Con la sentenza in commento, la Cassazione ribadisce che la declaratoria di estinzione del reato per condotte riparatorie determina una nullità assoluta se pronunciata nonostante l'opposizione del pubblico ministero o dell'imputato. Non è invece necessario il parere favorevole della parte civile ai fini della predetta pronuncia.
Nonostante l'opposizione del pubblico ministero e della parte civile alla definizione anticipata nonché alla dichiarazione di estinzione, il Tribunale di Palermo metteva sentenza ritenendo congrua la somma offerta dagli imputati ai fini del proscioglimento ex art. 162-ter c.p.p.. La Corte d'Appello rigettava il gravame...
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Palermo aveva ritenuto congrua la somma offerta dagli imputati al fine di ottenere il proscioglimento ai sensi dell'art. 162 ter cod. pen. e, conseguentemente, emetteva sentenza - ai sensi dell'art. 469 cod. pen. - dopo avere sentito il pubblico ministero e la parte civile che si opponevano entrambi alla definizione anticipata ed alla dichiarazione di estinzione.
La Corte di appello rigettava l'appello proposto dal pubblico ministero ritenendo corretta la valutazione del Tribunale in ordine alla congruità della condotta riparatoria che consentiva di dichiarare estinto il reato ai sensi dell'art. 162 ter cod. pen.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione sia il difensore della parte civile, che il pubblico ministero, che deducevano:
2.1. violazione di legge: la sentenza di proscioglimento predibattimentale che aveva dichiarato l'estinzione del reato ai sensi dell'art. 162 ter cod. pen era stata pronunciata in violazione dell'art. 469 cod. proc. pen. in quanto il pubblico ministero si era opposto al riconoscimento della causa di estinzione;
2.2. violazione di legge: non era stata rinnovata l'istruzione dibattimentale nonostante l'impugnazione del pubblico ministero fosse stata considerata ammissibile e la Corte di appello avesse deciso nel merito, in violazione dell'art. 604 comma 6 cod. proc. pen.
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla quantificazione del risarcimento che era stato ritenuto congruo senza considerare le allegazioni della parte civile che dimostrerebbero che il danno era superiore a quello ritenuto dal primo giudice; si deduceva inoltre che la riparazione che conduceva alla estinzione nei casi previsti dall'art. 162 ter cod.. pen doveva coprire l'intero danno prodotto dalla condotta illecita, dunque comprendere sia il danno patrimoniale, che quello non patrimoniale che ogni conseguenza dannosa o pericolosa del reato.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione: la Corte di appello non avrebbe proceduto alla confisca facoltativa del profitto del reato, che, secondo il ricorrente sarebbe obbligatoria anche nel caso in cui il reato è prescritto.
Motivi della decisione
1.In via preliminare - identificata la procedura funzionale alla dichiarazione di estinzione prevista dall'art. 162 ter. cod. pen. in quella disciplinata dall'art. 469 cod. proc. pen. - il collegio non intende discostarsi dall'autorevole interpretazione offerta delle Sezioni Unite secondo cui la sentenza di proscioglimento predibattimentale di cui all'art. 469 cod. proc. pen. può essere emessa solo ove ricorrano i presupposti in esso previsti ovvero (a) mancanza di una condizione di procedibilità o proseguibilità dell'azione penale (b) la presenza di una causa di estinzione del reato per il cui accertamento non occorra procedere al dibattimento a condizione che le parti non si siano opposte, in quanto non può trovare applicazione, in detta fase, la disposizione dell'art. 129 stesso codice che presuppone necessariamente l'instaurazione di un giudizio in senso proprio (Sez. U, Sentenza n. 3027 del 19/12/2001 Cc. (dep. 25/01/2002) Rv. 220555 - 01).
Il collegio rileva infatti che poiché l'art. 162 ter cod. pen. impone di valutare la condotta riparatoria "prima dell'apertura del dibattimento", la sentenza non potrà che essere pronunciata secondo le regole previste dall'art. 469 cod. proc. pen., che disciplina le pronunce di proscioglimento predibattimentale e che legittima le pronunce di estinzione del reato (tra le quali si inquadra quella prevista dall'art. 162 ter cod. pen.).
L'art. 469 cod. proc. pen. prevede che il proscioglimento predibattimentale possa essere pronunciato solo se le parti necessarie - pubblico ministero e d imputato non si oppongono. L'applicazione di tale procedura esclude che debba essere sentita anche la parte civile.
Invero l'esclusione della rilevanza della eventuale opposizione della parte civile è in linea con la natura squisitamente penalistica del proscioglimento ai sensi dell'art. 162 ter cod. pen.
