I mutamenti sociali degli ultimi anni hanno imposto di affiancare al parametro della verità genetica altri criteri, come quello della verità affettiva o sociale, attribuendo rilevanza alle relazioni di fatto intrattenute dal minore aventi carattere di stabilità e significatività.
La Corte d'Appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l'azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità proposta dal curatore speciale del minore, poiché contraria all'interesse di quest'ultimo.
Contro tale pronuncia, il curatore propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Con l'ordinanza n. 30403 del 27 ottobre 2021, la Corte di...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n.112/2020, pubblicata il 28-1-2020 e notificata il 7- 5-20, la Corte d'appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Castrovillari n.146/2018, ha dichiarato inammissibile l'azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità proposta dall'avv. M. M., quale curatore speciale del minore S. M., in quanto contraria all'interesse del minore. La Corte d'appello ha ritenuto che: i) l'interesse del minore all'impugnazione del riconoscimento potesse valutarsi non solo nella fase preliminare, ex art.264 c. c., con cui il tribunale per i minorenni decide se autorizzare o meno il promovimento dell'azione, ma anche nel giudizio di merito e finanche nel giudizio di appello, prestando adesione all'indirizzo di questa corte, espresso con la pronuncia n. 8617/2017, e a quello implicitamente avallato dalla corte costituzionale con la sentenza n.272/2017, dando nel contempo atto di un orientamento contrastante da parte di questa corte, al riguardo (cass. 71/1994 e 4020/2017); ii) tra i criteri orientativi della valutazione dell'interesse del minore dovesse attribuirsi prevalenza al favor minoris, in adesione alle pronunce di legittimità nn. 8617/2017 e 26767/2016 nonché in osservanza dei principi affermati dalla corte costituzionale con la sentenza n.272/2017, e non al favor veritatis (cass. n. 4020/2017); iii) nel caso concreto, dagli elementi emersi dall'istruttoria, in dettaglio scrutinati (pag.14 sentenza impugnata), risultasse prevalente l'interesse del minore, nato nel 2011, a conservare l'attuale status, sebbene in contrasto con la verità biologica; iv) alla rilevata mancanza di interesse del minore all'azione dovesse conseguire l'inammissibilità della relativa domanda proposta dal curatore speciale del minore stesso, in quanto presupposto implicito di detta azione: sia in base a considerazioni di carattere sistematico; sia perché riproducente nella fase di merito quella preliminare ex art.263 c. c., non risultando, peraltro, la statuizione di inammissibilità preclusiva della riproposizione di quell'azione da parte di S. M., il quale avrebbe potuto, raggiunta l'età prevista dalla legge, tutelare il proprio interesse all'accertamento di uno status coerente con la verità biologica.
2. Avverso questa sentenza l'avv. M. M., quale curatore speciale del minore S. M., propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, resistito con controricorso da A. M.. È rimasto intimato il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro.
3. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Con i motivi primo e secondo parte ricorrente denuncia la violazione degli artt.264 e 263 c. c. , in relazione all'art.360 n.3 c.p.c., per avere la corte di merito richiamato una pronuncia di questa corte (n.8617/2017) concernente una fattispecie molto diversa perché riguardante un minore infrasedicenne, mentre nella specie il minore ha solo nove anni e non la maturità di comprensione e di determinazione rispetto alla propria identità personale. Rileva la ricorrente che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.272/2017, ha richiamato la valutazione dell'interesse del minore con riguardo alla fase anteriore all'instaurazione dell'azione e rimarca che l'affermazione della Corte d'appello, circa la natura processuale della statuizione di inammissibilità e non preclusiva di una successiva azione di impugnazione del riconoscimento da parte del figlio, determinerebbe una tacita abrogazione parziale dell'art.264 c. c., consentendo l'impugnazione del riconoscimento solo al figlio che abbia raggiunto i quattordici anni di età. Ad avviso di parte ricorrente, inoltre, il ragionamento della Corte di merito non è conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte e dalla Corte Costituzionale in ordine alla portata precettiva dell'art.263 c. c., considerato che il favor veritatis non si pone in conflitto con il favor minoris e che, al pregiudizio paventato dalla Corte d'appello, potrebbe ovviarsi mediante l'istituto dell'adozione, sicché i giudici di merito non avevano proceduto al corretto bilanciamento tra i due criteri di valutazione (dell'interesse del minore) di cui sopra.
2. I due motivi, da valutarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
2.1. Il primo profilo di censura concerne l'individuazione della fase di giudizio in cui deve essere effettuata la valutazione dell'interesse del minore all'impugnazione del riconoscimento, che, ad avviso della ricorrente, deve avvenire solo nella fase preliminare di nomina del curatore speciale.
Ribadisce il Collegio che, invece, vada data continuità all'orientamento di questa Corte secondo il quale la valutazione dell'interesse del minore all'impugnazione del proprio riconoscimento per difetto di veridicità deve avvenire anche nel giudizio di merito (così Cass. 26767/2016; Cass.n.8617/2017 e Cass. n. Cass.4791/2020). Al riguardo va rimarcato che: il provvedimento di nomina del curatore speciale è emesso all'esito di sommarie informazioni; non ha carattere di decisorietà e definitività ex art 264 c. c.; ed è rimesso all'impulso del PM o dell'altro genitore, mentre la rilevanza del principio del contraddittorio e la delicatezza della materia impongono che la valutazione dell'interesse del minore avvenga all'esito di un giudizio di cognizione piena. Proprio in considerazione della valenza degli interessi in gioco, infatti, l'approfondita indagine in tal senso non può ritenersi affatto superflua e meramente duplicatoria di quella già compiuta e sottoposta al vaglio del giudice ai fini della nomina del curatore meritando di essere approfondita, con gli apporti di ciascuno, nella cognizione svolta nel pieno dispiegarsi del contraddittorio tra le parti.
