Il coinvolgimento dell'imputato in un incidente stradale avvenuto subito prima del rifiuto di sottoporsi all'alcoltest (cioè subito prima della consumazione dell'illecito) può assumere rilevanza come condotta antecedente al reato ai sensi dell'art. 133, comma 2, n. 2, c.p..
Il Giudice di seconde cure, riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, riduceva la pena inflitta all'imputato per il reato di cui all'
Svolgimento del processo
1.La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena applicata a mesi 7 di arresto ed euro 3000,00 di ammenda (pena base mesi 9 ed euro 4.000,00 di ammenda, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche), confermando la condanna nei confronti di Carlo Canonica per il reato di cui all'art. 186, comma 7, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (rifiuto di sottoporsi all'alcoltest, nonostante l'apparente alterazione da assunzione di sostanze alcoliche, in data 19 novembre 2016). In particolare la Corte territoriale ha ritenuto che il comportamento dell'imputato, che, da un lato, è rimasto coinvolto in un incidente stradale, ma, dall'altro, ha subito arrestato e parcheggiato il veicolo per non intralciare il traffico e ha collaborato, in un primo momento, nell'immediatezza dei fatti, con le forze dell'ordine, giustificasse l'applicazione della pena in misura intermedia tra i massimi ed i minimi edittali.
2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, l'imputato, che ha dedotto l'erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena, non potendo assumere alcun rilievo la provocazione di un sinistro, né quale circostanza aggravante né quale elemento rilevante ai fini dell'art. 133 cod.pen., rispetto al rifiuto di sottoporsi agli accertamenti per la verifica dello stato di ebbrezza, reato che mira ad evitare ostacoli nelle attività di controllo per la sicurezza stradale.
3. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
l .Il ricorso è infondato.
2. Come rilevato dal ricorrente, la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento, mediante etilometro, per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza (Sez. U, n. 46625 del 29/10/2015, Z., Rv. 265025).
Tuttavia, ciò non esclude che il coinvolgimento del reo in un sinistro, subito prima del rifiuto e, cioè, subito prima della consumazione dell'illecito, possa assumere rilevanza, ai sensi dell'art. 133, comma 2, n. 2, cod.pen., quale condotta antecedente al reato, atteso che, a prescindere dal bene giuridico tutelato dalla fattispecie in esame, si tratta, comunque, di una circostanza che contribuisce a tratteggiare la capacità a delinquere del colpevole e la gravità del reato. Né sussiste alcuna contraddizione, nella motivazione della sentenza impugnata, che ha individuato, nella condotta del reo immediatamente anteriore al reato, sia elementi negativi (il coinvolgimento nel sinistro) sia elementi positivi (l'atteggiamento collaborativo e ragionevole, consistente nell'arresto e parcheggio del veicolo e nell'obbedienza alle forze dell'ordine) ed ha, perciò, quantificato la pena in misura intermedia tra il minimo ed il massimo edittale.
Del resto proprio l'inconfigurabilità dell'aggravante esclude la problematica questione
della possibilità di valutare lo stesso elemento sia ai fini della quantificazione della pena base ex art. 1333 cod.pen. sia ai fini dell'aumento o della diminuzione della pena collegata alla circostanza aggravante o attenuante (questione relativamente alla quale esistono contrapposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità: v. Sez. 3, n. 15206 del 21/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 279067 - 03, secondo cui, in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, il giudice può valutare ai fini della quantificazione della pena un fatto integrante una specifica circostanza aggravante, pur se ritenuta, all'esito del giudizio di comparazione, equivalente alle circostanze attenuanti, e Sez. 3, n. 40765 del 30/04/2015, D., Rv. 264905 - 01, secondo cui nella determinazione del trattamento sanzionatorio, il giudice di merito non può valutare un fatto integrante una specifica circostanza attenuante o aggravante sia ai fini della quantificazione della pena base che ai fini della sua successiva attenuazione o aggravamento, atteso che, ai sensi dell'art. 63, comma primo cod. pen., l'aumento o la diminuzione della pena previsti da circostanze tipizzate presuppongono una base di calcolo che esclude dai suoi elementi di valutazione lo stesso fatto integrante la circostanza).
A ciò si aggiunga che il rilievo attribuito al coinvolgimento nel sinistro ai sensi dell'art. 133 cod.pen. produce effetti ben diversi rispetto all'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 186, comma 2-bis, cod.strada, in quanto non comporta alcun aumento dei limiti edittali, ma costituisce solo un elemento idoneo a giustificare la quantificazione della pena in misura superiore al minimo edittale.
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite.