Avendo ritenuto l'assunzione della testimonianza della persona offesa in un procedimento per reato di violenza sessuale inutile e irrilevante, il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avanzata dal P.M. non può dirsi abnorme.
Il GIP presso il Tribunale di Genova rigettava l'istanza avanzata dal P.M. di incidente probatorio ai fini dell'assunzione della testimonianza della persona offesa in un procedimento per reato di violenza sessuale commesso ai danni di quest'ultima quando aveva meno di 10 anni.
Contro tale ordinanza, il Procuratore della Repubblica propone ricorso per cassazione,...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 24 novembre 2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova ha rigettato l'istanza di incidente probatorio avanzata dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., al fine di assumere la testimonianza di T. V., persona offesa in un procedimento per il reato di violenza sessuale contestato come commesso ai suoi danni quando era minore di anni dieci.
2. Avverso l'ordinanza il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo di doglianza, l'abnormità del provvedimento, in quanto assunto in violazione dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen. A parere del ricorrente, l'interpretazione della disposizione maggiormente rispondente alle intenzioni del legislatore, nonché all'assetto costituzionale e convenzionale, sarebbe quella secondo cui, nel caso in cui si richieda di procedere ad incidente probatorio per l'assunzione della testimonianza della persona offesa presunta vulnerabile, in materia di delitti di violenza sessuale, il giudice non avrebbe alcun potere discrezionale nel valutarne l'opportunità, sicché dovrebbe sempre accogliere tale richiesta qualora sussistano i requisiti processuali prescritti. Al contempo, il ricorrente dà atto dell'esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale che escluderebbe un siffatto automatismo, prevedendo una discrezionalità di ammissione della prova in capo al GIP investito della richiesta di incidente probatorio, purché effettui un bilanciamento degli interessi contrapposti e specifichi, in caso di rigetto, l'interesse preminente rispetto a quello di protezione della vittima dai rischi di vittimizzazione secondaria. Tuttavia, ad avviso del ricorrente, anche qualora si accogliesse quest'ultima esegesi, l'ordinanza sarebbe parimenti illegittima non avendo il giudice effettuato tale bilanciamento. Sarebbe inoltre violato l'art. 190, cod. proc. pen., nella parte in cui stabilisce che il giudice ha facoltà di esclusione delle sole prove vietate dalla legge e manifestamente superflue ed irrilevanti, ossia sovrabbondanti o inidonee a provare il fatto rilevante del processo. Il ricorrente sostiene che la motivazione del provvedimento è totalmente carente sul punto, in quanto il giudice ha rigettato la richiesta di incidente probatorio senza motivare sulla superfluità o irrilevanza della prova, basandosi, al contrario, sulla presunzione che un'eventuale escussione della minore non avrebbe portato elementi probatori nuovi rispetto a quelli già emersi. Una simile valutazione del materiale istruttorio non rientrerebbe, secondo il ricorrente, nei poteri attribuiti all'organo giudicante, chiamato a pronunciarsi sull'ammissibilità della prova e non a fornire un giudizio di merito in ordine alla stessa. Di qui, l'abnormità dell'ordinanza, in quanto espressione di un potere esercitato al di là di ogni ragionevole limite e al di fuori dai casi consentiti dalla legge.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Preliminarmente è doveroso richiamare la lunga elaborazione compiuta dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Rv. 273581; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, Rv. 246910; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Rv. 243590; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, Rv. 238240; Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Rv. 231163; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, Rv. 217760; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, Rv. 217244; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Rv 215094; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, Rv. 209603; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, Rv. 208221; Sez. U, n. 7 del 26/04/1989, Rv. 181303) sfociata nella conclusione per cui può ritenersi abnorme il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ovvero che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. In tal senso si è altresì precisato come il vizio di abnormità possa riguardare sia il profilo strutturale, allorché l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo.
1.2. Ciò premesso, deve anzitutto ribadirsi che, per il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, l'ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio è inoppugnabile (ex multis Sez. 5, n. 49030 del 17/07/2017, Rv. 271776) e che non può essere considerata abnorme, costituendo l'estrinsecazione di un potere discrezionale del giudice e risultando inidonea a paralizzare lo sviluppo processuale (ex multis, Sez. 2, n. 47075 del 13/11/2003, Rv. 227086; Sez. 4, n. 2678 del 30/11/2000, Rv. 218480). E tali consolidati principi non conoscono eccezione solo perché l'incidente probatorio viene promosso ai sensi del comma 1-bis dell'art. 392 cod. proc. pen., come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Sez. 3, n. 21930 del 13/03/2013, Rv. 255483).