2.2. Quanto alla censura riferita al bilanciamento tra il favor veritatis e l'interesse del minore, secondo l'orientamento che il Collegio condivide e qui intende ribadire, « il quadro normativo (artt. 30 Cost., 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, e 244 c. c.) e giurisprudenziale attuale non comporta la prevalenza del "favor ventatis" sul "favor minoris", ma impone un bilanciamento fra il diritto all'identità personale legato all'affermazione della verità biologica - anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e de/l'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini - e l'interesse alla certezza degli "status" ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto a/l'identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi a/l'interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infraquattordicenne. Tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale» (così Cass.n. 26767/2016; in senso conforme Cass. n. 8617/2017; Cass.4791/2020).
Con il suddetto indirizzo, basato anche sull'assunto secondo cui il favor veritatis non ha valenza costituzionale, è stata, in sintesi ed in buona sostanza, ridimensionata la preponderanza del favor veritatis e affermata la prevalenza dell'interesse del minore nel caso in cui la verità possa essere in concreto per lui pregiudizievole, avuto riguardo, in particolare, alle relazioni affettive nel frattempo instauratesi e a ogni altro elemento di rilevanza.
2.3. A conforto di detto orientamento si pone, in aggiunta alla pronuncia della Corte Costituzionale n.272/2017 citata nella sentenza impugnata, altra sentenza dello stesso Giudice delle leggi, n.127/2020, resa in tema di impugnazione di riconoscimento e procreazione medicalmente assistita, che sancisce il criterio guida dell'immanenza dell'interesse del minore.
in sintesi, il giudice delle leggi ha dato conto dell'evoluzione in atto, non solo sul piano della normazione, ma anche sul versante della giurisprudenza di questa Corte, che rimarca l'immanenza dell'interesse del figlio (soprattutto se minore) nell'ambito delle azioni volte alla rimozione dello status, sicché l'interesse pubblico alla verità biologica non è predominante, sempre e in assoluto. La Corte costituzionale ha affermato che, nell'ipotesi di impugnazione del riconoscimento consapevolmente falso da parte del suo autore, "il bilanciamento tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto e il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata e non può implicare ex se il sacrificio dell'uno in nome dell'altro".
Quest'impostazione evolutiva è in linea con l'art.2 Cost. ma anche con l'ordinamento sovranazionale (art. 3, §1, della convenzione Onu sui diritti del fanciullo; art. 24, co. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli art. 1, co. 1; l'Unione europea Regolamento n. 1111 del 2019, che afferma il criterio della preminenza dell'interesse del minore quale regola giuridica che ogni autorità giurisdizionale è tenuta ad applicare; art. 8 della CEDU, che non contiene un esplicito riferimento all'interesse del minore, ma tutela la vita privata e familiare, privilegiando il principio della stabilità dell'identità personale).
La Corte Costituzionale ha, dunque, rimarcato che è necessario effettuare un bilanciamento degli interessi in gioco e valutare nel caso concreto i presupposti della domanda di rimozione dello status, comparando il diritto all'identità personale del figlio (inevitabilmente correlato ai legami instauratisi nella famiglia) e poi ulteriori variabili, quali: a) la durata del rapporto di filiazione; b) l'idoneità dell'autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore; c) il legame del soggetto riconosciuto con l'altro genitore e la possibilità di instaurare siffatto legame con il genitore biologico.
Alla stregua delle ulteriori, importanti puntualizzazioni fornite dal Giudice delle leggi con la citata sentenza del 2020, peraltro con riferimento ad un caso in cui l'identità genetica non corrispondeva all'identità biologica, può affermarsi che i significativi mutamenti sociali degli ultimi anni impongano di affiancare al parametro della verità genetica altri criteri, quali quelli della verità affettiva o sociale, in una prospettiva di tutela degli stabili e rilevanti assetti relazionali di fatto.
2.4. Ciò posto, la Corte di merito si è attenuta ai principi suesposti, ha in dettaglio valutato ogni profilo di rilevanza e ha accertato, in fatto, l'idoneità dell'autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore, come da relazione citata in sentenza e acquisita dal Tribunale per i Minorenni, la durata del rapporto di filiazione (otto anni, dalla nascita) e la totale assenza di legame con la madre biologica, di cui non si hanno notizie e che non si è mai interessata del bambino.
La Corte territoriale ha inoltre affermato che non erano note l'identità del padre biologico e la sua relazione con la madre biologica e che non emergevano riscontri di accordi illeciti tra quest'ultima e A. M..
Sulla scorta di tali risultanze, con adeguata motivazione, la Corte d'appello ha, pertanto, ritenuto che fosse prevalente l'interesse del minore a conservare l'attuale status, sebbene in contrasto con la verità biologica risultante dagli esiti degli accertamenti tecnici eseguiti dal Tribunale per i minorenni (pag. nn. 14 e 15 della sentenza impugnata).
2.5. È inammissibile il profilo di censura svolto con riguardo alla statuizione di inammissibilità dell'azione proposta per difetto di presupposto processuale.
La doglianza non è conducente e non si confronta con il decisum sul punto, limitandosi la ricorrente a sostenere che, in base all'impostazione della Corte di merito, l'azione sarebbe proponibile solo dal figlio ultraquattordicenne, senza esprimere specifiche critiche al ragionamento decisorio.
3. In conclusione, non ricorrono i vizi denunciati, il ricorso va rigettato in applicazione dei principi di diritto sopra richiamati e le spese di lite del presente giudizio possono essere compensate, considerata la controvertibilità delle questioni di fatto trattate.
Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l'art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.