La Corte d'Appello rigettava la richiesta dell'imputato di convertire la pena detentiva in quella pecuniaria equivalente sulla base di una prognosi di insolvenza dovuta alle condizioni economiche disagiate del richiedente. Per la Cassazione, i Giudici di merito non avrebbero dovuto prendere in considerazione tale aspetto in quanto riferibile alle sole pene sostitutive accompagnate da prescrizioni.
La Corte d'Appello di Perugia confermava la sentenza di primo grado con cui l'imputato era stato riconosciuto responsabile del reato di furto aggravato pluriaggravato di energia elettrica.
L'imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi di doglianza, l'omessa concessione della conversione della pena detentiva in...
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Perugia il 10 settembre 2019 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall'imputato, con cui il Tribunale di Perugia il 18 gennaio 2018, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto M. P. responsabile del reato di furto consumato pluriaggravato di energia elettrica, fatto commesso sino all'8 giugno 2017, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all'art. 62, n. 4, cod. pen. (danno di speciale tenuità), stimate equivalenti alle aggravanti, alla pena di giustizia.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore di fiducia (Avv. F. P.), affidandosi a quattro motivi con cui denunzia violazione di legge.
2.1. Con il primo motivo censura la violazione dell'art. 62. n. 6, cod. pen., poiché, pur avendo i giudici di merito riconosciuto che l'imputato «ha risarcito il lieve danno di natura patrimoniale causato all'O.» (p. 1 del ricorso), hanno escluso - si stima, illegittimamente - l'applicabilità dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6. cod. pen. (risarcimento del danno), mentre la stessa, ove riconosciuta, anche per effetto della concorrenza delle altre circostanze attenuanti, avrebbe determinato la prevalenza delle diminuenti e, comunque, una pena più mite.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 625, n. 2 cod. pen., poiché l'imputato non avrebbe esercitato violenza sulle cose, mancando la prova dell'allacciamento diretto alla rete ed essendo il flusso di energia elettrica normale: «la prova lampante è costituita dal pagamento delle fatture intestate al sig. O., poiché non si era verificato l'allacciamento abusivo alla rete attesochè in tal caso il flusso abusivo può essere generato solo attraverso il seppur marginale danneggiamento per distacco dei fili conduttori» (così alla p. 1 del ricorso); si richiama precedente di legittimità stimato pertinente.
2.3. Mediante il terzo motivo M. P. si duole della violazione dell'art. 131-bis cod. pen.
Essendo, ad avviso della difesa, insussistenti le aggravanti contestate, si sarebbe in presenza di un furto semplice e, dunque, «trattandosi di danno di particolare tenuità e risarcito, ben poteva rientrare nel novero delle ipotesi prevista dall'art. 131 bis c.p.» (così alla p. 2 del ricorso).
2.4. Infine, con l'ultimo motivo il ricorrente denunzia ulteriore violazione di legge «in relazione alla omessa concessione della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria equivalente. La decisione impugnata contiene delle affermazioni assolutamente non condivisibili onde escludere la pena detentiva in quella pecuniaria equivalente. L'avere escluso "a priori" che il prevenuto non sia in grado di adempiere alla conversione è una affermazione non suffragata da alcun elemento oggettivo idoneo ad escludere la non solvibilità del prevenuto» (così alla p. 2 del ricorso).
Si chiede dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.
3.Il P.G. della S.C. di cassazione (dr.ssa M. D.) nelle conclusioni scritte del 18 maggio 2021 (ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella I. 18 dicembre 2020, n. 176) ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
1.Il ricorso è parzialmente fondato, nei limiti e per le ragioni di cui appresso.
2. Quanto al primo motivo, si osserva che il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6. cod. pen. (risarcimento del danno) non risulta essere stato chiesto con l'appello, sicchè la censura sul punto si risolve in un inammissibile - novum nel ricorso di legittimità; inoltre, alle pp. 2 e 4 della sentenza impugnata si dà atto del pagamento da parte dell'imputato di due bollette relative all'utenza in questione, pagamento che, però, si indica soltanto come "parziale".
3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la mancanza della violenza sulle cose, è manifestamente infondato, in quanto si tratta di violazione di legge che non risulta previamente denunciata con l'atto di appello.
Inoltre, esso è aspecifico perché non si confronta con le sentenze di merito, leggendosi alla p. 3 di quella di primo grado che «gli allacci sono risultati realizzati mediante rottura dei fili elettrici di somministrazione in favore del diverso appartamento, con collegamento dei medesimi sul sistema elettrico dell'appartamento dell'imputato» ed alla p. 4 che l'imputato ha ammesso i fatti.
4. Anche il terzo motivo risulta manifestamente infondato, poiché presuppone la esclusione delle aggravanti, non senza evidenziare che non risulta essere stata previamente chiesta l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.
