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21 ottobre 2021
Carcere duro per gli internati nelle case-lavoro: ok ma va sempre garantita la possibilità di lavorare

Il regime differenziale di cui all'art. 41-bis ord. pen. deve adattarsi alla condizione dell'internato, consentendogli di svolgere in maniera effettiva un'attività di lavoro: così la Corte Costituzionale con la sentenza n. 197 depositata oggi.

La Redazione

Con la sentenza n. 197 del 21 ottobre 2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le censure sollevate dalla Corte di Cassazione in relazione all'art. 41-bis ord. pen.. Secondo la Suprema Corte, infatti, il suddetto regime si applicherebbe tanto ai condannati a pena detentiva, quanto agli internati per l'esecuzione di una misura di sicurezza, ma la sottoposizione allo stesso regime potrebbe comportare una duplicazione della pena, andando a violare vari principi costituzionali, tra i quali quello di ragionevolezza, quello di proporzionalità e quello di colpevolezza, minando inoltre la finalità rieducativa perseguita dalla misura di sicurezza.

La Consulta ha rigettato tutte le censure sollevate dalla Corte di Cassazione, a condizione che all'art. 41-bis sia data una lettura costituzionalmente conforme con riferimento agli internati.
Ciò significa che, in conformità agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., alla disposizione citata deve essere data un'interpretazione che consenta l'applicazione agli internati delle sole restrizioni congrue e proporzionate alla condizione del soggetto a cui si riferisce di volta in volta il regime differenziale.
In sintesi, gli internati in regime differenziale restano esclusi dall'accesso alla semilibertà e alle licenze sperimentali ma deve essere loro garantita la possibilità di lavorare.

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