1.3. Nel ribadire anche quest'ultimo principio, il Collegio non ritiene di poter condividere quanto il ricorrente ha inteso sostenere richiamando l'orientamento giurisprudenziale della Terza sezione penale, reso nella pronuncia n. 34091 del 16/05/2019, Rv. 277686, secondo cui sarebbe invece abnorme l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che, in ragione dell’assenza di motivi di urgenza che non consentano l'espletamento della prova nel dibattimento, respinga l'istanza del pubblico ministero di incidente probatorio presentata ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., per l'assunzione della testimonianza della vittima di uno dei reati elencati dalla disposizione citata (che nella specie era quello di violenza sessuale), con ciò sostanzialmente disapplicando una regola generale di assunzione della prova, prevista in ottemperanza agli obblighi dello Stato derivanti dalle convenzioni internazionali per evitare la vittimizzazione secondaria - fenomeno, quest'ultimo, definito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 92 del 21/02-27/04/2018 come quel processo che porta il testimone persona offesa «a rivivere i sentimenti di paura, ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto» - delle persone offese di reati sessuali. Invero, tale statuizione è stata ripresa da un'altra pronunzia della stessa Terza Sezione penale, la n. 47572 del 10/10/2019, Rv. 277756, la quale ha ritenuto parimenti abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di assunzione della testimonianza della persona offesa nelle forme dell'incidente probatorio ai sensi del citato comma 1- bis dell'art. 392, cod. proc. pen., perché non preceduta dall'acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da parte della medesima persona offesa, in quanto tale motivazione frustrerebbe la ratio della norma, tesa ad impedire, per l'appunto, il rischio di vittimizzazione secondaria del dichiarante. Entrambe le pronunce citate assegnano al giudice un vero e proprio obbligo di ammettere l'incidente probatorio finalizzato all'assunzione della deposizione di un soggetto vulnerabile richiesto ai sensi del comma 1-bis dell'art. 392 cod. proc. pen., consentendogli di respingere la relativa richiesta esclusivamente qualora rilevi il difetto dei presupposti normativamente configurati che legittimano l'anticipazione dell'atto istruttorio - e cioè che la richiesta provenga dal pubblico ministero o dall'indagato, che venga presentata nel corso delle indagini preliminari per uno dei reati elencati dalla disposizione citata, che abbia ad oggetto la testimonianza di un minore ovvero di un maggiorenne, se si tratta della persona offesa del reato o di soggetto che versa in stato di particolare vulnerabilità - anche in assenza delle condizioni generali stabilite dal primo comma dello stesso articolo. In definitiva, si afferma che il giudice, nel caso di specie, sarebbe titolare di un mero onere di verifica della legittimità della richiesta e, invece, privato di qualsiasi potere di valutarne la fondatezza in riferimento agli ordinari indici di ammissione della prova previsti dal primo comma dell'art. 190 cod. proc. pen.
1.4. Tale interpretazione del sistema normativo di riferimento non può essere seguita. Al contrario, risulta pienamente condivisibile da questo Collegio un diverso orientamento di legittimità, riconducibile ad una recente pronuncia della Quinta Sezione penale, la n. 2554 dell'11/12/2020, che, in senso del tutto opposto, ritiene che non sia abnorme il provvedimento con cui il Giudice delle indagini preliminari rigetti la richiesta di esame in incidente probatorio, ex art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., della persona offesa minore d'età in ragione della rilevata superfluità o irrilevanza della prova, trattandosi di provvedimento che non determina la stasi del procedimento né si pone fuori dal sistema processuale.
1.5. L'accoglimento di questo diverso filone interpretativo induce a considerare, anzitutto, che il richiamato orientamento della Terza sezione penale non trova riscontro nel testo degli artt. 392 e 398 cod. proc. pen., i quali non pongono alcun limite all'apprezzamento del giudice per il caso che la richiesta di incidente probatorio venga proposta ai sensi dell'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen.; d'altra parte, le conclusioni qui criticate non appaiono giustificabili nemmeno sulla base degli asseriti vincoli posti dalla normativa internazionale e sovranazionale evocati dalle due pronunce citate. Come ha efficacemente sottolineato di recente la Sesta sezione penale, con la n. 24996 del 15/07/2020, Rv. 279604, nel riaffermare l'orientamento della sentenza n. 21930 del 2013, da tale complesso normativo - segnatamente: l'art. 35 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, fatta a Lanzarote in data 25 ottobre 2007, e ratificata dall'Italia con la legge 1 ottobre 2012, n. 172; l'art. 18 della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad Istanbul in data 11 maggio 2011, ratificata dall'Italia con legge 23 giugno 2013, n. 77; gli artt. 18 e 20 della direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato e sostituisce la precedente decisione-quadro 2001/220/GAI, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 15 dicembre 2015 n. 212 - emerge esclusivamente la necessità di adottare, qualora debba procedersi all'audizione di un soggetto vulnerabile, particolari forme di assunzione della prova, tese a salvaguardare la sua integrità psico-fisica e anche a contenere il rischio di vittimizzazione secondaria legato alla reiterazione dell'atto istruttorio. Appare, dunque, una forzatura far discendere dallo stesso sistema normativo l'imposizione di un vero e proprio obbligo, in capo al giudice, di disporre l'assunzione delle dichiarazioni del minore o della persona offesa vulnerabile a seguito della mera presentazione di una richiesta di incidente probatorio ed a prescindere da qualsiasi apprezzamento sulla rilevanza della prova.
