Accolto il ricorso dell'imputato che era stato accusato di aver condizionato il risultato di una partita di calcio mediante il raggiungimento di un accordo con un giocatore della squadra favorita alla vittoria. Per la Cassazione, dalle conversazioni telefoniche intercettate non si evince l'avvenuto raggiungimento del predetto accordo, conseguendone l'illogicità della motivazione che aveva determinato la condanna del ricorrente.
La Corte d'Appello di Catanzaro confermava la sentenza del GIP del Tribunale calabro con cui era stata accertata la responsabilità penale dell'attuale ricorrente per il reato di frode in competizioni sportive. In particolare, secondo i Giudici di merito, l'imputato avrebbe condizionato il risultato di una partita di calcio...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa in data 1° dicembre 2020, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro che aveva dichiarato la penale responsabilità di R. P. per il reato di cui all'art. 1, comma 1, legge n. 401 del 1989 e successive modificazioni, e lo aveva condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione, applicata la diminuente per il rito, con diniego delle circostanze attenuanti generiche e subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento delle provvisionali entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.
Secondo i giudici di merito, R. P. avrebbe condizionato, in particolare, il risultato della partita di calcio disputata il 29 marzo 2015 tra il C. e lo S., al fine di favorire quest'ultima squadra, mediante il raggiungimento di un accordo con il giocatore del C., A. G., con offerta di denaro o altra utilità o vantaggio a quest'ultimo, in epoca anteriore e prossima al 23 marzo 2015; la partita si era poi conclusa con la vittoria dello S. per il risultato di 3 a O.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe R. P., con atto a firma degli avvocati R. P. e M. N., articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 546, 187, 266 e 270 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod, proc. pen., avendo riguardo sia alla omessa motivazione relativa alle censure sviluppate nella memoria difensiva depositata tramite p.e.c., le quali contestavano l'inutilizzabilità delle intercettazioni e formulavano richiesta di valutare la sentenza di assoluzione dei coimputati, sia, in linea generale, alla motivazione concernente l'affermazione di responsabilità.
Si deduce, innanzitutto, che la sentenza impugnata non ha risposto alle deduzioni formulate nella memoria trasmessa a mezzo p.e.c., e, in particolare, non ha risposto alle seguenti obiezioni: a) le conversazioni captate sono inutilizzabili perché il delitto di frode sportiva, anche nella forma aggravata, non è reato per il quale si possono disporre le intercettazioni, ed inoltre, nella specie, le intercettazioni sono state disposte in altro procedimento, con conseguente necessità di un titolo per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza; b) la sentenza impugnata avrebbe dovuto motivare anche in considerazione dell'assoluzione dei due coimputati nel separato processo a loro carico, la cui sentenza era stata allegata, specie perché il reato in contestazione ha come presupposto essenziale il concorso di altre persone nel reato.
Si deduce, poi, che la sentenza impugnata riproduce acriticamente la motivazione della sentenza di primo grado, senza confrontarsi con le censure della difesa, le quali deducevano: -) l'inutilizzabilità delle conversazioni relative ad altro procedimento, pendente presso il Tribunale di Reggio Calabria, e ad altre condotte, come ad esempio la conversazione del 27 marzo 2015, progr. n. 192, successiva alla data della consumazione del reato; -) l'assenza di prova concernenti l'intervenuta promessa, accordo od offerta; -) il difetto di una reale e concreta possibilità per il ricorrente di modificare il risultato della partita.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 133 cod. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla subordinazione della sospensione condizionale al pagamento delle provvisionali.
Si deduce che il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato motivato sulla base del concorso con persone di elevato spessore criminale, con specifico riferimento a Pietro Iannazzo, e che, però, nelle more, quest'ultimo è stato assolto. Si aggiunge che occorreva tener conto dell'incensuratezza del ricorrente, e dell'assenza di effetti rilevanti della condotta del medesimo. Si deduce, poi, che, per le stesse ragioni deve ritenersi viziata la subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento delle provvisionali.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Fondate sono le censure esposte nel primo motivo, sia laddove contestano il mancato esame delle questioni dedotte con la memoria trasmessa a mezzo p.e.c., attinenti alla inutilizzabilità delle conversazioni intercettate e all'assoluzione dei pretesi correi, sia nella parte in cui affermano la sussistenza di un vizio logico in ordine alla indicazione delle ragioni per le quali, pur volendo ammettere l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, deve ritenersi accertata la commissione del reato per il quale è stata pronunciata condanna.
3. Il primo ordine di censure ha ad oggetto l'assenza di risposta, nella sentenza impugnata, in ordine alle questioni, poste con la memoria trasmessa a mezzo p.e.c., concernenti l'utilizzabilità delle conversazioni intercettate e l'efficacia liberatoria, per l'odierno ricorrente, dell'assoluzione dei pretesi correi.
