
La decadenza dalle agevolazioni contributive di cui all'art. 16 L. n. 196/1997 si concretizza solo quando l'inadempimento sia obiettivamente rilevante nei termini di seguito indicati.
La Corte d'Appello accoglieva l'impugnazione proposta dall'INPS contro la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal datore di lavoro vertente sull'accertamento che, contrariamente a quanto contestato mediante verbale ispettivo, non si era verificata alcuna decadenza dalle agevolazioni contributive con riferimento a un suo apprendista...
Svolgimento del processo
Con sentenza numero 860/2014, la Corte d'appello di Firenze ha accolto l'impugnazione proposta dall'Inps avverso la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da L. P. avente ad oggetto l'accertamento che, contrariamente a quanto contestato con verbale ispettivo, non si era verificata la decadenza dalle agevolazioni contributive relative ad una apprendista dipendente del P. che non aveva partecipato alla formazione esterna all'azienda, benché convocata dal Centro per l'impiego di Lucca;
la Corte d'appello, richiamando propri precedenti analoghi, ha affermato: a) che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 53 commi III E IV, sulla cui scorta il giudice di primo grado aveva accolto la domanda avendo accertato che la mancata partecipazione ai corsi di formazione professionale era dipesa da esclusiva scelta dell'apprendista e non dalla condotta datoriale, coesisteva con la L. n. 196 del 1997, art. 16 non comportandone l'implicita abrogazione; b) quest'ultima disposizione aveva ad oggetto la sola mancata partecipazione dell'apprendista ai corsi di formazione esterna, mentre l'art. 53 cit. descriveva la più grave fattispecie della mancanza di formazione e cioè quella della mera simulazione del rapporto di apprendistato; c) poteva in concreto accadere che, come nel caso di specie, non fosse contestata la mancata formazione dell'apprendista ma semplicemente la mancata frequenza ai corsi esterni di apprendimento; d) né a diversa soluzione induceva il fatto che l'art. 53 cit., prevedesse un meccanismo sanzionatorio per la sola ipotesi di mancata formazione dipendente da esclusiva responsabilità del datore di lavoro; e) la decadenza dalle agevolazioni contributive sarebbe comminata oggettivamente in base alla previsione della l. n. 196 del 1997, art. 16, comma 2, la quale recita "ai contratti di apprendistato conclusi a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le relative agevolazioni contributive non trovano applicazione nel caso di mancata partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna l'azienda previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro proposte formalmente all'azienda da parte dell'amministrazione pubblica competente; avverso tale sentenza L. P. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi di censura;
l'Inps ha resistito con controricorso;
Motivi della decisione
Con il primo motivo, richiamando l'art. 360, primo comma nn. 3 e 5, c.p.c., viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. e l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e ciò in quanto la sentenza impugnata non ha esaminato l'eccezione di inammissibilità dell'atto di appello nonostante la puntuale illustrazione contenuta nella memoria di costituzione, essendo stato rilevato il mutamento della causa petendi posto in essere dall'INPS che in primo grado aveva fondato la pretesa contributiva sul disposto dell'art. 53 d.lgv. n. 276 del 2003 ed in appello su quello dell'art. 16 I. n. 196/1997;
con il secondo motivo, sempre richiamando l'art. 360, primo comma nn. 3 e 5, c.p.c., si deduce la violazione e o falsa applicazione dell'art. 16 I. n. 196/1997 e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ragione del fatto che il citato articolo 16 sanzionava con la perdita dei benefici contributivi non la mancata partecipazione a qualsiasi corso di formazione esterna proposto dalla PA, ma solo ed esclusivamente la mancata partecipazione a quelle iniziative formative extra aziendali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro ed il contratto collettivo artigiani e parrucchieri, applicato dall'esponente nel periodo per cui è causa, non prevedeva alcuna formazione esterna;