1.6. Ciò detto, si ritiene necessario effettuare una ulteriore precisazione rispetto alla pronuncia qui condivisa e richiamata, nella parte in cui ritiene che le citate sentenze della Terza Sezione penale abbiano sostanzialmente escluso l'applicabilità dell'art. 190, comma 1, cod. proc. pen. Invero, a ben vedere, tali decisioni non hanno espressamente negato una simile applicabilità, bensì hanno ribadito che, ove nulla sia specificamente previsto - come accade nel caso dell'art. 392, comma 1-bis cod. proc. pen. - vale il principio generale dell'ordinamento processuale, secondo cui, a fronte del diritto alla prova a richiesta di parte, fatta salva l'assenza delle condizioni previste dalla disciplina che consente il ricorso allo strumento anticipato di assunzione, il giudice ha la possibilità di escludere le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti», come chiarito dall'art. 190, comma 1, cod. proc. pen. Dunque, vi è piena condivisione in ordine all'ammissibilità di una siffatta valutazione della prova, sebbene sia ritenuta, nei precedenti summenzionati, di scarsa rilevanza pratica laddove sia richiesta l'assunzione della testimonianza della vittima di violenza sessuale, come a voler ritenere che in tali casi la rilevanza della prova fosse in re ipsa, trattandosi della persona offesa dal reato.
1.7. Le considerazioni che precedono risultano dirimenti perché, nel caso di specie, l'esistenza di due opposti orientamenti di legittimità non rileva strettamente, nella misura in cui entrambi riconoscono l'ammissibilità della valutazione della prova ex art. 190, comma 1, cod. proc. pen. In particolare, il GIP ha effettivamente espresso una valutazione circa l'irrilevanza della prova richiesta dal Pubblico ministero, e lo ha fatto legittimamente. Inoltre, merita specifica considerazione la circostanza che - nel caso in esame, a differenza delle fattispecie trattate nelle citate sentenze della Terza Sezione penale - si era già provveduto ad assumere le sommarie informazioni testimoniali della minore davanti alla polizia giudiziaria, cosicché, anche sulla base di questo dato concreto, il giudice ha ritenuto l'irrilevanza e la superfluità dell'incidente probatorio. E anzi, il rischio di vittimizzazione secondaria si sarebbe potuto concretizzare, paradossalmente, qualora il GIP avesse accolto l'istanza di incidente probatorio e avesse ammesso un'ulteriore audizione della minore.
1.8. A maggior ragione in questo contesto, sfuggono le ragioni per cui il provvedimento di rigetto della richiesta dovrebbe ritenersi addirittura abnorme. Alla luce delle consolidate coordinate, in precedenza richiamate, che identificano l'atto abnorme, il provvedimento risulta riconducibile ad uno schema tipico contemplato dalla legge processuale - e segnatamente dall'art. 398 cod. proc. pen. che riconosce al giudice il potere di rigettare l'istanza di incidente probatorio - ed il suo contenuto non diverge in maniera irragionevole dai limiti che la stessa norma pone al giudice; men che meno determina, poi, una stasi del procedimento, il quale può comunque proseguire - come d'altronde ammesso dalle citate sentenze della Terza Sezione penale - in assenza di incidente probatorio, facendo al più sorgere la eventuale responsabilità del Pubblico ministero (e dello Stato) per aver obbligato la persona offesa minorenne a rivivere l'accaduto nel corso del dibattimento, innescando l'effetto di vittimizzazione secondaria.
2. Dunque, nel caso di specie, il giudice ha rigettato la richiesta di procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di una minore, avendo ritenuto la prova inutile e irrilevante. Escluso che la sua decisione possa essere considerata illegittima o abnorme, conseguentemente il ricorso del Pubblico ministero deve ritenersi inammissibile, ferma restando l'utilizzabilità degli ordinari mezzi di impugnazione contro la sentenza di merito.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso.