata, nonché dell'esito del giudizio (artt. 3 e 5 della legge n. 794 del 1942; art. 5, primo e terzo comma, del d.m. n. 127 del 2004); non può essere inferiore, neppure per specifico patto fra avvocato e cliente, a quella minima determinata in applicazione della c.d. "tariffa forense", ai sensi dell'art. 24 della legge n. 794 del 1942 e dell'art. 4, primo comma, del d.m. n. 127 del 2004 (in questo senso, cfr., per tutte: Cass. n. 25830 del 2019; Cass. n. 22991 del 2017; Cass. n. 19712 del 2016).
Orbene, nel caso di specie non sussiste alcuna violazione di legge sul punto dal momento che: la decisione di conferma della misura degli onorari di avvocato (secondo lo stesso ricorrente pari a quella minima determinata facendo applicazione della "tariffa forense") è sorretta da specifica e congrua motivazione; il ricorrente non deduce l'omissione da parte del giudice di esame dì alcun fatto decisivo (soprattutto in riferimento alle memorie depositate nel giudizio di merito, dal decreto specificamente prese in considerazione), ma, contrapponendo una propria valutazione a quella caratterizzante il decreto impugnato, mira a conseguire in questa sede di legittimità una inammissibile valutazione del merito dell'attività da lui compiuta.
5. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, per le ragioni nell'atto illustrate, che il decreto è caratterizzato da violazione e falsa applicazione dell'art. 24 della legge n. 794 del 1942 e degli artt. 2 e 4 del d.m. n. 127 del 2004, nella parte in cui ha confermato in €. 2.551 (anziché nei richiesti €. 9.492) i diritti di procuratore dovuti per lo svolgimento dell'attività difensiva in discorso; non avendo, in buona sostanza, il provvedimento impugnato offerto motivazione adeguata a sostegno della propria decisione.
6. Premessa l’nderogabilità della misura, fissa (in relazione al valore della causa), dei diritti dovuti per le prestazioni dei procuratori (art. 24 della legge n. 794 del 1942 e art. 4 del d.m. n. 127 del 2004) e rilevato che nel caso di specie risulta che il ricorrente depositò nel procedimento definito con il decreto impugnato specifica nota delle spese, dei diritti e degli onorari a lui spettanti per l'attività svolta nel giudizio di merito, costituisce principio di diritto da tempo acquisito alla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui quando è acquisita agli atti del processo una specifica nota delle spese il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all'inderogabilità dei relativi minimi sancita dall'art. 24 della legge n. 794 del 1942 (in questo senso, dr., per tutte: Cass. n. 8824 del 2017; Cass. n. 20604 del 2015; Cass. n. 7293 del 2011).
La censura mossa dal ricorrente al decreto impugnato coglie nel segno in quanto: "l'inattendibilità", in tesi, della nota depositata dal ricorrente, nella parte dedicata ai diritti di procuratore, non esimeva il giudice, che disponeva degli atti del processo di merito, di determinare i diritti relativi a ciascuna attività documentata secondo le voci della tariffa applicabile (Tabella B allegata al d.m. n. 157 del 2004); il decreto impugnato non indica specificamente, con chiarezza, quali attività siano state duplicate dal professionista nella nota spese e quali siano le voci di compenso non dovute per ciascuna attività indicata; il decreto sembra ritenere non dovuti taluni diritti (dal ricorrente specificamente indicati nelle pagg. 26-28 del ricorso) che, invece, trovano riscontro nelle specifiche voci della citata Tabella B.
7. Il decreto impugnato deve in conclusione essere cassato in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Marsala che, in diversa composizione, si dovrà pronunciare sulla misura dei diritti di procuratore dovuti al ricorrente per l'attività giudiziale da lui svolta in favore della curatela dei fallimenti nel processo di primo grado nel decreto impugnato considerato; sulla regolamentazione delle spese relative al giudizio di cassazione fra il ricorrente e l'intimata curatela fallimentare.
Le spese del giudizio di cassazione relative al rapporto fra il ricorrente e il controricorrente P. sono invece da compensare integralmente in ragione di quanto evidenziato nel precedente punto 1. (non rispondenza al vero della deduzione di non attivazione del contradditorio nel procedimento di ·reclamo anche nei confronti di P.; inammissibilità di domanda di condanna della curatela e di P.).
P.Q.M.
La Corte: rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo, cassa e rinvia, in relazione al motivo accolto, al Tribunale di Marsala, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità fra il ricorrente e la intimata curatela del fallimento; compensa integralmente fra il ricorrente e V. P. le spese del giudizio di cassazione.