Le indicate questioni, il cui mancato esame risulta con immediatezza dalla lettura della sentenza impugnata, sono entrambe rilevanti, ed anzi decisive, ai fini dell'affermazione della colpevolezza dell'imputato.
3.1. Innanzitutto, infatti, l'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente è fondata sul contenuto di conversazioni telefoniche intercettate.
Invero, secondo l'imputazione, ritenuta provata dai giudici di merito, Petrucci avrebbe condizionato il risultato della partita di calcio disputata il 29 marzo 2015 tra il C. e lo S., al fine di favorire quest'ultima squadra, mediante il raggiungimento di un accordo con il giocatore del C. A. G., con offerta di denaro o altra utilità o vantaggio a quest'ultimo, in epoca anteriore e prossima al 23 marzo 2015; la partita si era poi conclusa con la vittoria dello S. per il risultato di 3 a O.
Ora, l'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente si basa, in particolare, sulla conversazione n. 3951 del 23 marzo 2015, nel corso della quale il medesimo, in particolare, dice ad un terzo: «Andiamo là, uno scontro diretto ... parlo con A. G., parlo con gli amici e compagnia bella ... ci servirebbe un punto, giusto? ... no, come il pane! ...», nonché su altre conversazioni da cui si desume come l'imputato si mostri incline a contattare i componenti o responsabili di squadre di calcio per interferire sui risultati delle partite.
Risulta quindi di fondamentale importanza valutare se i dialoghi captati, e in particolare la conversazione del 23 marzo 2015 sopra precisata, siano utilizzabili. Va premesso che il problema non attiene alla possibilità di effettuare intercettazioni per il reato per il quale è stata pronunciata condanna. Invero, la fattispecie di cui all'art. 1, comma 1, legge n. 401 del 1989 è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 1.000,00 a 4.000,00 euro, e, a norma dell'art. 266, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., l'attività di captazione è consentita nei procedimenti relativi a «delitti non colposi per i quali è prevista la pena [ ...] della reclusione superiore nel massimo a cinque anni».
Il problema è quello della possibile inutilizzabilità delle conversazioni per essere le intercettazioni eseguite.. in altro procedimento.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, dopo l'intervento delle Sezioni Unite, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'art. 266 cod. proc. pen. (così Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, C., Rv. 277395-01, nonché Sez. 5, n. 1757 del 17/12/2020, dep. 2021, L., Rv. 280326-02).
Nella specie, la sentenza impugnata, nonostante l'indicazione nella memoria trasmessa a mezzo p.e.c., secondo cui i decreti autorizzativi sarebbero stati emessi nell'ambito di altro procedimento, e precisamente del procedimento n. 1110/09 R.G.N.R. D.D.A., nulla ha detto al fine di rappresentare che le intercettazioni, e in particolare quella relativa alla conversazione del 25 marzo 2015, siano state eseguite nel procedimento nel quale è stata pronunciata condanna, o comunque in altro procedimento connesso a norma dell'art. 12 cod. proc. pen. D'altro canto, la sentenza di primo grado, molto probabilmente perché pronunciata prima della decisione delle Sezioni Unite, si è limitata ad osservare che il procedimento in esame origina da quello n. 1110/09 R.G.N.R., che a questo era stato riunito il procedimento n. 5656/12 R.G.N.R. nel cui ambito erano state autorizzate le intercettazioni e che poteva parlarsi di un unico procedimento sostanziale, in quanto tutti i diversi procedimenti erano segmenti di un unico filone investigativo.
Manca, quindi, qualunque indicazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per affermare l'utilizzabilità delle conversazioni poste a fondamento della condanna del ricorrente, nonostante l'esistenza di puntuali censure della difesa in sede di appello e l'assenza di precisazioni risolutive nella sentenza di primo grado.
Né la questione posta dalla difesa può essere risolta in questa sede. Come infatti già osservato in giurisprudenza, occorre rilevare che, in tema di utilizzazione dei risultati di intercettazioni in procedimenti diversi da quello nel quale sono state disposte, ii controllo demandato al giudice del procedimento diverso in ordine alla sussistenza dei presupposti necessari per l'utilizzo della prova dà luogo a un giudizio di fatto che è censurabile in cassazione solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione (cfr. Sez. 3. N. 46085 del 28/03/2018, F., Rv. 275351-02, e Sez. 1, n. 20224 del 07/02/2002, C., Rv. 221445-01).
3.2. In secondo luogo, poi, l'accusa è formulata in relazione all'accordo tra l'odierno ricorrente ed il giocatore del C. A. G., con offerta di denaro o altra utilità o vantaggio a quest'ultimo, al fine di condizionare il risultato della partita di calcio del 29 marzo 2015 tra il C. e lo S..
