Con l'ordinanza in commento, la Cassazione ribadisce che, in caso di deposito di una notula in sede di liquidazione degli oneri giudiziali, il giudice è tenuto a spiegare le ragioni della riduzione o dell'eliminazione di alcune somme.
Un avvocato propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Ctr Lazio che aveva accolto l'appello proposto dal medesimo condannando l'Agenzia delle Entrate a rifondergli le spese giudiziali del doppio grado in una misura del tutto insufficiente.
In sede di ricorso, il legale sostiene che i Giudici aveva liquidato in suo favore...
Svolgimento del processo
DL ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 24 ottobre 2019 n. X /2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di cartella di pagamento in dipendenza di avviso di liquidazione per imposta di registro su sentenza civile, ha accolto l'appello proposto dal medesimo nei confronti dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma col n. 27294/45/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali del doppio grado nella misura complessiva di € 300,00. L'Agenzia delle Entrate si è costituita per la sola partecipazione all'eventuale udienza di discussione. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata al difensori delle parti con il decreto di fissazione dell'adunanza della Corte.
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 cod. proc. civ., 2 e 4 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, 75 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver liquidato i compensi spettantigli, in sede di condanna dell'amministrazione finanziaria alla rifusione delle spese giudiziali (per entrambi i gradi di merito) in suo favore, in misura inferiore agli importi minimi dei parametri tabellari in relazione al valore della controversia, senza tener conto delle note spese prodotte.
2. Con il secondo motivo, in via subordinata, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 4 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, quale modificato dall'art. 1 del D.M. 8 marzo 2018 n. 37, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver liquidato i compensi spettantigli, in sede di condanna dell'amministrazione finanziaria alla rifusione delle spese giudiziali (per entrambi i gradi di merito) in suo favore, in misura inferiore ai valori minimi dei parametri tabellari.
Motivi della decisione
1. Entrambi i motivi - la cui stretta ed intima connessione suggerisce l'esame congiunto, a dispetto della priorità prescelta dal ricorrente nell'ordine di prospettazione - sono fondati.
1.1 Invero, è pacifico che, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. 10 marzo 2014 n. 55, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi (tra le tante: Cass., Sez. 3, 15 dicembre 2017, n. 30286; Cass., Sez. 6"-2, 1 giugno 2020, n. 10343).
1.2 Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di spese processuali, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata (tra le tante: Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17405; Cass., Sez. 6"-3,
4 luglio 2018, n. 17577 Cass., Sez. Lav., 26 ottobre 2018, n. 27233; Cass., Sez. 6"-1, 5 marzo 2020, n. 6345); solo quando il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto decreto ministeriale non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investito ai sensi dell'art. 336 cod. proc. civ. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di compenso evoca la nozione di un corrispettivo .unitario per l'opera prestata nella sua interezza (Cass., Sez. fr"-5, 10 dicembre 2018, n. 31884).
1.3 Peraltro, l'esigenza di fornire un'adeguata motivazione a sostegno della determinazione degli importi riconosciuti alla parte vittoriosa sorge soltanto a fronte del deposito, ad opera di quest'ultima, di una nota specifica recante l'indicazione delle attività svolte e delle somme richieste, dovendo il giudice spiegare le ragioni dell'eliminazione o della riduzione di alcune di esse, al fine di rendere possibile la verifica della conformità della liquidazione alle risultanze degli atti ed ai parametri ministeriali (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 5 aprile 2017, n. 8824; Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27815; Cass., Sez. 6-1, 3 marzo 2020, n. 6345; Cass., Sez. 1, 21 gennaio 2021, n. 1076); mentre, nel caso in cui la predetta nota non sia stata prodotta, deve ritenersi sufficiente la distinta indicazione della somma complessivamente spettante a titolo di compenso e di quelle dovute per esborsi, spese generali ed accessori di legge, incombendo alla parte che ne contesti la liquidazione l'onere di indicare analiticamente le voci e gli importi in relazione ai quali l'importo riconosciuto deve considerarsi errato (cfr. Cass., Sez. 6, 21 febbraio 2017, n. 30716; Cass., Sez. 1, 21 gennaio 2021, n. 1076)).
In ogni caso, la nota spese ex art.75 disp. att. cod. proc. civ. funge anche da limite al potere del giudice di liquidazione dei compensi alla parte vittoriosa, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo il quale, quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto è previsto dall'art. 75 disp. att. cod. proc. civ., specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore (Cass., Sez. 6-3, 14 maggio 2013, n. 11522; Cass., Sez. 6-1, 5 marzo 2020, n. 6345).
A tal proposito è stato infatti affermato che «una cosa è che, pure in mancanza di una espressa istanza in tal senso, il giudice abbia il potere di riconoscere alla parte vittoriosa il diritto ad essere rimborsata delle spese sostenute nel processo. Altra cosa è che egli abbia il potere di liquidare spese ed onorari in misura superiore a quella di cui la parte chiede il rimborso nella nota delle spese (...). (...) attraverso la nota delle spese, la parte fissa l'oggetto della condanna chiesta al giudice, sì che, tutte le volte che il giudice liquidi spese, diritti di procuratore ed onorari di avvocato in misura inferiore a quella richiesta, la pronuncia deve essere sorretta dalla spiegazione delle ragioni per cui il rimborso è considerato non dovuto o dovuto in misura inferiore rispetto a quello richiesto in corrispondenza delle singole voci della nota. Non si giustifica, allora, che alla nota delle spese sia negata analoga efficacia quanto alla determinazione dell'oggetto della pronuncia di liquidazione in rapporto ad un esercizio dal potere che si svolga nel senso di oltrepassare la misura di quanto è domandato. Che ciò non sia appare del resto conforme al principio che informa processo principio per cui il giudice non può pronunciare oltre i limiti della domanda (art. 112 cod. proc. civ.)» (Cass., Sez. 6A-3, 14 maggio 2013, n. 11522).
1.4 Peraltro, la valenza vincolante di tale notula non può essere Inficiata dal fatto che, dopo il suo deposito, siano stati modificati i parametri con decorrenza dal 3 aprile 2014, perché prevale il fatto obiettivo che la richiesta di parte relativa ai compensi professionali non è tata comunque modificata, neppure nel corso del giudizio di appello, mentre non può ritenersi che la predetta notula potesse considerarsi tamquam non esset per il solo fatto della modificazione medio tempore dei parametri in difetto di attività della parte interessata (Cass., Sez. 6-1, 5 marzo 2020, n. 6345).
1.5 Nella specie, quindi, come si può desumere ictu oculi da un raffronto col contenuto (trasfuso in ricorso in ossequio al canorie dell'autosufficienza) delle "note spese" depositate nel fascicolo di parte, la Commissione Tributaria Regionale si è notevolmente discostata in minus sia dalle richieste ivi contenute (sia pure con riferimento alle tariffe vigenti ratione temporis) (per un totale di € 1.686,25, di cui € 778,05 per il primo grado ed € 908,20 per il secondo grado) che dai parametri minimi ex D.M. 10 marzo 2014 n. 55 nella liquidazione dei compensi del difensore in relazione al valore della controversia (€ 405,70) per ciascun grado di merito, limitandosi ad una liquidazione cumulativa per il duplice grado del giudizio tributario in misura del tutto irrisoria (€ 300,00).
2. Valutandosi la fondatezza dei motivi dedotti, dunque, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti del capo relativo alla liquidazione delle spese giudiziali con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti specificati in motivazione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.