5. Fondato risulta, invece, l'ultimo motivo.
La conversione della pena detentiva in pecuniaria, ritualmente domandata nell'atto di appello (terzo motivo), non è stata concessa dalla Corte di merito con la seguente, testuale ed integrale motivazione: «i precedenti che risultano dal certificato penale (omesso versamento delle ritenute e ricettazione in particolare) nonché l'entità della somma che risulterebbe per conversione della pena detentiva di mesi sei, non consentono di ritenere che l'imputato adempia la relativa obbligazione».
Osserva il Collegio quanto segue.
Premesso che la richiesta di conversione di pena detentiva in pecuniaria può essere avanzata per la prima volta anche in appello (Sez. 1, n. 15293 del 08/04/2021, V., Rv. 281064; Sez. 5, n. 53750 del 21/09/2018, B., Rv. 274165), come risulta accaduto nel caso di specie, e che il giudice di appello, investito della richiesta di conversione, è tenuto a fornire adeguata motivazione (Sez. 4, n. 46432 del 21/09/2018, A., Rv. 273932; Sez. 3, n. 37814 del 06/06/2013, Z., Rv. 256979), occorre dare continuità al principio di diritto che è stato già affermato in più occasioni dalla Corte di legittimità: Sez. 7, ord. n. 32381 del 28/10/2020, C. Rv. 279876, secondo cui «In tema di sostituzione di pene detentive brevi, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione, ai sensi dell'art. 53, legge 24 novembre 1981 n. 689, di una pena pecuniaria in sostituzione di una detentiva, pur essendo legata ai medesimi criteri previsti dall'art. 133 cod. pen. per la determinazione della pena, non implica necessariamente l'esame di tutti i parametri contemplati nella predetta norma. (Fattispecie di guida sotto l'influenza dell'alcool, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto dell'istanza di sostituzione sulla sola base di precedente specifico con pena sospesa)»; Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, O., Rv. 249717, per cui «Ai fini della sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria il giudice ricorre ai criteri previsti dall'art. 133 cod. pen.; tuttavia, ciò non implica che egli debba prendere in esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l'inefficacia della sanzione. (In applicazione del principio di cui in massima la S. C. ha ritenuto immune da censure la motivazione con cui il giudice di appello - confermando la decisione del Gup che aveva condannato l'imputato alla pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni personali - ha rigettato l'istanza di conversione, ritenendo la pena pecuniaria inadeguata alla gravità del fatto ed alla personalità dell'imputato, non esercitando la stessa efficacia afflittiva né rieducativa in presenza di un comportamento violento)»; e Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013, D., Rv. 256725, secondo cui «La valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall'art. 133 cod. pen., con la conseguenza che il giudice può negare la sostituzione della pena anche soltanto perchè i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, senza dovere addurre ulteriori e più analitiche ragioni».
Ebbene, fatta applicazione, appunto, del richiamato principi0, rileva il Collegio che la Corte di appello ha operato una valutazione di merito - che, di per sé, sarebbe insindacabile in questa sede - ai sensi dell'art. 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, incentrata su due aspetti:
A) la sussistenza di precedenti penali (con particolare riferimento ad omesso versamento di ritenute e ricettazione);
B) e la entità della somma che risulterebbe dalla conversione e che non consente di ritenere, ad avviso dei giudici di merito, che l'imputato adempia all’obbligazione.
Partendo dal secondo aspetto, non risulta chiaro il passaggio motivazionale circa la entità della somma che risulterebbe, in ipotesi, dalla conversione, entità da cui discende la convinzione circa il mancato futuro adempimento. Trascura, infatti, la Corte di appello che le condizioni economiche ipoteticamente disagiate dell'imputato, anche ove emerse nel processo (e ciò non risulta nel caso di specie), non possono essere prese in considerazione dal giudice, in quanto «La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell'art. 58, secondo comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 ("Modifiche al sistema penale"), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell'enunciare tale principio, la Corte ha affermato che, nell'esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve· tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche)» (Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010, G., Rv. 247274; in conformità le Sezioni semplici successive: v. Sez. 6, n. 36639 del 10/07/2014, S., Rv. 26Q333; Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016, B., Rv. 266639).
Non potendosi tenere conto, dunque, del riferimento alla - solo - possibile insolvenza del condannato, rimane l’indicazione di due precedenti, come si è detto aspecifici, aspetto embrionalmente posto ma non altrimenti sviluppato quanto alla valutabilità in termini ostativi degli stessi e, dunque, inidoneo a fondare il diniego di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.
2.Consegue, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa alla conversione della pena detentiva, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze; rigetto nel resto.
Si dichiara, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla conversione della pena detentiva e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.
Rigetta nel resto.
Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.