Nessun risarcimento dei danni al gestore di un ristorante rimasto oscurato dai ponteggi di un condominio a causa dei lavori di rifacimento della facciata.
Il gestore di un ristorante ubicato nel Comune di Milano aveva fatto domanda di occupazione del suolo pubblico per posizionarvi sedie, tavoli, fioriere e faretti in data antecedente alla medesima richiesta avanzata dal Condominio ai fini della collocazione di un ponteggio per lo svolgimento di lavori di manutenzione ordinaria delle facciate e di rifacimento del manto di copertura dell'immobile.
Tenendo conto che il Comune aveva accordato la concessione a quest'ultimo e che l'immobile era adiacente all'esercizio gestito dal ricorrente, egli si rivolgeva al TAR Lombardia ritenendo di avere subito dei danni dalla decisione adottata dal Comune di provvedere alla concessione nei confronti del Condominio, in quanto i lavori da quest'ultimo intrapresi, tra le altre cose, avrebbero oscurato l'ingresso al suo esercizio commerciale.
Con la sentenza n. 2244 del 15 ottobre 2021, il TAR Lombardia respinge il ricorso del ricorrente, evidenziando che la sussistenza di un'autorizzazione che rende salvi i diritti dei terzi esplica i suoi effetti solo nel rapporto tra Pubblica Amministrazione e richiedente, essendo invece priva di rilevanza verso i privati, i quali possono tutelarsi attraverso apposito ricorso ai rimedi civilistici, dunque attraverso la proposizione di un'azione risarcitoria ovvero la riduzione in pristino.
A tal proposito, il ricorrente sosteneva che il Condominio avrebbe tratto un vantaggio, ai suoi danni per fini pubblicitari, dagli spazi occupati dai ponteggi; tuttavia, il TAR rileva che tale danno sia riconducibile ad un'eventuale lesione di un suo diritto soggettivo, il quale esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario.
Peraltro, il TAR Lombardia ribadisce che «gli interessi collettivi alla messa in sicurezza e al mantenimento del decoro degli immobili, prevalgono su quelli commerciali della ricorrente, peraltro solo parzialmente compressi, e per un periodo circoscritto».
Anche per questo motivo, il TAR respinge il ricorso.
TAR Lombardia, sez. I, sentenza (ud. 22 settembre 2021) 15 ottobre 2021, n. 2244
Svolgimento del processo
La società ricorrente gestisce il ristorante-bar denominato “Preeky,” ubicato nell'area della Darsena in Milano.
Con il provvedimento impugnato, il Comune ha accolto la domanda PG. 30518 del 20.01.2016, di occupazione del suolo pubblico per la collocazione di un ponteggio, ai fini dello svolgimento dei “lavori di manutenzione ordinaria delle facciate”, e di rifacimento del “manto di copertura” di un immobile adiacente all’esercizio gestito ricorrente, presentata dal Condominio di Via Gabriele D’Annunzio n. 25 (nel proseguo “Condominio”), dal 23.03.2016 al 4.10.2016.
Il Condominio ed il Comune di Milano si sono costituiti in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.
Con ordinanza n. 757/2016 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare.
Nelle more del giudizio, il Condominio ha ultimato i lavori, ed alla scadenza prevista ha rimosso i ponteggi, mentre in data 24.01.2017, il Comune ha rilasciato in favore della ricorrente una concessione per l’occupazione suolo pubblico per tavoli, sedie, fioriere e faretti, nell’area oggetto del provvedimento impugnato nel presente giudizio.
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., notificato in data 6.2.2017, la ricorrente ha adito il Condominio ed il Comune davanti il Tribunale Civile di Milano, chiedendo il risarcimento dei danni subiti, che con ordinanza del 31.05.2017, ritenuta la pregiudizialità dell’odierno giudizio, ex art. 295 c.p.c., ne ha dichiarato la sospensione, sino alla definizione della controversia pendente al TA.R.
All’udienza pubblica del 22.9.2021, senza che la ricorrente abbia articolato ulteriori difese, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
I.1) Con il primo motivo, l’istante deduce la violazione dell’art. 7 L. n. 241/90, per aver il Comune omesso di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo, e dell'art. 3 L. n. 241/1990, per non essere il provvedimento impugnato adeguatamente motivato.
Come correttamente evidenziato dalla difesa comunale, il Regolamento Edilizio, impone uno specifico obbligo di manutenzione a carico dei proprietari degli immobili (art. 11), stabilendo al comma 1, che essi “hanno l’obbligo di mantenere le costruzioni in condizioni di agibilità, di decoro, di idoneità igienica e di sicurezza socio-ambientale, assicurando tutti i necessari interventi”.
A sua volta, in base a quanto disposto nel successivo art. 12, il “recupero urbano, la riqualificazione sociale e funzionale delle aree e/o degli edifici, sono valori di interesse pubblico da tutelare mediante attività a difesa della qualità urbana, del decoro e dell'incolumità pubblica”, dovendo a tal fine “provvedere alla custodia, alla manutenzione e al decoro degli stessi, anche al fine di evitare fenomeni di degrado urbano, occupazioni abusive, nonché situazioni di pericolo per l'ordine pubblico, l'integrità fisica della popolazione e la sicurezza urbana”.
Con riferimento al caso di specie, al momento di emanazione del provvedimento impugnato, lo stato di forte degrado in cui si trovava il Condominio controinteressato, che la ricorrente non ha smentito, ha reso necessario l’avvio dei lavori di manutenzione, ciò che, che come detto, costituiva un dovere dei proprietari.
L'occupazione di suolo pubblico, può essere vietata per motivi di interesse generale, per contrasto con disposizioni di legge o regolamento, nonché per eventuali prescrizioni, a tutela del decoro, della viabilità, e della sicurezza (C.S., Sez. V, 5.7.2017 n. 3285), e pertanto, a tutela di interessi pubblicistici, in questo caso, correttamente tutelati dal provvedimento impugnato, il cui contenuto, sostanzialmente vincolato, ha reso inutile la partecipazione procedimentale, così come la sua motivazione, si è correttamente limitata a richiamarne i presupposti di fatto.
I.2) Ulteriormente, l’istante ritiene che il provvedimento impugnato avrebbe dovuto salvaguardare il suo “diritto di affaccio”, evitando l’oscuramento del locale, muovendo tuttavia dall’errata premessa, secondo cui, la disposizione ivi contenuta, che fa salvi i diritti dei terzi, sarebbe una “mera clausola di stile”.
Per giurisprudenza pacifica, l’esistenza di un’autorizzazione che faccia salvi i diritti dei terzi, esplica infatti i suoi effetti solo nel rapporto tra la pubblica amministrazione ed il richiedente, essendo invece priva di rilevanza tra privati, suscettibili ad essere tutelati mediante il ricorso ai rimedi civilistici, con la proposizione di un’azione risarcitoria, o la riduzione in pristino (Cass. Civ., Sez. II, 25.9.2013, n. 21947, 6.2.2009 n. 3031). La stessa ricorrente, sostiene infatti che il Condominio avrebbe tratto un vantaggio, in suo danno, dallo sfruttamento, a fini pubblicitari, dagli spazi occupati dai ponteggi, ciò che attiene tuttavia all’eventuale lesione di un suo diritto soggettivo, esulando conseguentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello ordinario.
II.1) Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta il difetto di istruttoria, per non avere l’Amministrazione procedente operato alcuna valutazione dei suoi interessi presenti sull’area oggetto del provvedimento impugnato.
Il motivo è infondato, essendo gli interessi commerciali della ricorrente recessivi a fronte di quello collettivo all’esecuzione dei lavori necessari alla manutenzione e messa in sicurezza di un immobile, come anche già evidenziato nel precedente punto I.1, considerata peraltro la temporaneità della loro compressione.
II.2) Sotto altro profilo, l’istante deduce la disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni del tutto identiche, in cui l’Amministrazione non avrebbe pregiudicato la visibilità delle vetrine degli esercizi commerciali affacciati sulla pubblica via.
Il motivo è inammissibile per genericità, considerata la non identità delle fattispecie allegate dall’istante, rispetto a quelle oggetto del presente giudizio.
III.1) Con l’ultimo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell'art 12, c. 3 del Regolamento Cosap del Comune di Milano, secondo cui, “in caso di più domande aventi ad oggetto l’occupazione della medesima area, se non diversamente disposto da altre norme specifiche, costituiscono condizione di priorità, oltre alla data di presentazione della domanda, la maggior rispondenza all’interesse pubblico, o il minor sacrificio imposto alla collettività”, avendo la stessa presentato al Comune di Milano una richiesta di occupazione di suolo pubblico, finalizzata allo svolgimento della propria attività di ristorazione.
III.2) Anche tale motivo non merita accoglimento, considerato che lo stesso art. 12 cit. invocato dalla ricorrente, assegna la priorità alle domande, in ragione della “maggior rispondenza all’interesse pubblico” dell’occupazione, e non solo pertanto alla loro data di presentazione.
Come più volte evidenziato, gli interessi collettivi alla messa in sicurezza e al mantenimento del decoro degli immobili, prevalgono su quelli commerciali della ricorrente, peraltro solo parzialmente compressi, e per un periodo circoscritto.
In conclusione, il ricorso va pertanto respinto, potendo pertanto prescindere dallo scrutinio delle eccezioni preliminari.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, equitativamente e complessivamente liquidate in Euro 3.000,00, e pertanto, ad Euro 1.500,00 in favore del Condominio, ed ad Euro 1.500,00 in favore del Comune di Milano.