con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e o la falsa applicazione della L. n. 196 del 1997, art. 16, in combinato disposto con l'art. 11 I. n. 25 del 1955, nel presupposto che la sentenza impugnata riposi sulla ulteriore ratio decidendi del mancato adempimento dell'obbligo formativo scaturente direttamente dalla legge del 1955 e dalla formale proposta programmata dalla P.A; il ricorrente evidenzia che il disposto dell'art. 11 della legge n. 25 del 1955, se impone un obbligo di collaborazione con la pubblica amministrazione preposta ai corsi integrativi, non sanziona la mancata osservanza con la revoca delle agevolazioni contributive ma solo con una sanzione amministrativa;
con il quarto motivo si denuncia la violazione e o la falsa applicazione dell'art. 53 del D.Lgs. n. 276 del 2003 (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione al fatto che la sentenza impugnata non aveva colto l'efficacia innovativa della disposizione citata, realizzata attraverso la previsione della decadenza dal diritto alle agevolazioni contributive in seguito alla mancata partecipazione ad attività formativa che sia riconducibile alla volontà datoriale, essendo dunque erronea l'interpretazione data dalla Corte territoriale incentrata sulla inesistente differenziazione tra formazione interna e formazione esterna;
il primo motivo è inammissibile;
il ricorrente lamenta il mancato accoglimento dell'eccezione di inammissibilità dell'appello che la stessa parte aveva sollevato in relazione al fatto che l'Inps aveva invocato, in primo grado, il disposto dell'art. 53 d.lgv. n. 276 del 2003 e, solo in appello, quello dell'art. 16 I. n. 196 del 1997;
si sostiene che il richiamo a ciascuna delle due disposizioni da parte dell'INPS, per le diverse situazioni in fatto che le stesse presuppongono, implichi necessariamente una modifica sostanziale del thema decidendum con inevitabile violazione dell'art. 345 c.p.c.;
la formulazione del motivo non tiene in alcuna considerazione che, per stessa ammissione del ricorrente alla pagina 4 del ricorso, la questione dell'applicabilità dell'art. 53 d.lvo n. 276 del 2003 ed in subordine dell'art. 16 l. n. 196/1997 era stata introdotta dallo stesso opponente sin dal primo grado di giudizio; entrambe le fattispecie integravano il thema decidendum con la conseguenza che la condotta processuale dell'INPS, sia in primo grado che in appello, non ha per nulla ampliato o modificato i termini della questione giuridica oggetto dell'opposizione al verbale di accertamento;
sotto altro profilo, il ricorrente non riporta i contenuti degli atti processuali dai quali dovrebbe evincersi una diversa lettura dei contenuti del giudizio di primo grado e la illegittima introduzione di nuove domande o eccezioni non rilevabili d'ufficio, per cui anche per tali ragioni il motivo risulta carente di specificità ai sensi dell'art. 366 n. 6 c.p.c. e quindi inammissibile;
i restanti motivi sono connessi e vanno trattati congiuntamente;
essi sono da accogliere in continuità con quanto già affermato su fattispecie analoghe da Cass. n. 8564 del 2018 e n. 1510 del 2021 nei termini che seguono;
a seguito dell’introduzione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 53 non si è verificata una forma di abrogazione implicita della L. n. 196 del 1997, art. 16;
il ricorrente propugna tale soluzione posto che la decadenza dai benefici contributivi previsti per il contratto di apprendistato potrebbe derivare solo dall'ipotesi (non riferibile al caso di specie) in cui si sia verificato l'inadempimento del datore di lavoro nel fornire la formazione dovuta, prevedendo l'art. 53, comma 3, cit. (abrogato dal D.Lgs. n. 14 settembre 2011, n. 167), nella formulazione vigente ratione temporis, che: "In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione, restano fermi gli attuali sistemi di incentivazione economica la cui erogazione sarà tuttavia soggetta alla effettiva verifica della formazione svolta secondo le modalità definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui all'art. 48, comma 2, art. 49, comma 1 e art. 50, comma 1, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100 per cento. La maggiorazione così stabilita esclude l'applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione";
