La perentorietà del termine di cui all'art. 169, comma 2, c.p.c., si riferisce solo alla fase decisoria di primo grado, non potendo in nessun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello.
A seguito dell'emissione di decreto ingiuntivo da parte del Tribunale di Milano, l'attore conveniva in giudizio un istituto bancario proponendo opposizione avverso il medesimo. Il giudizio di opposizione si concludeva con sentenza che revocava il decreto ingiuntivo opposto e, a seguito di impugnazione, la Corte d'Appello di Milano respingeva il gravame.
L'istituto bancario si...
Svolgimento del processo
1. - R. A. conveniva in giudizio Banca P. s.p.a. - poi Unione di BI. s.p.a., o U. s.p.a. proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei propri confronti dal Tribunale di Milano.
Il giudizio di opposizione, nel quale si costituiva la banca, si concludeva con sentenza che revocava il decreto ingiuntivo opposto.
2. - La convenuta soccombente spiegava quindi impugnazione.
Nella resistenza di R. A., la Corte di appello di Milano respingeva il gravame.
3. - Avverso la sentenza della detta Corte, pronunciata il 13 giugno 2019, U. ha proposto un ricorso per cassazione articolato in due motivi. R. A., intimato, non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1. - Col primo motivo viene lamentata la violazione o la falsa applicazione degli artt. 101, 112, 169 c.p.c., nonché dell'art. 77 disp. att. c.p.c.. Secondo la ricorrente il giudice del gravame sarebbe incorso in errore disattendendo il principio per cui la mancata annotazione, ad opera del cancelliere, della data di restituzione del fascicolo di parte non esclude che la prova possa essere fornita sulla base di altri elementi di carattere presuntivo.
Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 112 e 345 c.p.c.. Deduce la ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe potuto limitarsi ad affermare che al momento della decisione della causa in primo grado il fascicolo della fase monitoria non era presente, ma avrebbe dovuto decidere la causa del merito. Rileva, in proposito, che i documenti posti a corredo della domanda ingiuntiva, quand'anche non prodotti nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase e non possono perciò considerarsi nuovi, sicché ove siano in seguito allegati all'atto di appello contro la sentenza che ha definito giudizio di primo grado, devono ritenersi ammissibili.
2. - Si impongono le considerazioni che seguono.
Col proprio atto di appello la banca aveva censurato la sentenza di primo grado lamentando l'errore in cui era incorso, a suo avviso, il Tribunale, il quale aveva dato atto del mancato di deposito del fascicolo di parte della convenuta opposta nel termine indicato dall'art. 169, comma 2, c.p.c. (che è quello previsto per il deposito della comparsa conclusionale). Il giudice di prima istanza, in particolare, ha ritenuto non decisiva l'attestazione della cancelleria con cui si dava atto che al momento della pubblicazione della sentenza, in data 12 dicembre 2016, il fascicolo di parte era presente, unitamente al fascicolo d'ufficio, nonostante mancasse «apposizione di deposito di registrazione di tale evento sul Registro SICID a seguito di regolare deposito telematico delle memorie conclusionali e di replica». Ha osservato, al riguardo, che tale attestazione riguardava la situazione esistente al momento di pubblicazione della sentenza, che era successivo a quello di studio della causa e di redazione del provvedimento: sicché - ha concluso - l'assunto della banca appellante, circa il tempestivo deposito nel fascicolo in uno con quello degli scritti conclusionali, risultava privo di riscontro.
Ora, il cancelliere ha l'obbligo di annotare la restituzione del fascicolo ritirato, a norma dell'art. 77, comma 2, disp. att. c.p.c.. In mancanza della detta annotazione, la dimostrazione che il fascicolo sia stato depositato in tempo debito può ricavarsi da qualsiasi altra prova concludente (Cass. 9 agosto 1973, n. 2327; Cass. 3 luglio 1959, n. 2118; cfr. pure Cass. 18 marzo 1981, n. 1582, secondo cui il mancato rideposito del fascicolo dell'appellante in precedenza ritirato integra una ipotesi di improcedibilità dell'appello ove, in presenza di una attestazione del cancelliere relativa al ritiro del fascicolo, non risulti altra attestazione relativa al suo rideposito, salvo che la parte fornisca la dimostrazione rigorosa che il fascicolo in precedenza ritirato sia stato successivamente ridepositato: spiega infatti la sentenza che solo nel caso di accertamento di tale circostanza, in mancanza di altra e diversa attestazione del cancelliere, può ritenersi il mancato reperimento del fascicolo negli atti di causa non addebitabile al mancato deposito del medesimo e all'inadempimento di un onere posto a carico della parte). E' evidente che una prova nel senso indicato non sia stata fornita: il fatto che il fascicolo di parte risultasse presente in cancelleria al momento della pubblicazione della sentenza non consente di affermare che lo fosse alla scadenza del termine stabilito dall'art. 169, comma 2, c.p.c., che è perentorio (Cass. 19 dicembre 2013, n. 28462).
Dopo di che, è necessaria, però, una notazione. La perentorietà del termine entro il quale, a norma dell'art. 169, comma 2, c.p.c., deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell'art. 345 c.p.c. alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come «nuovi», in quanto non introdotti prima del grado di appello: documenti tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell'osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c. (Cass. 7 ottobre 2020, n. 21571; Cass. 6 dicembre 2017, n. 29309; Cass. 19 dicembre 2013, n. 28462 cit.).
Il giudice del gravame era quindi tenuto a prendere in considerazione detti documenti ai fini della decisione sulla controversa fondatezza della pretesa della banca, già azionata in via monitoria (cfr. sentenza impugnata, pag. 2). E' da osservare, infatti, che, come rilevato dalla banca, il fascicolo dell'odierna istante era stato fatto oggetto di nuovo deposito avanti al giudice del gravame (cfr. ricorso, pag. 9, ove è menzione dell'elenco, in calce alla citazione in appello, dei documenti prodotti avanti alla Corte di Milano).
3. - In accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va pertanto cassata.
La causa è rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione. Detta Corte deciderà pure sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano, che giudicherà in diversa composizione.