L'imputato lamenta che la tempistica troppo celere del processo davanti al Giudice di Pace gli avrebbe impedito di avvalersi della sospensione del procedimento qualora ne avesse fatto richiesta. La Cassazione ricorda che tale istituto è attivabile solo se l'imputato dimostra di non aver avuto conoscenza della possibilità di effettuare l'offerta riparatoria, poiché il termine dell'udienza ex art. 35 D.Lgs. n. 274/2000 ha natura perentoria.
L'imputato propone ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale di Torino di confermare la sentenza del Giudice di Pace, deducendo la mancata applicazione dell'
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Torino ha rigettato gli appelli sia dell'imputato sia delle parti civili ed ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Torino, che ha condannato S. C. alla pena di euro 1.200,00 di multa ed, in solido con il responsabile civile, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in sede civile, per il reato di cui all'art. 590 cod.pen. (per avere cagionato lesioni al pedone Antonio Fierro, investendolo con il proprio veicolo, mentre era in procinto di completare l'attraversamento, con colpa consistita in negligenza ed imprudenza, avendo omesso di rallentare e consentire di terminare l'attraversamento, in data 6 gennaio 2016).
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione l'imputato e le parti civili.
3. L'imputato ha dedotto il vizio di motivazione in ordine all'esclusa applicazione dell'art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, atteso che, pur non avendo chiesto la sospensione del processo, che avrebbe potuto essere concessa per soli 3 mesi, ha chiesto ed ottenuto una serie di rinvii per la valutazione del danno e per trattative, ma non si è potuto avvalere dell'istituto a causa della tempistica troppo celere del processo.
4. Le parti civili hanno lamentato l'erronea applicazione degli artt. 1218, 1223, 2043, 2056, 2059 cod.civ. e 185 cod.pen. ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della provvisionale richiesta (nonostante il versamento, da parte del responsabile civile, del modesto importo di euro 154.737,48 a fronte di un danno biologico pari al 70% e di una inabilità temporanea totale di 365 giorni), essendosi ritenuto rilevante il sopravvenuto decesso del danneggiato, per cause indipendenti dal sinistro, ai fini della liquidazione del danno biologico e della provvisionale.
3.La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'inammissibilità di entrambi i ricorsi.
Sono pervenute le conclusioni del responsabile civile, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso della parte civile.
Motivi della decisione
1. In via preliminare deve ricordarsi che, ai sensi dell'art. 606, comma 2-bis, cod.proc. pen., contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c). Si è anche precisato che la regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio" rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per cui è inammissibile la relativa censura avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace per le quali il ricorso può essere proposto, ai sensi dell'art. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen., solo per i motivi di cui all'art. 606, comma 1, lettere a), b) e c) cod. proc. pen. Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, M., Rv. 280245).
2. Il ricorso dell'imputato, con cui si è denunciato un vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell'art. 35 d.lgs. n. 274 del 2000, è, pertanto, inammissibile.
2.1. A ciò si aggiunga che la censura è meramente ripetitiva di quella formulata in appello e già respinta con una motivazione del tutto adeguata, coerente e logica, con cui il ricorrente non si confronta affatto. Va, difatti, ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l'aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento attaccato e l'indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, L., Rv. 254584; v. anche Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, R., Rv. 267611 che precisa che i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione).
2.2. Ad ogni modo, la decisione è corretta, stante il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di procedimento davanti al giudice di pace, il termine dell'udienza di comparizione, previsto dall'art. 35 d.lgs. n. 274 del 2000 per procedere alla riparazione del danno cagionato dal reato, ha natura perentoria (Sez.5,n. 30094, del 14/03/2018, S., Rv. 273328), sicché, alla luce dei principi costituzionali, solo qualora l'udienza di comparizione serva a colmare, mediante una breve sospensione della stessa, il vuoto di conoscenza dell'imputato in ordine alla possibilità di effettuare l'offerta riparatoria, la riparazione successiva alla predetta sospensione di udienza è produttiva degli effetti previsti dalla legge (Sez. 5, n. 44394, del 17/07/2013, M., Rv. 257548).
3. Parimenti è inammissibile il ricorso delle parti civili, che ha ad oggetto la mancata concessione della provvisionale, atteso che non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, T., Rv. 277773).
4. In conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo alcuna ragione di esonero in virtù della sentenza della Corte cost. n. 186 del 2000, al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende. Vanno, inoltre, compensate le spese tra le parti private, stante la reciproca soccombenza, precisando che la posizione del responsabile civile non può essere distinta da quella dell'imputato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende; compensa le spese di lite tre le parti.