è evidente che tale disposizione si riferisce alla ipotesi in cui lo schema dell'apprendistato non si sia realizzato per la mancata formazione dell'apprendista che sia totalmente da attribuire alla condotta inadempiente del datore di lavoro;
tale presupposto non coincide con quello posto a base della fattispecie di cui alla L. n. 197 del 1996, art. 16 applicabile ratione temporis (abrogato dal D.Lgs. n. 14 settembre 2011, n. 167), là dove è previsto al comma 2, che "Ai contratti di apprendistato conclusi a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le relative agevolazioni contributive non trovano applicazione nel caso di mancata partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna all'azienda prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro proposte formalmente all'impresa da parte dell'amministrazione pubblica competente";
in questo caso la disposizione non presuppone che non si sia realizzata, integralmente e per causa del datore di lavoro, la finalità formativa, ma solo che il lavoratore apprendista non abbia partecipato alle iniziative formative proposte dalla autorità competenti;
la differenza dell'ambito di operatività delle due fattispecie, l'espressa previsione dell'art. 53, comma 4, cit. di voler mantenere ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni e integrazioni, dimostrano che in effetti la disposizione contenuta nell'art. 16 cit., durante la vigenza dell'art. 53 cit., è rimasta pienamente in vigore, non essendosi verificata alcuna ipotesi di sostanziale incompatibilità tra le due disposizioni che abbia determinato l'abrogazione implicita della prima e non potendosi ritenere tale effetto frutto di una complessiva riformulazione della disciplina previdenziale dell'apprendistato;
nel presente giudizio non si mette in dubbio, quanto al fatto storico oggetto di contestazione, che si versi nell'ipotesi regolata dalla L. n. 196 del 1997, art. 16, comma 2, ma, come questa Corte ha già affermato nella citata sentenza n. 8564 del 2018, non può condividersi l'interpretazione che di tale disposizione ha fornito la sentenza impugnata;
in particolare, la logica rigorosamente oggettiva ed unitaria dell'inottemperanza dell'obbligo formativo c.d. esterno, previsto dalla norma citata, assunta dalla Corte di merito a fondamento della interpretazione della normativa sulla decadenza del diritto alle agevolazioni contributive, non appare coerente con l'impianto normativo, la ratio e la coerenza argomentativa interna, potendo portare ad assurde conseguenze come nel caso in cui si desse rilievo ad una mancata minima frequenza - non preclusiva del raggiungimento dell'obiettivo formativo che costituisce l'elemento essenziale che vale a caratterizzare il contratto di apprendistato - per derivarne la decadenza dalle agevolazioni per l'intero rapporto; che per la stessa L. n. 196 del 1997, può arrivare a durare fino a quattro anni e fino a sei anni in caso di lavoratore portatore di handicap;
in tal senso muove anche il fatto che la norma non contempli espressamente la decadenza dalle agevolazioni contributive accordate per l'intera durata del contratto di apprendistato, né preveda la sanzione della conversione del rapporto di apprendistato in lavoro subordinato ordinario, a fronte di una qualsiasi inosservanza dell'obbligo formativo;
allo scopo occorre quindi fare riferimento alle regole di carattere generale applicate dalla giurisprudenza (cfr. Cass. sentenza n. 3344/2015 e n. 1324/2015) ai fini della conversione del contratto di apprendistato o di formazione lavoro; onde la previsione della decadenza dalle agevolazioni contributive stabilita dall'art. 16 cit., può ritenersi realizzata, e per tutto il periodo di durata del contratto, solo nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda, l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto; ed in questa seconda ipotesi il giudice deve quindi valutare in base ai principi la gravità dell'inadempimento, giungendo a dichiarare la decadenza dalle agevolazioni in discorso in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza;
la sentenza deve essere quindi cassata e la causa rinviata per un nuovo esame al giudice indicato in dispositivo il quale si atterrà al principio sopra formulato e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie i restanti, cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.