La parola passa alle Sezioni Unite: in sede di divisione dell'immobile in comproprietà già assegnato ad uno dei coniugi in sede di separazione, bisogna tener conto della diminuzione del valore commerciale del cespite derivante dalla presenza sullo stesso del diritto di godimento del coniuge affidatario anche qualora la proprietà dell'intero immobile venga a lui assegnata?
La Corte d'Appello di Roma confermava la sentenza con la quale il Tribunale aveva sciolto la comunione per quote uguali esistente sull'appartamento fra i coniugi legalmente separati, appartamento che era stato assegnato alla moglie in quanto affidataria delle figlie della coppia.
Il Giudice di seconde cure aveva, in particolare, ritenuto che, in occasione della divisione...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
La Corte d'appello di Roma, con la sentenza n. 1963 del 2018, ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma n. 10739 del 2017 con la quale è stata sciolta la comunione per quote eguali esistente sull' appartamento sito in (omissis), fra i coniugi legalmente separati F. P. e A. A..
Con la sentenza di separazione personale tra i suddetti coniugi, pronunciata dal Tribunale di Roma nel 2014, detto appartamento, già adibito a casa familiare, era stato assegnato alla sig.ra A. A., in quanto affidataria delle figlie della coppia.
Lo scioglimento della comunione è stato realizzato mediante attribuzione dell'intero immobile alla sig.ra A. A., che ne aveva fatto richiesta, con conguaglio pecuniario in favore del sig. Patri di importo pari alla metà dell'intero valore di mercato del cespite, come stimato dal CTU, senza alcuna decurtazione collegata al diritto di godimento sul cespite medesimo riconosciuto alla sig.ra A. A. dal giudice della separazione.
La Corte di appello ha ritenuto, conformandosi a taluni precedenti di questa Corte, che, in occasione della divisione tra coniugi dell'immobile in loro comproprietà già adibito a residenza familiare, l'assegnazione del relativo godimento ad uno dei condividenti, disposta dal giudice della separazione personale, non possa incidere sulla determinazione del relativo valore di mercato, qualora l'immobile venga attribuito in proprietà esclusiva al coniuge titolare del diritto di godimento sullo stesso. Ciò sul rilievo che tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non può quindi risolversi in un'indebita locupletazione per il coniuge affidatario degli stessi; costui infatti, dopo la divisione, potrebbe alienare il bene a terzi a prezzo pieno. In definitiva, secondo la corte territoriale - che fa proprie anche argomentazioni già sviluppate nella sentenza di prime cure - il minor valore dell'appartamento conseguente al vincolo di assegnazione assume rilievo solo ove la divisione avvenga mediante vendita a terzi, ai quali il provvedimento di assegnazione sarà opponibile per nove anni e, in caso di trascrizione, senza limiti di tempo, sì da comportare un'effettiva decurtazione del valore della proprietà; non anche, invece, nel caso in cui l'intero cespite venga attribuito in proprietà esclusiva al coniuge già assegnatario, venendo in tal caso meno il diritto personale di godimento che determina il deprezzamento.
Per la cassazione della sentenza di appello la sig.ra A. A. ha proposto ricorso affidato a un unico motivo, riferito al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., con il quale si denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 337 sexies, comma 1, c. c., 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970, 720, 726 e 1116 c. c. e dell'art. 3 Cost..
