Preso atto del contrasto giurisprudenziale sul tema, la Cassazione evidenzia che la mancata costituzione nel giudizio di opposizione esclude l'ultrattività dell'elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo.
La società attuale ricorrente chiedeva e otteneva dal Tribunale di Spoleto un decreto ingiuntivo nei confronti di un'altra società. A seguito di opposizione tardiva, il Tribunale dichiarava la contumacia della stessa ricorrente e accoglieva l'opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.
La pronuncia veniva impugnata, ma la Corte d'Appello...
Svolgimento del processo
1. Nel 2014 la società U. s.r.l. (d'ora innanzi, "la U.") chiese ed ottenne dal Tribunale di Spoleto un decreto ingiuntivo nei confronti della società G. s.r.l. (d'ora innanzi, "la G.").
2. La G. propose opposizione tardiva al suddetto decreto ex articolo 650 c.p.c..
Nel giudizio di opposizione tardiva il Tribunale dichiarò la contumacia della U..
Quindi, con sentenza 13 novembre 2015 n. 542 il Tribunale di Spoleto accolse l'opposizione e revocò il decreto ingiuntivo, ritenendo non sussistente la prova del credito.
La sentenza venne appellata dalla società soccombente, U..
3. Con sentenza 4 aprile 2018 n. 243 la Corte d'appello di Perugia dichiarò inammissibile il gravame per tardività.
La Corte d'appello ha rilevato in punto di fatto che la sentenza di primo grado era stata notificata a mezzo PEC alla società soccombente, all'indirizzo di posta elettronica risultante dai pubblici registri.
Ha quindi osservato in diritto che la notifica della sentenza, effettuata personalmente alla parte rimasta contumace, è idonea a far decorrere il termine breve di cui all'articolo 325 c.p.c., a nulla rilevando:
- né che la contumacia possa essere stata erroneamente dichiarata;
- né che la parte soccombente avesse eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso per decreto ingiuntivo.
4. La sentenza è stata impugnata per cassazione dalla U., con ricorso fondato su quattro motivi.
La G. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto valida, ai fini del decorso del termine breve per impugnare, la notificazione della sentenza di primo grado effettuata personalmente alla suddetta società, invece che nel domicilio che, nel ricorso per decreto ingiuntivo, aveva eletto presso il proprio difensore.
Sostiene che tale decisione sarebbe erronea per due ragioni:
a) perché nessun provvedimento formale di contumacia era stato mai adottato in primo grado;
b) perché la società intimante non poteva ritenersi "contumace, avendo essa eletto domicilio presso il proprio avvocato nel ricorso introduttivo per decreto ingiuntivo".
A tal riguardo sostiene la ricorrente che il giudizio monitorio è unitario, anche se articolato in due fasi.
Da ciò trae la conclusione che "non è mai configurabile una contumacia del creditore-opposto, la cui costituzione è già avvenuta ex articolo 638 c.p.c. con il deposito del ricorso introduttivo".
1.1. La prima delle suesposte censure è infondata.
Il termine breve per l'impugnazione decorre, nei confronti della parte che sia rimasta contumace, dal momento della notificazione della sentenza effettuata personalmente, ai sensi dell'art. 292, quarto comma, c.p.c., a nulla rilevando che sia mancata una espressa declaratoria di contumacia (Sez. 1, Sentenza n. 2486 del 22/04/1982, Rv. 420354 - 01).
Del pari è irrilevante, per i fini di cui all'art. 292, quarto comma, c.p.c., l'eventuale errore commesso dal giudice nel compiere la dichiarazione di contumacia (o nel reputare corretta, in appello, la dichiarazione di contumacia compiuta dal giudice di primo grado).
È infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che quando una parte sia dichiarata contumace, la notifica della sentenza alla parte personalmente è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, a nulla rilevando che quella dichiarazione sia stata erronea od illegittima (Sez. 1 - , Ordinanza n. 6478 del 06/03/2020, Rv. 657085 - 01; Sez. 3 - , Ordinanza n. 29037 del 13/11/2018, Rv. 651637 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 6571 del 14/03/2013, Rv. 625391 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 4894 del 02/03/2007, Rv. 595083 - 01; Sez. U, Sentenza n. 8394 del 09/07/1992, Rv. 478124 - 01).
