Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza impugnata .il Tribunale del riesame di Napoli, adito ai sensi dell'art. 309, cod. proc. pen. - in parziale riforma del provvedimento di custodia cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari nei confronti di P. A. - ha annullato l'ordinanza genetica in relazione al reato di cui all'art. 319 cod. pen., mentre ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella del divieto temporaneo di esercitare attività di impresa per un anno, per i residui reati di cui agli artt. 110-353-bis cod. pen. e artt. 110-476-479 cod. pen..
I giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di P. A., per avere, in concorso con i pubblici funzionari D. F., assistente amministrativo in servizio presso il D.S.M. dell'ASL di C., S. P., assistente tecnico della ASL di C. e referente tecnico del D.S.M., C. L., dirigente del D.S.M. della ASL di C.:
- turbato il procedimento amministrativo, promosso dalla ASL di C., volto a scegliere l'impresa appaltatrice della fornitura di opere e apparecchiature per il centro diurno (omissis); procedimento che si era concluso con l'affidamento diretto, senza gara, di un appalto del valore complessivo di 159.000,00 euro in favore della società DI. s.r.l. riconducibile all'indagato (capo 27 della incolpazione provvisoria);
- falsificato le determine dirigenziali a firma di C. L. nella parte in cui detti atti pubblici avevano attestato la sussistenza di ragioni di urgenza, in realtà inesistenti, presupposto che aveva consentito l'affidamento diretto dell'appalto (capo 27.1).
2. Avverso il provvedimento ricorre P. A., tramite il proprio difensore, articolando due motivi con il ricorso principale e un ulteriore motivo aggiunto.
2.1. Con il primo motivo principale e con quello "aggiunto" eccepisce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l'inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate.
Il ricorrente lamenta l'inosservanza del divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen., nonché la mancanza di motivazione del decreto autorizzativo del 7 novembre 2018.
2.1.1. Sul primo profilo, il ricorrente, invocando i principi dettati dalle Sezioni Unite C. (sentenza n. 51 del 2020), osserva che non ricorrerebbe alcuna ipotesi di connessione qualificata, ex art. 12 cod. proc. pen., tra i reati per i quali l'intercettazione è stata disposta con decreto del 7 novembre 2018 e quelle contestate al P.; al riguardo evidenzia che certamente non ricorrono i casi di cui all'art. 12 lett. a) e c), cod. proc. pen., ma neppure sarebbe ravvisabile il caso del reato continuato di cui alla lettera b) del citato articolo, giacché solo l'identità di tutti i compartecipi assicurerebbe l'unità del processo volitivo.
Sottolinea:
- che non emerge dagli atti la consapevolezza del P. circa l'esistenza di uno stesso disegno criminoso da parte dei coindagati;
- che il decreto autorizzativo del 7 novembre 2018 non si occupa della turbativa d'asta;
- che alla data del 7 novembre 2018 "sarebbe stato impossibile per il GIP vagliare indizi di reità a carico del P. [ ... ] in relazione a condotte di reato che il ricorrente non aveva (ancora) neppure posto in essere".
2.1.2. Circa il secondo profilo di doglianza, il ricorrente lamenta che il decreto autorizzativo del 7 novembre 2018 sarebbe privo di adeguata motivazione sui seguenti essenziali requisiti: indispensabilità delle intercettazioni, gravità indiziaria; collegamento tra l'indagine in corso e la persona la cui utenza è stata sottoposta a intercettazione.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., carenza e illogicità della motivazione in punto di ritenuto concorso di A. P., quale extraneus, nei "reati propri" di cui agli artt. 353- bis e 479, cod. pen., commessi dai pubblici funzionari.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo (e quello aggiunto) sono, nel complesso, infondati.
2.1. Il ricorrente denuncia anche vizio di motivazione sulla risoluzione della questione di inutilizzabilità delle intercettazioni.
Tuttavia il vizio argomentativo sull'errare in procedendo non è deducibile, poiché, qualora sia sottoposta allo scrutinio della Corte di cassazione la correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sui quali esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla.
Spetta, dunque, a questo collegio verificare se, a fondamento della ordinanza cautelare impugnata, siano stati illegittimamente utilizzati risultati di intercettazioni disposte in "altro procedimento" o disposte con decreto autorizzativo privo di motivazione.
2.2. La prima eccezione - che involge l'ambito di operatività dell'art. 270 cod. proc.. pen. - è infondata.
Secondo il ricorrente, sarebbero inutilizzabili, nei suoi confronti, gli esiti delle intercettazioni da cui il giudice di merito ha tratto gravi indizi di colpevolezza a suo carico quale concorrente esterno nei reati di cui agli artt. 110-353-bis cod. pen. e artt. 110-476-479 cod. pen., commessi dai pubblici ufficiali favorendo, nella assegnazione di un appalto, la sua impresa, DI. s.r.l..
