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2 novembre 2021
Utilizzabili a fini difensivi le registrazioni di colloqui tra dipendente e colleghi effettuate senza il consenso dei presenti

La registrazione di colloqui tra presenti all'insaputa dei conversanti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza, a meno che non sia effettuata per far valere o per difendere un proprio diritto.

La Redazione

Il Giudice di secondo grado rigettava la domanda proposta dal lavoratore tesa ad accertare la natura discriminatoria e ritorsiva del licenziamento a lui intimato per giusta causa dalla società datrice di lavoro, condannando quest'ultima al pagamento di un'indennità risarcitoria nei suoi confronti. Così facendo, il Giudice aveva giustificato il rifiuto opposto dal lavoratore alla partecipazione ad un corso di formazione obbligatorio per via dell'esiguità del termine di preavviso e aveva consentito al lavoratore la registrazione della conversazione tenuta con il superiore gerarchico finalizzata alla tutela dei suoi diritti a fronte di un'eventuale contestazione disciplinare a suo carico.
Contro tale pronuncia, la società propone ricorso per cassazione, deducendo, tra i diversi motivi, il fatto che il Giudice avesse ritenuto esistente una prassi aziendale di congruo preavviso ai dipendenti convocati per la partecipazione ad un corso di formazione obbligatorio in assenza di alcuna norma o prassi aziendale in tal senso e per avere ritenuto consentita la registrazione della conversazione effettuata dal lavoratore. 

Con la sentenza n. 31204 del 2 novembre 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, osservando innanzitutto che «la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti integra, di per sé, gli estremi dell'uso aziendale». Quest'ultima, appartenendo al novero delle fonti sociali, agisce sui singoli rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale. Tenendo conto di ciò, la Corte ha riscontrato l'esistenza di una prassi aziendale di congruo preavviso ai lavoratori di convocazione ai fini della partecipazione ai corsi di formazione, prassi che nel caso concreto non era stata rispettata.

Quanto alla lamentata violazione del diritto alla riservatezza dei colleghi attraverso la registrazione della conversazione in presenza senza consenso, invece, gli Ermellini avevano già affermato che tale condotta configura una grave violazione del suddetto diritto, con conseguente legittimità del licenziamento intimato.
Ma, l'art. 24 D. Lgs. n. 196/2003 permette di prescindere dal consenso dell'interessato qualora il trattamento dei dati sia necessario per fare valere o difendere un diritto, a patto che essi siano trattati solo per queste finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Come prosegue la Corte: «l'utilizzo ai fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell'imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall'altra e pertanto di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio». Di conseguenza, sono legittime le registrazioni effettuate dal lavoratore per tutelare la sua posizione all'interno dell'azienda e per precostituirsi un mezzo di prova.
Del resto, tale condotta risponde alla necessità conseguente al legittimo esercizio di un diritto, considerando che «il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso».

Anche per le argomentazioni esposte, gli Ermellini rigettano il ricorso proposto dalla società.

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