1.2. La seconda delle suesposte censure pone una questione che vede divisa la giurisprudenza di legittimità.
E' pacifico che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il creditore opposto, ove non si costituisca, debba essere dichiarato contumace. Contrasti, invece, si registrano per quanto attiene il luogo ove debba essere notificata la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione, per i fini di cui all'art. 325 c.p.c..
Il contrasto riguarda in particolare la perdurante efficacia (c.d. "ultrattività") dell'elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo.
1.3. Secondo un primo orientamento l'elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo produce i suoi effetti solo per la fase monitoria (e quindi, in definitiva, principalmente ai fini della notifica dell'atto di citazione in opposizione), giusta la previsione dell'art. 645, primo comma, c.p.c. (secondo cui l'opposizione si propone davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione notificato al ricorrente "nei luoghi di cui all'art. 638 c.p.c.", e quindi nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nel ricorso per decreto ingiuntivo).
Pertanto, qualora il creditore opposto resti contumace nel giudizio di opposizione, la sentenza conclusiva di tale giudizio è ritualmente notificata a lui personalmente, anche ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione, a norma dell'ultimo comma dell'art. 292 c.p.c., non rilevando più l'originaria elezione di domicilio fatta per la fase monitoria (così Sez. L, Sentenza n. 4625 del 05/09/1985, Rv. 442088 - 01).
1.4. Di opinione diversa è un secondo orientamento, secondo il quale l'elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo ha un effetto permanente, e vale per "tutti gli atti" che si debbano notificare al creditore-opposto. Ciò in quanto "il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non costituisce un processo autonomo, completamente avulso e separato dal procedimento sommario di ingiunzione, ma solo l'ulteriore sviluppo, sia pure eventuale, della fase monitoria, caratterizzato dalla cognizione piena nel contradditorio delle parti".
Da questa premessa si trae la conclusione che, una volta effettuata dal creditore l'elezione di domicilio nel ricorso per decreto ingiuntivo, questa continua a spiegare efficacia anche nel giudizio di opposizione, in tutti i casi nei quali un atto processuale debba essere notificato personalmente alla parte (Sez. 2, Sentenza n. 3355 del 07/04/1987, Rv. 452394 - 01, la quale riguardava tuttavia una controversia inerente al luogo di notifica dell'atto di riassunzione del giudizio interrotto, e non della sentenza per i fini di cui all'art. 325 c.p.c.).
1.5. Ritiene il Collegio che, tra i suddetti due orientamenti, debba preferirsi il primo, per varie ragioni di ordine logico, giuridico e sistematico.
1.5.1. . Sul piano dell'interpretazione logica, innanzitutto, ammettere la perdurante efficacia dell'elezione di domicilio contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo condurrebbe ad evidenti incongruenze.
E', infatti, pacifico che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo possa e debba dichiararsi la contumacia del creditore-opposto, se questi non si costituisca.
Ma la contumacia ha per conseguenza l'applicabilità degli articoli 292, ultimo comma, e 285 c.p.c., e cioè la possibilità per la parte vittoriosa di notificare la sentenza al contumace personalmente.
Sarebbe dunque illogico per contraddittorietà ammettere che il creditore opposto possa essere dichiarato contumace, e poi negare l'applicabilità degli effetti della contumacia.
Se poi, per aggirare l'ostacolo, volesse ipotizzarsi che il creditore opposto, rimasto contumace nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non debba essere considerato "contumace", si perverrebbe a conseguenze assurde: ad esempio, che al creditore contumace non dovrebbero essere notificati né l'ordinanza ammissiva del giuramento, né quella dell'interrogatorio formale, né i documenti da lui sottoscritti e prodotti in corso di giudizio, ex art. 292 c.p.c.; se poi si verificasse un evento interruttivo che colpisca la sua persona il processo non potrebbe essere dichiarato interrotto; la sua condotta potrebbe essere qualificata come "non contestazione" ex articolo 115 c.p.c. dei fatti dedotti dall'opponente; in caso di rigetto dell'opposizione potrebbe addirittura pretendere le spese del giudizio di opposizione.
La tesi sostenuta da Cass. 3355/87, e invocata dalla società odierna ricorrente, pertanto, non può condividersi perché porterebbe ad una non consentita disapplicazione degli artt. 285 e 292 c.p.c., ed a conseguenze paradossali ed inique.
1.5.2. Sul piano dell'interpretazione sistematica, la "struttura unitaria" del processo monitorio, valorizzata dalla ricorrente, è nozione che deve essere rettamente intesa.