A sostegno di tale affermazione la difesa osserva che:
- il decreto di autorizzazione delle intercettazioni del 7 novembre 2018 riguardava altri fatti-reato (corruzione e falsi) posti in essere dai pubblici ufficiali a beneficio di altro soggetto, mentre le condotte ascritte al ricorrente sono successive alla data del decreto e sono state scoperte occasionalmente nel corso delle operazioni di intercettazione;
- non ricorre alcuno dei casi fondanti il legame sostanziale di cui all'art. 12 lett. b) cod. proc. pen., richiesto dalle Sezioni Unite C. (sentenza n. 51 del 2020), poiché, escluse pacificamente le ipotesi di cui alle lettere a) e c), la medesimezza del disegno criminoso di cui alla lettera b) deve essere comune a tutti i correi, mentre il ricorrente era inconsapevole del programma criminoso ordito dai pubblici ufficiali.
Questo collegio dissente da tale impostazione.
2.2.1. Si impone una premessa chiarificatrice.
Torna applicabile, ratione temporis, la disciplina anteriore alla nuova formulazione dell'art. 270 cod. proc. pen.; i delitti qui in rilievo non rientrano nel novero di quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, mentre rispondono alle condizioni di cui all'art. 266 cod. pen..
Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite C. (sentenza n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020), il divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata "ab origine" disposta.
A questa conclusione le Sezioni unite sono pervenute interrogandosi su quale «legame sostanziale» tra il reato per cui l'autorizzazione all'intercettazione è stata concessa e il reato emerso grazie ai risultati di tale intercettazione renda quest'ultimo reato riconducibile al provvedimento autorizzatorio e, dunque, in linea con l'art. 15 Cost., che vieta "autorizzazioni in bianco".
Il quesito è stato risolto nel senso che detto legame sostanziale è ravvisabile nella connessione ex art. 12 cod. proc. pen.
In sostanza per "diversi procedimenti", ex art. 270 cod. proc. pen., devono intendersi "diversi reati" che non siano connessi ex art. 12 cod. proc. pen. a quelli per i quali l'intercettazione è stata autorizzata. Vale a dire: solo la connessione "sostanziale" tra reati, rilevante ex art. 12 cod. proc. pen., fonda la categoria di "stesso procedimento" idonea a paralizzare l'operatività dell'art. 270 cod. proc. pen. Ergo il decreto autorizzativo "copre" sia quello specifico fatto - reato (già accaduto e sostenuto da «gravi indizi»), per il quale viene emesso, sia ulteriori fatti-reato (anche successivamente commessi, purché ricompresi nel novero dell'art. 266 cod. pen.) che siano legati al primo da una "connessione qualificata" espressa dai casi indicati dall'art. 12 cod. proc. pen.:
- reato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o il caso di più persone che, con condotte indipendenti, hanno determinato l'evento (lett. a);
- persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (lett. b);
- reati commessi per eseguire o per occultare gli altri (lett. c).
Di contro, per individuare lo "stesso procedimento", non è sufficiente un nesso di natura "formale" o "occasionale", quale quello derivante dal collegamento delle indagini ai sensi dell'art. 371 cod. proc. pen., dall'appartenenza ad un medesimo contesto (o "filone") investigativo, dal medesimo numero di iscrizione del fascicolo processuale.
2.2.2. Fermi questi principi, enucleati dalle Sezioni Unite C., è opportuno chiarire, anzitutto, che quando si parla di "reato" si fa riferimento non al "titolo di reato" (come invece sembra ritenere il giudice per le indagini preliminari) ma al "fatto-reato", inteso come determinato accadimento storico inquadrabile in una fattispecie criminosa.
In secondo luogo occorre precisare che il rapporto di connessione qualificata, ex art. 12 cod. proc. pen., riguarda i fatti-reato nella loro espressione oggettiva, mentre, ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, resta irrilevante la posizione soggettiva degli autori.
Ciò in ossequio al più generale principio che governa la materia delle intercettazioni, in forza del quale l'autorizzazione del giudice concerne uno e più fatti-reato nella loro materialità, mentre sono indifferenti i destinatari del decreto autorizzativo.
Invero i gravi «indizi di reato» (e non di reità) che, ai sensi dell'articolo 267 cod. proc. pen., costituiscono presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, attengono all'esistenza dell'illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto (cfr. tra le ultime Sez. 1 n. 2568 del 18/09/2020, dep. 2021, M., Rv. 280354).
D'altra parte rappresentano regole indiscusse quelle per cui: le intercettazioni possono essere disposte in un procedimento a carico di ignoti e nessuno mette in dubbio che i relativi esiti siano utilizzabili nei confronti degli autori del reato successivamente individuati; allo stesso modo possono essere autorizzate intercettazioni verso le vittime del reato, senza limiti soggettivi di utilizzabilità.
