
L'imputato lamenta l'omessa trasmissione al giudice cautelare delle videoriprese che costituivano la prova della sua colpevolezza. Con la sentenza depositata oggi, la Cassazione ribadisce che il P.M. non è obbligato a trasmetterle al GIP e al Tribunale del riesame quando gli esiti delle videoriprese sono riportate nell'annotazione della polizia giudiziaria.
L'imputato propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria lamentando che i capi di imputazione a lui ascritti trovavano fondamento su delle videoriprese non presenti nel fascicolo cautelare in quanto mai trasmessi dal P.M., conseguendone l'omesso esame sia da parte del giudice cautelare che dal...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza resa il 16 ottobre 2020, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell'interesse di G. B., ha sostituito con l'obbligo di dimora nel Comune di (omissis) la misura della custodia cautelare in carcere a lui originariamente applicata in data 23 settembre 2020 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri, in relazione a delitto di associazione a delinquere di cui al capo provvisorio n. 1 (per il quale il Tribunale reggino ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del G. B.) e a due reati scopo, di cui ai capi provvisori 32 e 46 (il primo riferito a un furto di mandarini commesso in concorso con altri indagati presso un fondo di proprietà di tale N. M.; il secondo riferito a delitto di ricettazione di una motosega denunciata come rubata dal proprietario G. P.).
I fatti addebitati al G. B., in relazione ai capi d'incolpazione che hanno trovato conferma sul piano indiziario, sono ricondotti dal collegio reggino alla persona del predetto indagato sulla base di videoriprese dalle quali emergevano le condotte criminose a lui attribuite. Nell'ordinanza del Tribunale del Riesame si fa cenno alle doglianze difensive in ordine al fatto che le videoriprese non risultavano trasmesse dal P.M. al G.I.P., pur avendo costituito il fondamento della consistenza indiziaria ravvisata a suo carico; a tali doglianze il Collegio ha replicato affermando che in primo luogo non vi é un obbligo del P.M. di trasmettere al G.I.P. e al Tribunale del Riesame i supporti informatici delle intercettazioni e delle videoriprese, fatta salva la necessità di assicurare l'accesso a detti supporti da parte del difensore che ne faccia espressa e tempestiva richiesta al P.M.; e che non é nella specie configurabile alcuna causa di inutilizzabilità, posto che il G.I.P. ben poteva fondare il suo convincimento su annotazioni di P.G. che riproducessero il contenuto delle videoriprese, come avvenuto nel caso di specie.
2. Avverso detta ordinanza ricorre il G. B., tramite il suo difensore di fiducia. Il ricorso é affidato a un unico motivo, con il quale l'esponente lamenta vizio di motivazione in relazione al fatto che il giudizio di gravità indiziaria si é fondato su atti - le videoriprese cui faceva riferimento il G.I.P. ed alle quali si richiama oggi il Tribunale del Riesame - non presenti nel fascicolo cautelare perché mai trasmessi dal P.M. e, pertanto, mai esaminati né dal giudice della cautela, né dal Collegio reggino. Neppure può farsi questione dell'inutilizzabilità di tali atti, ma piuttosto dell'inesistenza degli stessi, non potendosi considerare inutilizzabili atti in realtà mai confluiti nella disponibilità dei giudici della cautela e, come tali, inesistenti ai fini del giudizio che occupa; inoltre, prosegue il deducente, é infondata l'asserzione del Collegio adito in ordine al fatto che, pur a fronte del mancato deposito dei filmati, la decisione si sarebbe basata su altri atti procedimentali ritualmente depositati: ciò é smentito dall'espresso riferimento alle videoriprese contenuto nell'ordinanza impugnata a proposito dei capi 32 e 46, in relazione ai quali é stata confermata la gravità indiziaria a carico del G. B..
Motivi della decisione
1. Il ricorso é infondato.
E', in primo luogo, corretto il ragionamento del Tribunale reggino nell'affermare che non é da considerarsi obbligatoria per il P.M. la trasmissione al Gip e al Tribunale del riesame dei supporti informatici delle intercettazioni o videoriprese utilizzati ai fini dell'applicazione di misure cautelari (ex multis vds. Sez. 3, Sentenza n. 19198 del 05/02/2015, F., Rv. 263798, richiamata dal Collegio adito); in secondo luogo, a tale principio deve collegarsi l'indirizzo, pacificamente seguito in sede di legittimità, in base al quale il pubblico ministero non ha l'obbligo di trasmettere, ai sensi dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen., i supporti informatici contenenti le videoriprese utilizzate ai fini dell'applicazione della misura quando gli esiti delle stesse siano riportati nell'annotazione di polizia giudiziaria (Sez. 2, Sentenza n. 19195 del 12/04/2019, L., Rv. 276444: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l'ordinanza con la quale il tribunale del riesame, analogamente al giudice per le indagini preliminari, aveva basato la decisione sul contenuto delle video riprese come riprodotto negli atti di polizia giudiziaria e nelle dichiarazioni delle persone informate sui fatti che ne avevano preso visione, oltre che sulle immagini fotografiche dell'azione delittuosa dalle stesse estrapolate. In senso conforme vds. Sez. 3, Sentenza n. 169 del 30/10/2019, dep. 2020, S., Rv. 278273; Sez. 1, Sentenza n. 34651 del 27/05/2013, F., Rv. 257440; Sez. 1, Sentenza n. 33819 del 20/06/2014, I., Rv. 261092).
Nella specie, risulta evidente che la narrazione delle due vicende in relazione alle quali sono stati ravvisati i gravi indizi a carico del G. B. deriva non già dalla diretta percezione, da parte dei giudici della cautela, delle videoriprese, ma da quanto riferito negli atti d'indagine dai Carabinieri di (omissis), i quali avevano installato telecamere in prossimità del sito (ove peraltro già vi erano altre telecamere a circuito chiuso) e che, come chiarito dal tribunale reggino, erano in grado di riconoscere tutti gli indagati - compreso il G. B. - in quanto noti all'ufficio in relazione a numerosi precedenti investigativi a carico degli stessi (puntualmente indicati nella nota in calce a pagina 4 dell'ordinanza impugnata e richiamati anche a pagina 8 dell'ordinanza stessa a proposito del capo 32).
Il monitoraggio, da parte dei Carabinieri, delle azioni criminose contestate al G. B. - eseguito sulla base della visione delle videoriprese - é stato riportato, quanto al capo 32, nella CNR n. 65/2 del 16 marzo 2020, ed é descrittivo dell'asportazione, da parte dell'indagato e dei concorrenti nel reato, di 17 casse di mandarini dal terreno del N. M., presso il quale gli stessi avevano effettuato un sopralluogo qualche ora prima. Quanto al capo 46, il G. B. era stato immortalato nell'atto di visionare, all'interno del portabagagli della sua auto, una motosega identica a quella di cui G. P. aveva denunciato poche ore dopo il furto, assumendo che lo stesso sarebbe stato perpetrato, fra la sera del giorno prima e la mattina di quello stesso giorno, in un ricovero attrezzi situato in zona prossima alle palazzine ove erano state installate le videocamere; in sede di interrogatorio, evidenzia il Collegio reggino, l'indagato non era in grado di fornire spiegazioni in ordine alla provenienza dell'arnese.
Conseguentemente, vanno destituite di fondamento le censure del ricorrente, atteso che l'individuazione del G. B. come autore delle condotte criminose a lui contestate é avvenuta ad opera della P.G. nei termini predetti; e che - come correttamente evidenziato dal Tribunale del Riesame - il riconoscimento dell'imputato nel soggetto ripreso in un filmato registrato dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato dal personale di polizia giudiziaria, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione é rimessa al giudice cli merito (Sez. 2, Sentenza n. 42041 del 27/06/2019, I., Rv. 277013;; in senso conforme Sez. 2, Sentenza n. 45655 del 16/10/2014, B., Rv. 260791, e Sez. 2, Sentenza n. 15308 del 07/04/2010, B., Rv. 246925).
2. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.