La ricorrente argomenta che il diritto derivante dall'assegnazione dell'immobile disposta in sede di separazione in favore del coniuge affidatario dei figli sopravvive alla divisione ed è opponibile tanto ai terzi acquirenti quanto all'altro coniuge, precludendo tanto agli uni quanto all'altro, fino al termine di efficacia del provvedimento, di godere dell'immobile. Osserva altresì che l'assegnazione della casa familiare, a norma delle menzionate disposizioni, è finalizzata in via esclusiva alla tutela della prole e dell'interesse di questa a conservare l'ambiente domestico, evitando traumi ulteriori rispetto a quello implicato dalla separazione personale dei genitori. L'assegnazione può dunque cessare solo al venir meno dei presupposti che l'hanno determinata, di norma con il raggiungimento della maggiore età e dell'indipendenza economica di tutti i figli. Sostiene, ancora, la ricorrente che l'assegnazione della casa coniugale disposta dal giudice della separazione in favore di uno dei due coniugi comporta un oggettivo vincolo patrimoniale sull'immobile, del quale è necessario tener conto nelle operazioni divisionali, in quanto detto provvedimento, fino a quando mantiene la propria operatività, preclude al coniuge non assegnatario di godere del cespite, pur quando quest'ultimo gli venga attribuito all'esito delle operazioni divisionali. Conseguentemente, se non si tenesse conto del deprezzamento che l'assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario dei figli oggettivamente produce sul relativo valore - e quindi sul conguaglio da liquidare in sede di attribuzione della proprietà dell'intero cespite ad uno dei condividenti - si determinerebbe, al contrario di quanto sostenuto dalla Corte d'appello, un'indebita locupletazione del coniuge non assegnatario, il quale, in violazione del principio secondo cui il giudizio di divisione mira alla formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote dei condividenti al tempo della comunione, si vedrebbe riconosciuto, in cambio della cessione della sua quota, un conguaglio maggiore della somma che gli verrebbe attribuita nel caso di divisione mediante vendita dell'immobile a terzi.
Il sig. F. P. ha presentato controricorso.
La causa, su proposta di manifesta infondatezza del ricorso formulata dal relatore ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., veniva discussa nell' adunanza di camera di consiglio della Sesta-2° sezione civile del 29 giugno 2019, per la quale parte ricorrente depositava una memoria. In quella sede il Collegio, dando atto della sussistenza gli orientamenti divergenti nella stessa giurisprudenza di legittimità, ha rimessa la causa alla pubblica udienza, che è stata tenuta il 7 luglio 2021 e per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. ed il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
La questione posta nel ricorso consiste nello stabilire se - in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati, già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole - occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge affidatario della prole pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante assegnazione a quest'ultimo della proprietà dell'intero immobile, con conguaglio in favore del comproprietario.
Su tale questione sono emersi, in seno alla giurisprudenza di questa Corte, due contrapposti orientamenti.
Secondo l'orientamento fatto proprio dalla sentenza oggi impugnata, l'assegnazione del godimento della casa familiare in sede di separazione personale o divorzio dei coniugi non può formare oggetto di considerazione, in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi, al fine di determinare il valore di mercato del bene, qualora l'immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento sullo stesso; tale diritto, infatti, è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario cosicché, decurtandone il valore dalla stima del cespite, si realizzerebbe una indebita locupletazione a favore del medesimo coniuge affidatario, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale; in tal senso si sono espresse Sez. In. 11630 del 17/09/2001, Sez. II n. 27128 del 19/12/2014 (non massimata), Sez. II n. 17843 del 09/09/2016, Sez. II n. 33069 del 20/12/2018 (non massimata).
Secondo altro orientamento, richiamato dall'odierna ricorrente, l'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l'immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l'altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane stretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge ovvero venduto a terzi; in tal senso si sono espresse Sez. II n. 20319 del 15/10/2004, Sez. II n. 8202 del 22/04/2016.
Il Collegio ritiene di dover rimettere gli atti al Primo Presidente perché valuti l'opportunità di demandare la soluzione del contrasto alle Sezioni Unite.
A favore di tale soluzione militano le seguenti considerazioni:
- il segnalato contrasto è sostanzialmente sincronico; gli ultimi due precedenti massimati, infatti, esprimono orientamenti divergenti e risalgono entrambi al 2016;
- la questione oggetto di contrasto è di rilevante interesse pratico, presentandosi in molti casi di divisione giudiziale di un immobile in comproprietà tra coniugi che, in sede di separazione o di divorzio, abbia formato oggetto di assegnazione al coniuge affidatario della prole.
- il tema ha suscitato un ampio dibattito in dottrina, con posizioni anche molto divaricate;
- il contrasto, pur sviluppatosi prevalentemente all'interno della seconda sezione civile, coinvolge anche una pronuncia della prima sezione civile (capofila del primo dei due orientamenti sopra ricordati) e, del resto, la questione di diritto che ne forma oggetto, pur concernendo la materia della divisione (artt. 1116 e 720 del codice civile), involge anche tematiche tipiche del diritto di famiglia.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.