Tornando al tema qui in rilievo è stato affermato che la «disciplina di utilizzabilità afferisce alla diversità dei reati, non alla diversità dei soggetti tutti concorrenti nel medesimo reato. Invero, le intercettazioni non richiedono che gli indizi di reato siano individualizzanti: i presupposti dell'attività di intercettazione sono riferiti alla esistenza del reato e non alla responsabilità dei singoli concorrenti» (cfr. in motivazione Sez. 5 n. 1757 del 17/12/2020, dep. 2021, L.).
Quindi, anche nell'ottica della indagine sulla unicità o alterità dei procedimenti ai fini dell'art. 270 cod. proc. pen., è erroneo richiamare la posizione di uno dei concorrenti rispetto al fatto-reato, perché la "visuale" soggettiva non è pertinente all'istituto in esame.
Ne consegue che non ha pregio l'osservazione del ricorrente circa l'assenza di indizi di reità a suo carico, al momento della emissione del decreto autorizzativo (7 novembre 2018).
Per analoghe ragioni non può essere accolta la tesi difensiva secondo cui, in caso di concorso di più persone in plurimi reati, la connessione ex art. 12 lett. b), cod. proc. pen., richiederebbe, ai fini in rassegna, l'unitarietà del processo volitivo sì che "anche laddove sia configurabile connessione tra diverse fattispecie di reato la stessa non può essere estesa al ricorrente ignaro del programma criminoso complessivo" (così testualmente il ricorso).
A quest'ultimo riguardo si rende opportuna una ulteriore precisazione, onde fugare possibili equivoci.
In tema di competenza per connessione la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, in ipotesi di connessione oggettiva fondata sull'astratta configurabilità del vincolo della continuazione fra le analoghe, ma distinte, fattispecie di reato ascritte a diversi imputati, l'identità del disegno criminoso perseguito è idonea a determinare lo spostamento della competenza per connessione, solo se l'episodio o gli episodi in continuazione riguardino lo stesso o - se sono più di uno - gli stessi imputati, giacché l'interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale secondo le regole ordinarie della competenza (cfr. Sez. 2, n.49520 del 29/11/2019, L.E., non mass.; Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, B., Rv. 275519; Sez. 2, n. 17090 del 28/02/2017, B., Rv. 269960; Sez. 6, n. 914 del 16/03/1999, Rv. 214782). Nel medesimo senso si sono espresse le Sezioni Unite (sentenza n. 53390 del 26/10/2017) quando hanno affermato che - a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 12, lett, c) cod. proc. pen. - quella di cui all'art. 12 lettera b) (concorso formale e continuazione) richiede la coincidenza degli autori dei reati.
È opinione del collegio che questo principio, data la ratio ispiratrice, rimanga circoscritto all'ambito processuale dello spostamento di competenza per connessione, ma non assurga a criterio assoluto e, in particolare, non sia idoneo a incidere sulla nozione di "connessione" intesa come "legame sostanziale" tra reati, rilevante in tema di intercettazioni.
Ciò in ragione della essenza e della ratio dell'istituto in rilievo, sopra poste in risalto in termini che trovano autorevole conferma in alcuni passaggi motivazionali delle citate Sezioni Unite C. (cfr. paragrafo 11):
- «la connessione ex art. 12 cod. proc. pen. riguarda [... ] procedimenti tra i quali esiste una relazione in virtù della quale la regiudicanda oggetto di ciascuno viene, anche in parte, a coincidere con quella oggetto degli altri»;
- questa «connessione sostanziale - prima ancora che processuale - sussiste in presenza [ ... ] di un reato continuato (lett. b), in considerazione del requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione è necessario che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali»;
- «in caso di imputazioni connesse ex 12 cod. proc. pen., dunque, il procedimento relativo al reato per il quale l'autorizzazione è stata espressamente concessa non può considerarsi "diverso" rispetto a quello relativo al reato accertato in forza dei risultati dell'intercettazione. La parziale coincidenza della regiudicanda oggetto dei procedimenti connessi e, dunque, il legame sostanziale - e non meramente processuale - tra i diversi fatti-reato consente di ricondurre ai «fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede» (Corte cast., sent. n. 366 del 1991), di cui al provvedimento autorizzatorio dell'intercettazione, anche quelli oggetto delle imputazioni connesse accertati attraverso i risultati della stessa intercettazione: il legame sostanziale tra essi, infatti, esclude che l'autorizzazione del giudice assuma la fisionomia di un'autorizzazione in bianco"».
Osserva questo collegio che se le intercettazioni attengono al fatto-reato nella sua oggettività, se la identità del procedimento si fonda sul «legame sostanziale» dei reati, se questo legame è indipendente dalla vicenda procedimentale, discende che l'identità del disegno criminoso deve "tenere legati" i fatti-reato, ma non necessariamente tutti i compartecipi.
Va pertanto affermato il seguente principio: «In base alla disciplina applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, antecedente alla riforma introdotta dal d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, i risultati delle intercettazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono utilizzabili anche per ulteriori fatti reato legati al primo ex art. 12, lett. b), cod. proc. pen., vale a dire quando, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi siano stati già programmati (da uno o alcuno dei correi) almeno nelle loro linee essenziali, senza necessità che il disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi».
2.2.3. Nel caso in rassegna, le intercettazioni della cui utilizzabilità si discute sono state autorizzate con decreto del 7 novembre 2018 in relazione a reati di falso, corruzione e turbata libertà degli incanti (condotta, quest'ultima, espressamente esaminata nel decreto e nella richiesta del PM che il decreto richiama), reati commessi da alcuni funzionari della ASL di C. (tra cui Della Ventura Francesco, S. P. e C. L.) al fine di assicurare le commesse pubbliche a determinate imprese con affidamento diretto, senza gara (il decreto riguarda specificamente l'appalto in favore della "MC. s.r.l." riferibile a M. A.).
Analoghi reati - addebitati ai medesimi pubblici ufficiali e all'odierno ricorrente (titolare di un'altra impresa beneficiaria, la DI. s.r.l.) - sono emersi successivamente, nel corso di quelle intercettazioni.
Come osserva, condivisibilmente, il Tribunale del riesame, quei reati oggetto del decreto autorizzativo presentano una connessione qualificata, ai sensi dell'art. 12 lett. b), cod. proc. pen., con i reati di cui ai capi 27 e 27.1. della incolpazione provvisoria (qui in esame), trattandosi di condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, desumibile dalla identità dei pubblici ufficiali coinvolti, dalla stretta correlazione temporale e dalla omogeneità delle condotte. Poco importa, per il principio di diritto sopra affermato, se l'indagato abbia condiviso o meno il programma ideato dai correi.
2.3.4. In conclusione, nella specie, si verte nell'ipotesi di "stesso procedimento" che paralizza l'operatività del divieto di utilizzabilità previsto dall'art. 270 cod. proc. pen..
2.4. La doglianza -proposta con il primo motivo e con il motivo aggiunto - sulla motivazione del decreto autorizzativo del 7 novembre 2018 è manifestamente infondata.
Il decreto contiene una adeguata motivazione (anche nel richiamo alla richiesta del Pubblico ministero e alla informativa del Nas di C. del 25 settembre 2018) su tutti i presupposti necessari per procedere alla intercettazione (gravità indiziaria, indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini).
Il decreto espone, inoltre, le ragioni del collegamento tra l'indagine in corso e le persone la cui utenza viene intercettata, spiegando che:
R. P. gestisce alcune strutture riabilitative unitamente all'indagato C. L., direttore del dipartimento di salute mentale dell'ASL di C.;
a carico di S. P. sono emersi profili di responsabilità in ordine al delitto di turbata libertà degli incanti oggetto di indagine;
tale A. (poi identificato in M. A.), utilizzatore dell'utenza intestata alla MC. srl, discute con il pubblico funzionario Della Ventura Francesco circa l'assegnazione illecita di appalti da parte della ASL di C..
3. Il secondo motivo è inammissibile sotto vari, concorrenti aspetti.
3.1. La Corte di cassazione non può rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare (genetico e del riesame), poiché in tale ambito il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, P., Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, D., Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, L., Rv. 252178), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell'adeguatezza della motivazione sugli elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (per tutte Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, A., Rv. 215828).
Nella specie la motivazione del provvedimento impugnato è immune da manifeste illogicità, mentre deve rilevarsi l'inammissibilità della richiesta di rivedere le circostanze di fatto, ampiamente illustrate dal Tribunale del riesame, concernenti la ricostruzione dell'intero quadro indiziario che ha portato a ravvisare il concorso del ricorrente nei reati propri dei pubblici ufficiali, in ragione della sussistenza di un accordo tra tutti i compartecipi.
3.2. Il ricorso è affetto da genericità, laddove lamenta la mancata valutazione della posizione di extraneus dell'indagato.
I gravi indizi di colpevolezza vengono tratti dalla ritenuta partecipazione del P. a un accordo con i pubblici ufficiali autori materiali delle condotte illecite.
Accordo desunto da una serie di elementi indiziari concordanti (ben nove) che vengono indicati nell'ordinanza impugnata (pagg. 24-27) con i quali il ricorso evita di misurarsi.
Il Tribunale prende in esame in modo specifico gli argomenti difensivi esposti nella memoria scritta depositata al termine dell'udienza di trattazione del gravame, esponendo le ragioni per le quali li reputa ininfluenti (pagg. 28 e 29 per capo 27 e pagina 30 per capo 27.1.).
4. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.