Essa, infatti, non vuol dire affatto che la fase sommaria e la fase di merito siano, sempre ed a tutti gli effetti, strettamente connesse ed inscindibili, sicché tutto quel che avviene nella prima, riverbera effetti nella seconda.
La fase di opposizione al decreto ingiuntivo, infatti:
a) costituisce una successione di carattere solamente temporale e non funzionale;
b) dà luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, non limitato alla correttezza del decreto ingiuntivo, ma esteso alla fondatezza del diritto azionato;
c) il giudizio di opposizione può richiedere la produzione mezzi di prova diversi da quelli posti a base del decreto ingiuntivo, indipendentemente dalla sufficienza, validità o regolarità degli elementi in ragione dei quali il decreto stesso sia stato emesso.
Da tali rilievi questa Corte ha già tratto la conclusione che "il processo vero e proprio inizia, pertanto, con l'opposizione, mentre con il ricorso per ingiunzione inizia solo la fase sommaria" (così Sez. L, Sentenza n. 16140 del 2001).
1.5.2. Infine, sul piano dei princìpi generali, va ricordato che la costituzione in giudizio è cosa ben diversa dalla elezione di domicilio: ci si può costituire in giudizio senza eleggere un domicilio (nel qual caso le comunicazioni avverranno nella cancelleria del giudice: art. 638, secondo comma, c.p.c.), così come si può eleggere domicilio nel ricorso per decreto ingiuntivo, senza poi costituirsi nel giudizio di opposizione.
Pertanto la circostanza che nel ricorso per decreto ingiuntivo sia stato eletto domicilio ha il solo effetto di consentire in quel luogo la notificazione di qualsiasi atto fino alla citazione in opposizione. Ma, una volta che sia avvenuta quest'ultima, la vacatio in ius in essa contenuta non ammette alternative: o il creditore opposto si costituisce nel giudizio di opposizione, oppure sarà dichiarato contumace, con le conseguenze di cui all'art. 292, comma quarto, c.p.c., ai fini della notifica della sentenza conclusiva del giudizio di opposizione.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta che la Corte d'appello abbia errato nel ritenere valida la notifica dell'atto di citazione in opposizione, e la procura ad esso allegata.
2.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.
La Corte d'appello, infatti, ha ritenuto tardivo il gravame, e non si è occupata (né avrebbe dovuto farlo) della ritualità dell'atto introduttivo del primo grado del giudizio di opposizione.
3. Col terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 650 c.p.c. e delle norme sulla notificazione a mezzo del servizio postale. Lamenta anche in questo caso che erroneamente il giudice di primo grado abbia ritenuto ammissibile l'opposizione tardiva proposta dalla G. s.r.l..
3.1. Anche questo motivo è inammissibile per le stesse ragioni per cui è inammissibile il secondo motivo, e cioè l'estraneità alla ratio decidendi.
A fronte di una dichiarazione di inammissibilità dell'appello per tardività, infatti, non mette conto andare a sindacare se il giudice di primo grado abbia o non abbia errato, nel ritenere ammissibile un'opposizione tardiva.
4. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 645 c.p.c. e dell'articolo 9 della I. 53/94.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che la società G., dopo aver proposto opposizione al decreto ingiuntivo, ha omesso di comunicare al cancelliere del Tribunale di Spoleto l'avvenuta introduzione del giudizio, e questo fatto ha impedito alla U. "di potersi costituire nel giudizio di opposizione, in quanto al momento dell'accesso al fascicolo telematico della fase monitoria non risultava l'annotazione de/l'opposizione".
La ricorrente ne trae la conclusione della "nullità degli atti del giudizio di opposizione della sentenza di primo grado".
4.1. Anche questo motivo è inammissibile, per le medesime ragioni già esposte con riferimento al secondo ed al terzo motivo di ricorso.
Questa Corte può sindacare gli errori commessi dal giudice d'appello: ed il giudice d'appello nella sentenza impugnata non si è occupato di altra questione che la tardività del gravame.
Pertanto, una volta escluso che tale statuizione sia stata erronea, qualunque altra questione concernente eventuali errores in procedendo verificatisi nel processo di primo grado.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di cassazione:
(-) rigetta il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibili gli altri;
(-) condanna U. s.r.l. alla rifusione in favore di G. Costruzioni s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 3.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55; (-) ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.