Con riguardo all'omologo procedimento di fronte al Giudice di pace disciplinato dall'art. 35, comma primo del D.Lgs. 28 agosto 2000 n. 274, le Sezioni Unite hanno affermato che è legittima la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno qualora il giudice esprima una motivata valutazione di congruità della somma offerta con riferimento alla soddisfazione tanto delle esigenze compensative, quanto di quelle retributive e preventive, nulla rilevando dichiarato dissenso della persona offesa per l'inadeguatezza della somma di denaro posta a sua disposizione dell'imputato quale risarcimento, (Sez. U, Sentenza n. 33864 del 23/04/2015 Ud. (dep. 31/07/2015 ) Rv. 264240 - 01). Secondo il Collegio allargato infatti «l'operazione valutativa compiuta dal giudice consiste dunque nel mettere in relazione le attività poste in essere dall'imputato con la gravità del fatto, per evitare che la mancata applicazione della pena abbia ripercussioni negative sulla tenuta general-preventiva del sistema, e cercando contemporaneamente di ricomporre il conflitto attraverso la compensazione dell'offesa, in modo coerente con gli obiettivi di prevenzione generale e speciale che caratterizzano l'ordinamento penale [...] Alla luce di quanto esposto, ai fini della risoluzione della questione posta al vaglio delle Sezioni unite, deve essere accolto l'orientamento secondo il quale si deve escludere l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa di estinzione del reato per condotte riparatorie sia agli effetti penali che civili ex art. 35 d. lgs. n. 274 del 2000, in quanto tale pronuncia, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, con valutazione operata allo stato degli atti, senza alcuna istruttoria e con sentenza predibattimentale, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile» (Sez. U, Sentenza n. 33864 del 23/04/2015, S., Rv. 264240 - 01).
Si tratta di una interpretazione che è stata - condivisibilmente - esportate anche alla procedura prevista dall'art. 162 ter cod. pen. che disciplina l'estinzione del reato in relazione all'accertamento di condotte riparatorie. E' stato infatti deciso che non sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare, anche ai soli fini civili, la sentenza di estinzione del reato per condotte riparatorie, ex art. 162-ter cod. pen., in quanto essa, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o per il risarcimento del danno e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile (Sez. 5 - , Sentenza n. 10390 del 14/02/2019 Ud. (dep. 08/03/2019) Rv. 276028 - 01). In sintesi deve ritenersi: (a) che la procedura diretta alla valutazione della congruità della condotta riparatoria dell'imputato, funzionale ad ottenere la dichiarazione dì estinzione del reato, deve essere individuata in quella prevista dall'art. 469 cod. proc. pen.; (b) che, pertanto, la dichiarazione di estinzione del reato è "condizionata" alla mancata opposizione delle parti necessarie (pubblico ministero ed imputato); (c) che la dichiarazione di estinzione pronunciata nonostante l'opposizione del pubblico ministero produce una nullità assoluta, perché impedisce la partecipazione del pubblico ministero al procedimento penale; (d) che il consenso della parte civile non è necessario per la perfezione della procedura: tale scelta legislativa si giustifica con il fatto che la valutazione di congruità della "condotta riparatoria" è limitata alla sua attitudine ad estinguere il reato, ovvero a eliminare l'interesse pubblico alla condanna; (e) che pertanto non sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di estinzione, dato che le sue pretese risarcitorie potranno essere fatte valere in sede civile, dove il giudicato penale relativo alla dichiarazione di estinzione del reato non avrà alcuna efficacia ai sensi dell'art. 652 cod. proc. pen.
1.2. Così ricostruite le coordinate del procedimento con il quale si dichiara l'estinzione del reato ai sensi dell'art. 162 ter cod. pen., e riaffermata la necessità di rispettare i vincoli procedurali previsti dall'art. 469 cod. proc. pen., il collegio ritiene che il primo dei motivi proposti sia fondato.
La sentenza di estinzione del reato per accertato compimento di adeguate condotte riparatorie è stata infatti pronunciata nonostante il pubblico ministero si fosse opposto: il che genera una nullità assoluta in quanto impedisce al pubblico ministero di partecipare al procedimento (art. 178 lett. b) cod. proc. pen.).
Si tratta di una nullità verificatasi nel primo grado di giudizio che affligge sia la sentenza impugnata che quella di primo grado.
Entrambe le sentenze di merito devono essere annullate e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Palermo per il giudizio.
Gli altri motivi sono assorbiti; le spese della parte civile saranno definite e liquidate al termine del procedimento.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e quella di primo grado e trasmette gli atti al Tribunale di Palermo per il giudizio. Spese della parte civile al definitivo.