Il diritto di impugnazione può essere esercitato autonomamente da ciascun difensore dello stesso imputato a condizione che, nel momento in cui viene presentato il successivo atto di appello o di ricorso, non sia già trascorso il termine per impugnare e non sia intervenuta una decisione sul gravame proposto da uno dei soggetti legittimati (come avvenuto nel caso in esame).
La Corte d'Appello di Messina, nelle vesti di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta ai sensi dell'art. 670 cod. proc. pen. nell'interesse di T. F.; il ricorso contestava irrevocabilità della sentenza di condanna per la mancata notifica al difensore di fiducia delegato alla presentazione del ricorso per cassazione dell'avviso di deposito della sentenza di appello, la cui motivazione era stata depositata fuori termine.
La sentenza di appello era stata impugnata da altro difensore di fiducia con ricorso per cassazione dichiarato inammissibile.
Secondo l'istante, la nomina del terzo difensore di fiducia doveva essere interpretata come revoca tacita delle due precedenti, con conseguente necessità di una sua restituzione nel termine per presentare ricorso.
Secondo la Corte territoriale, l'imputato aveva conoscenza del procedimento e disponeva di due - se non di tre - difensori per la proposizione del ricorso per cassazione. Il difensore originariamente incaricato e mai revocato, quindi, aveva proposto ricorso per cassazione in virtù di precedenti intese con l'imputato ovvero nell'esercizio delle sue prerogative autonome ai sensi dell'art. 570 cod. proc. pen. Pur ammettendo che il nuovo difensore nominato avesse diritto a ricevere la notifica dell'avviso di deposito della sentenza, la mancanza di revoca espressa dei due difensori precedenti impediva qualsiasi doglianza: in effetti, l'eventuale nullità derivava dalla nomina del terzo difensore senza revoca espressa dei due precedenti e, quindi, T. F. aveva concorso a darvi causa; d'altro canto, egli aveva accettato gli effetti dell'atto, permettendo la presentazione del ricorso per cassazione da parte di uno dei difensori di fiducia non revocati.
L’eventuale nullità, quindi, era stata sanata.
2. Ricorre per cassazione il difensore di T. F., deducendo violazione di legge processuale e vizio di motivazione.
La Corte territoriale, pur dando atto dell'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, aveva illogicamente affermato, da una parte, che la nomina del terzo difensore aveva determinato la revoca tacita dei precedenti e, dall'altra, che gli stessi erano legittimati a proporre ricorso per cassazione.
Il ricorrente ribadisce che la volontà dell'imputato era stata espressa con chiarezza, nega che T. F. avesse concorso nella nullità e addebita al cancelliere l'errore di non avere comunicato al difensore l'avviso di deposito della sentenza. Era illogico sostenere che i precedenti difensori, pur tacitamente revocati, avessero ancora il diritto ad impugnare la sentenza e che l'esercizio della facoltà di impugnazione fosse impedito dal ricorso proposto dal precedente difensore.
3. Il Procuratore generale, dott. G. L., nella requisitoria scritta conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. L'art. 96, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che l'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia. Ai sensi dell'art. 24 disp. att. cod. proc. pen., la nomina di ulteriori difensori si considera senza effetto finché la parte non provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultano in eccedenza.
ln base a questa regolamentazione, quindi, la nomina del terzo difensore, intervenuta dopo la pronuncia della sentenza di appello ma prima del deposito tardivo della motivazione, avrebbe dovuto ritenersi inefficace, non essendo stati revocati espressamente i due difensori di fiducia in precedenza nominati: in sostanza, l'avviso di deposito di cui all'art. 548, comma 2, cod. proc. pen., non avrebbe dovuto essere notificato al nuovo difensore.
2. Il ricorrente, tuttavia, fa leva sulla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, in base alla quale la disposizione generale per cui la nomina di un difensore in eccedenza rispetto al numero consentito rimane priva di effetto finché la parte non provvede alla revoca di quelle precedenti, non è applicabile nel giudizio di cassazione, nel quale prevale, in quanto speciale, quella dell'art. 613, comma secondo, cod. proc. pen., in forza della quale la nomina di un terzo difensore iscritto nell'albo delle giurisdizioni superiori ai fini della presentazione del ricorso o successivamente non può essere considerata eccedente e conferisce a quest'ultimo in via esclusiva nella fase di legittimità la titolarità della difesa ed il diritto a ricevere i relativi avvisi (Sez. U, Sentenza n. 12164 del 15/12/2011 Ud. (dep. 30/03/2012) Rv. 252028 - 01).
In effetti, l'art. 613, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che "il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio, purché abbia i requisiti di cui al comma l": sia, cioè, iscritto all'albo speciale della Corte di cassazione.
Non solo: anche l'art. 571, comma 3 ,cod. proc. pen. - norma generale per le impugnazioni - costituisce norma speciale. Le Sezioni Unite osservarono: "deve (...) trovare applicazione la particolare disposizione di cui all'art. 571, comma 3, cod. proc. pen., secondo cui può «proporre impugnazione il difensore dell'imputato al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine», che è regola speciale rispetto al ricordato art. 24, in quanto peculiarmente riferita alla legittimazione a proporre impugnazione.
La congiunzione alternativa "ovvero" che separa le due situazioni rende chiaro che la seconda sia in contrapposizione alla prima. Ciò del resto è logicamente ricavabile dalla considerazione che, una volta ammessa la facoltà di impugnazione in capo al difensore per conto dell'imputato, non sarebbe stato necessario specificare che l'atto di impugnazione possa essere effettuato dal patrono a tal fine nominato; la puntualizzazione esprime la intenzione del legislatore di attribuzione prioritaria, al legale nominato per la proposizione della impugnazione, dell'ufficio difensivo, pur nella ipotesi in cui l'imputato sia già assistito da due difensori.
Quindi, da un lato, in genere, la nomina effettuata da una parte privata di altro difensore in eccedenza rispetto alle precedenti, non accompagnata dalla revoca prevista dall'art. 24 disp. att. cod. proc. pen., è inidonea ad attribuire al terzo legale la qualità di difensore. Dall'altro lato, ove tale nomina sia effettuata dall'imputato al fine della proposizione della impugnazione, essa vale a conferire al nuovo difensore il relativo incarico; consegue che non solo è legittima e, quindi, ammissibile l'impugnazione da esso presentata, ma che tale nuovo legale viene con ciò stesso ad assumere la qualità di difensore per il prosieguo del procedimento, non essendo prevista dal nostro ordinamento una investitura del difensore per un singolo atto.
La natura di regola speciale della previsione in questione rispetto a quella generale di cui all'art. 24 disp. att. cod. proc. pen. trova agevole e razionale spiegazione nella particolare significatività e importanza dell'atto di impugnazione, momento topico del procedimento, e nella considerazione che nella fattispecie in esame non si tratta di nuova nomina genericamente in esubero a quelle precedenti, ma della investitura di un ufficio difensivo specificamente e strutturalmente orientata dall'imputato alla proposizione di tale atto.
Logica ricaduta di quanto sopra osservato è che la nomina di un difensore per la impugnazione implica, in assenza di specifiche manifestazioni di volontà dell'imputato, la revoca di entrambi i due precedenti legali eventualmente nominati (con le conseguenti applicazioni in tema di avvisi e di partecipazione al giudizio di impugnazione e alle fasi e gradi successivi), in mancanza di un criterio normativo per stabilire quale dei due debba intendersi revocato".
3. Peraltro, le Sezioni Unite si erano pronunciate in un procedimento in cui l'atto di impugnazione era stato dichiarato inammissibile perché proposto dal terzo difensore nominato per la sua proposizione: si trattava, quindi, di verificare la legittimità della impugnazione proposta da un terzo difensore designato a tal fine dall'imputato, senza espressa revoca delle precedenti nomine.
Nel caso in esame, invece, il ricorso per cassazione è stato proposto da uno dei difensori di fiducia precedentemente nominati mentre si pretende di trarre delle conseguenze dalla mancata notifica al terzo difensore dell'avviso di deposito della sentenza, sostenendosi che lo stesso sarebbe legittimato a proporre ricorso per cassazione.
La pronuncia delle Sezioni Unite osservava ulteriormente: "Tuttavia, posto che gli atti di impugnazione eventualmente proposti dal precedente o dai precedenti difensori mantengono validità, in base al generale canone tempus regit actum, deriva come corollario la inoperatività (vale a dire, la inefficacia) di una ulteriore impugnazione da parte di un terzo difensore a tal fine nominato se entrambi i due legali già designati hanno proposto impugnazione: infatti, non vi possono essere tre distinti atti _di gravame dei difensori, perché la facoltà di impugnazione legittimamente esercitata dai due precedenti consuma quella del terzo. E, non potendo l'ultimo legale proporre impugnazione, la sua nomina stessa resta priva di efficacia (a meno che l'imputato non provveda a norma dell'art. 24 disp. att. cod. proc. pen.).
Ulteriore logica conseguenza è che, in presenza di un atto di impugnazione già proposto da un precedente difensore, è ammessa un’unica ulteriore impugnazione; se sono due i successivi difensori nominati per la impugnazione vale solo l'atto di gravame per primo depositato o spedito, e vale solo la nomina di chi per primo ha proposto impugnazione".
4. La pronuncia delle Sezioni Unite, peraltro, deve essere rapportata ad altro principio ripetutamente affermato da questa Corte: il diritto di impugnazione può essere esercitato autonomamente da ciascun difensore di uno stesso imputato, con la proposizione di autonomi atti, sempre che - in ossequio al principio di unicità dell'impugnazione - al momento di presentazione del successivo atto di appello o di ricorso non sia già decorso il termine per il gravame e non sia intervenuta una decisione sull'impugnazione proposta da uno dei soggetti legittimati (Sez. 1, Sentenza n. 11600 del 09/01/2019 Cc. (dep. 15/03/2019) Rv. 274922 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 19109 del 28/04/2011 Cc. (dep. 16/05/2011) Rv. 250265 - 01).
In effetti, nel caso di specie, altro difensore di fiducia aveva già proposto ricorso per cassazione che era già stato deciso dalla Corte: il nuovo difensore non può nuovamente esercitare l'autonomo potere di impugnazione.
5. Né si può equiparare il caso in esame a quello della nullità o dell'omessa notifica dell'avviso di deposito della sentenza all'imputato, richiamando i principi sanciti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 317 del 2009: quella sentenza tutelava, infatti, come chiarito dalla Corte, "il principio di garanzia costituito dal diritto del contumace inconsapevole a fruire di una misura ripristinatoria. Quest'ultima, per avere effettività, non può essere «consumata» dall'atto di un soggetto, il difensore (normalmente nominato d'ufficio, in tali casi, stante l'assenza e l'irreperibilità dell'imputato), che non ha ricevuto un mandato ad hoc e che agisce esclusivamente di propria iniziativa. L'esercizio di un diritto fondamentale non può essere sottratto al suo titolare, che può essere sostituito solo nei limiti strettamente necessari a sopperire alla sua impossibilità di esercitarlo e non deve trovarsi di fronte all'effetto irreparabile di una scelta altrui, non voluta e non concordata, potenzialmente dannosa per la sua persona".
In effetti, la pretesa del ricorrente di equiparare due situazioni palesemente differenti è evidente: la sentenza di legittimità citata, infatti, nel rimettere al giudice dell'esecuzione la decisione sulla esecutività del titolo pur in presenza di decisione della Corte di Cassazione sul ricorso proposto dal difensore, aveva ad oggetto l'ipotesi dell'omessa notifica all'imputato contumace dell'avviso di deposito della sentenza di appello, cui faceva decorrere la mancata decorrenza nei suoi riguardi dei termini per la proposizione dell'impugnazione (Sez. 4, Sentenza n. 29298 del 22/03/2018 Ud. (dep. 26/06/2018) Rv. 272977 - 01).
6. Nel caso in esame, invece - non potendo sostenersi né che il ricorso per cassazione proposto dal precedente difensore fosse di per sé inefficace per mancanza di procura (in effetti, l'ordinanza n. 51714/2019 della Settima Sezione penale di questa Corte lo dichiarò inammissibile per motivi di merito e non per la mancanza di legittimazione del difensore), né che il termine per impugnare la sentenza di appello non fosse decorso per l'imputato - si deve prendere atto dell'esaurimento del diritto autonomo di impugnazione del difensore prodottosi a seguito della decisione sul merito del ricorso formulato da altro difensore di fiducia.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.