Con l'ordinanza in commento, la Cassazione ribadisce che la compensazione è un mezzo di estinzione dell'obbligazione diverso dal pagamento, conseguendone che il debitore deve dimostrare che sussistono i presupposti per produrre l'effetto estintivo. Il modello F24 non è idoneo ad ottemperare a tale onere probatorio.
I Giudici di primo grado accoglievano il ricorso di un notaio con cui impugnava l'avviso di liquidazione relativo all'atto da lui rogato con il quale una società cedeva un credito ad un'altra società, deducendone la nullità per carenza di motivazione nonché la falsa applicazione dell'art. 27 TUR poiché l'ufficio aveva applicato l'imposta...
Svolgimento del processo
1.- Il Notaio G. C. ha impugnato l'avviso di liquidazione relativo all'atto da lui rogato in data 1.7.2015, con il quale la C. s.r.l. ha ceduto ex art. 1260 c. c. alla S. S.r.l. (oggi P.G. s.r.l.) un credito. Ha dedotto la nullità dell'atto impositivo per carenza di motivazione e la falsa applicazione dell'art. 27 del DPR 131/1986 (fUR) in quanto l'ufficio ha applicato l'imposta proporzionale di registro nella misura dello 0,50% anziché quella fissa. Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado. Ha proposto appello l'Agenzia e nel corso del giudizio di secondo grado il contribuente ha chiesto la dichiarazione della cessazione della materia del contendere per intervenuto pagamento da parte della società coobbligata dell'intero ammontare dell'imposta oltre interessi, tramite l'istituto della compensazione; l'Agenzia si è però opposta deducendo che la s.r.l. coobbligata pretendeva di opporre un credito IVA inesistente.; di contro il Notaio ha dedotto che l'Agenzia avrebbe dovuto procedere al recupero di detto credito (art, 1 comma 421 n. 311/2004) e solo allora si può considerare il credito inesistente.
La CTR ha ritenuto che la facoltà dell'Agenzia di procedere al recupero del credito IVA contestato non comporta la cessazione materia del contendere, osservando che la dichiarazione di compensazione del debito con credito è stata contestata dall'Agenzia. Nel merito ha osservato che la cessione di crediti, se operazione di natura non finanziaria, è esclusa dal campo di applicazione dell'IVA con conseguente applicazione dell'imposta di registro proporzionale nella misura dello 0,50% ed ha pertanto accolto l'appello della Agenzia.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a tre motivi. Ha resistito con l'Agenzia. Il ricorrente ha depositato memoria. La causa è stata trattata alla udienza camerale dell'8 aprile 2021.
Motivi della decisione
3.- Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente lamenta ex art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1292 e 2697 c. c.: dell'art 1 comma 421 della legge n. 311 del 2004 dell'art 27 commi 16 - 20 del DI n. 185 del 2008 nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'arte 360 n. 5 c.p.c. Deduce che egli ha eccepito l'intervenuto pagamento dell'imposta da parte della società P.G., coobbligata, e ha quindi chiesto la dichiarazione di cessata materia del contendere, erroneamente negata dal giudice d'appello; che ha provato le sue affermazioni depositando il mod. F24 e l'estratto di ruolo dal quale risulta che il debito della società coobbligata è pari a zero; che l'Agenzia ha dedotto l'inesistenza del credito IVA opposto in compensazione, ma non l'ha provata come avrebbe invece dovuto tramite l'atto di recupero motivato. Deduce quindi che la CTR ha travisato la sua eccezione e male applicato i principi in tema di onere della prova, senza esaminare questi documenti decisivi, attestanti l'estinzione della obbligazione tributaria per intervenuto pagamento e non ha tenuto conto che l'Agenzia non ha dato la prova della inesistenza del credito, come invece era suo onere.
3.1- Il motivo è infondato.
Le argomentazioni del ricorrente, che deduce di avere dato prova dell'eccepita estinzione della pretesa tributaria, tramite il "pagamento" da parte della società coobbligata, non possono condividersi, in quanto si assimila erroneamente la dichiarazione di voler compensare un debito tributario con un controcredito, ad un pagamento con effetto estintivo immediato. Così non è, perché la compensazione è un mezzo di estinzione dell'obbligazione diverso dal pagamento che produce effetto solo alle condizioni previste dalla legge ed in particolare, per quanto attiene alla compensazione legale qui invocata, solo se i due debiti sono ugualmente liquidi ed ·esigibili, secondo quanto dispone l'art 1243 c. c. Pertanto il debitore, onerato della prova del pagamento del debito o della diversa estinzione della obbligazione (anche da parte di un coobbligato), non può limitarsi a provare solo che il coobbligato ha portato in compensazione un credito, ma deve provare che sussistono i presupposti per produrre l'effetto estintivo. Per aversi l'effetto estintivo proprio della compensazione è necessario qualcosa di più della dichiarazione del debitore di voler compensare con un determinato credito da lui vantato perché ciò di per sé non dimostra la sussistenza dei requisiti legali del controcredito; di contro la contestazione da parte del debitore esclude la liquidità del credito, laddove la legge richiede, affinché si verifichi la compensazione legale, la contestuale presenza dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito stesso (Cass. n.18852/2019).
Ora, il mod. F24 depositato dal contribuente può essere idoneo a provare il fatto storico che la società ha portato in compensazione un determinato credito, ma non è di per sé idoneo a provare la sussistenza dei presupposti di legge per il verificarsi dell'effetto estintivo. Neppure l'estratto di ruolo a debito zero costituisce la prova della avvenuta estinzione, poiché esso è solo la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale (Cass. n.11028/2018) e quindi dimostra solo quello che qui è pacifico e cioè che l'Agenzia al momento dell'appello non aveva ancora proceduto al recupero del dichiarato credito tributario, pur se da essa ritenuto inesistente; il recupero costituisce tuttavia solo la fase esecutiva e l'obbligazione non sorge per effetto del suo esperimento. Non può dirsi dunque che il contribuente abbia dato la prova del pagamento del debito tributario, né della sua estinzione per causa diversa dal pagamento, perché l'esistenza del controcredito portato in compensazione è stata contestata dalla Agenzia delle entrate. La dichiarazione del contribuente, di voler compensare un debito tributario con un controcredito, non dimostra di per sé che si è prodotto l'effetto estintivo della obbligazione tributaria per effetto della invocata compensazione legale, se il controcredito è contestato dall'Agenzia delle entrate, contestazione sufficiente a privare il vantato credito dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.
Pertanto la CTR ha correttamente applicato i principi in materia di compensazione dando rilievo alla contestazione ed escludendo che, stante la contestazione, si possa parlare di cessazione della materia del contendere.
4.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art 360 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132 comma secondo c.p.c. e 118 c.p.c. ai sensi del 360 numero 4. Deduce che la CTR non si è pronunciata sulla questione dell'assoluto difetto di motivazione dell'atto impugnato che esso ricorrente ha espressamente reiterato in appello.
Il motivo è inammissibile, posto che non si trascrive questa parte dell'atto di controdeduzioni in appello ove la questione sarebbe stata riproposta. In base al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, di cui all'art 366 c.p.c. qualora il ricorrente proponga delle censure attinenti all'esame o alla valutazione di atti processuali o di parte di essi, è tenuto a trascriverne nel ricorso il contenuto essenziale e nel contempo a fornire alla Corte elementi sicuri per consentirne l'individuazione e il reperimento negli atti processuali (Cass. 11892/2020; Cass. n.11713/2020; Cass. n.29093/2018 Cass., n.16147/2017)
5.- Con il terzo motivo si deduce ex art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell'articolo 27 commi da 1 a 4 del TUR e dell'art. 6 della tariffa nonché ai sensi dell'art 360 n. 5 c.p.c. l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il ricorrente deduce che la CTR ha omesso di considerare che l'art. 3 dell'atto rogato prevede la condizione sospensiva dell'effettivo ed integrale pagamento del prezzo della cessione e lo stesso avviso di liquidazione riporta che gli effetti dell'atto sono sottoposti alla condizione sospensiva dell'effettivo ed integrale pagamento; secondo il contribuente si applica dunque l'art. 27 comma 4 del TUR.
Il motivo è infondato.
Alla fattispecie si applica il comma 3, dell'art 27 cit., come peraltro esplicitato nell'avviso di accertamento parzialmente trascritto a pag. 17 del ricorso, in base al quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore; non si applica invece il comma 4 dal momento che si tratta di una cessione onerosa di credito (vendita) con condizione meramente potestativa e cioè il pagamento del prezzo da parte dall'acquirente. (Cass. n.7390/2020).
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della· sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.