Risulta perciò centrale, ai fini dell'affermazione della penale responsabilità del ricorrente, la prova dell'accordo tra il medesimo e il giocatore A. G..
A tal fine, poi, elementi rilevanti possono essere forniti anche da una sentenza di merito non irrevocabile, posto che questa, secondo la giurisprudenza, costituisce prova documentale valutabile dal giudice (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 41405 del 16/05/2019, R., Rv. 277136-01, e Sez. 6, n. 33519 del 04/05/2006, A., Rv. 234400-01). Di conseguenza, di sicura rilevanza è il tema della compatibilità della conclusione affermativa dell'esistenza del precisato accordo tra R. P. e il giocatore A. G. con l'assoluzione di quest'ultimo proprio dall'accusa di aver concluso un patto con l'odierno ricorrente al fine di condizionare il risultato della partita di calcio disputata il 29 marzo 2015 tra il C. e lo S..
4. Il secondo ordine di censure si incentra sulla carente o viziata indicazione delle ragioni per le quali, pur volendo ammettere l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, deve ritenersi accertata la commissione del reato per il quale è stata pronunciata condanna.
Si è già detto che la condotta contestata a Petrucci è di aver condizionato il risultato della partita di calcio disputata il 29 marzo 2015 tra il C. e lo S., al fine di favorire quest'ultima squadra, mediante un accordo con il giocatore del C. A. G., con offerta di denaro o altra utilità o vantaggio a quest'ultimo, in epoca anteriore e prossima al 23 marzo 2015; la partita si era poi conclusa con la vittoria dello S. per il risultato di 3 a O.
Si è già rilevato, inoltre, che il discorso giustificativo dell'affermazione di responsabilità della Corte d'appello è incentrato sull'apporto conoscitivo fornito dalle conversazioni telefoniche intercettate.
Ora, nella conversazione n. 3951 del 23 marzo 2015, per come trascritta nella sentenza impugnata, il ricorrente dice ad un terzo: «Andiamo là, uno scontro diretto ... parlo con A. G., parlo con gli amici e compagnia bella ... ci servirebbe un punto, giusto? ... no, come il pane! ...». Dalle ulteriori conversazioni intercettate, sempre per come trascritte o sintetizzate nella sentenza impugnata, emerge la tendenza del ricorrente a contattare partecipanti o responsabili di squadre di calcio per interferire sui risultati delle partite del campionato nel quale la sua squadra è coinvolta; nulla di specifico, però, è indicato con riguardo a contatti con il giocatore A. G..
Questi dialoghi, per le parole impiegate, e secondo il loro comune significato, possono essere ritenuti di certo indicativi dell'intenzione del ricorrente di contattare il giocatore A. G., ma non anche dell'avvenuto raggiungimento di un accordo tra i due, e men che meno della formulazione di un'offerta o promessa di denaro o altra utilità o vantaggio a detto giocatore. Né risultano ulteriori specifiche indicazioni della Corte d'appello in proposito ai contatti tra il ricorrente e il precisato A. G..
È, quindi, evidente una manifesta illogicità della motivazione, perché la stessa
pone a base della dimostrazione dell'avvenuta stipulazione di un accordo con il giocatore di una squadra di calcio per interferire su una partita giocata da tale squadra, e in cambio di promessa o di offerta di vantaggi all'atleta, la semplice esternazione a terzi, da parte del soggetto interessato ad un certo risultato della gara, del proposito di "contattare" detto giocatore. Né il passaggio inferenziale può essere compiuto per il solo fatto che la partita sia finita con un risultato del tipo auspicato dal preteso "corruttore", poiché, in termini generali, l'esito di una gara può dipendere da molteplici fattori ed il ruolo di un solo giocatore, salvo diverse e specifiche acquisizioni, può essere del tutto marginale a tal fine. Di conseguenza, in considerazione delle argomentazioni svolte, le conclusioni esposte nella sentenza impugnata sono da ritenere risultato di una congettura, ma non certo di una massima di esperienza.
4. In conclusione, la fondatezza delle censure impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per nuovo giudizio.
Il giudice del rinvio valuterà, innanzitutto, se le conversazioni valorizzate nel corso dei precedenti gradi di giudizio siano utilizzabili, attenendosi al principio in forza del quale, il divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'art. 266 cod. proc. pen.
Quindi, sulla base degli elementi di prova utilizzabili esaminerà il tema della responsabilità dell'imputato per il reato in contestazione, evitando di incorrere nel vizio logico precedentemente evidenziato.
Restano assorbite le censure concernenti il diniego delle circostanze attenuanti generiche nonché la subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento delle provvisionali, posto che è preliminare l'accertamento dell'eventuale responsabilità del ricorrente, e che solo all'esito di esso, e ove lo stesso si concluda con l'affermazione della colpevolezza, potranno essere affrontate i profili in punto di trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio.