Accolto il ricorso dell'Ente previdenziale a cui era stato addebitato di non aver documentato la propria diligenza nel reperire le notizie utili sulla residenza dell'intimato. Secondo la Cassazione, non può essergli attribuito nessun altro addebito quando risulta «con assoluta certezza» che l'Ente abbia effettuato le opportune ricerche.
La Corte d'Appello di Firenze confermava la pronuncia di primo grado con cui era stata accolta l'opposizione per intervenuta prescrizione dei crediti presentata dal richiedente avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato ingiunto di pagare le somme per i contributi omessi all'INPS.
A sostegno della sua tesi, la Corte territoriale rilevava che...
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 29.1.2015, la Corte d'appello di Firenze ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado che aveva accolto per intervenuta prescrizione dei crediti l'opposizione proposta da M. A. avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato ingiunto di pagare all'INPS somme per contributi omessi;
che i giudici territoriali, pur ritenendo che la notifica del precetto effettuata dall'INPS al fine di interrompere la prescrizione non potesse reputarsi nulla per il solo fatto che la relata di notifica eseguita ai sensi dell'art. 143 c.p.c. mancasse dell'indicazione delle ricerche fatte dall'ufficiale giudiziario e delle notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario, hanno nondimeno ritenuto che l'INPS, una volta appreso dalla consultazione del registro delle imprese della cessazione dell'attività artigiana condotta dall'intimando, non avesse documentato la propria diligenza nel reperire notizie utili circa l'effettiva sua residenza;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'INPS, deducendo due motivi di censura;
che M. A. ha resistito con controricorso;
che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata;
Motivi della decisione
che, con il primo motivo, l'INPS denuncia violazione dell'art. 2, d.l. n. 352/1978 (conv. con I. n. 468/1978), per avergli la Corte di merito addebitato un onere di diligenza ulteriore rispetto alle pur effettuate ricerche anagrafiche, nonostante l'art. 2, d.l. n. 352/1978, cit., addossi piuttosto all'imprenditore l'onere di comunicare agli enti previdenziali eventuali sospensioni, variazioni o cessazioni dell'attività; che, con il secondo motivo, spiegato subordinatamente rispetto al primo, l'INPS lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 160 c.p.c., per non avere la Corte territoriale chiarito quale ulteriore onere di diligenza residuasse a suo carico nella ricerca del notificando;
che, con riguardo al primo motivo, va premesso che - come dato atto dall'Istituto ricorrente - la sentenza impugnata ha ritenuto di uniformarsi all'insegnamento di Cass. n. 17964 del 2014, secondo la quale caso di notifica ai sensi dell'art. 143 c.p.c., l'omessa indicazione, nella relata, delle ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, delle notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario e dei motivi della mancata consegna, non costituisce causa di nullità della notificazione, non essendo tale sanzione prevista espressamente nell'elencazione dei motivi indicati dall'art. 160 c.p.c.;
che, sebbene tale orientamento non possa dirsi stabilizzato nella giurisprudenza di questa Corte (l'indirizzo tradizionale, secondo cui l'ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione, è stato riaffermato da Cass. nn. 24107 del 2016 e 8638 del 2017, ma senza punto confrontarsi con gli argomenti spesi da Cass. n. 17964 del 2014; e sebbene il dictum di quest'ultima sia stato ripreso adesivamente da Cass. n. 15948 del 2017, la successiva Cass. n. 8993 del 2019 ha invece aderito all'orientamento più risalente, contro cui Cass. n. 17964 del 2014 aveva espressamente preso posizione, senza tuttavia spiegare il perché), reputa il Collegio che ad esso occorra dare continuità;
che, a tal fine, va anzitutto ribadito che l'omessa indicazione, nella relata di notifica, delle ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, dei motivi della mancata consegna e delle notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario, ai fini delle condizioni per l'applicabilità dell'art. 143 c.p.c., non è prevista tra le cause di nullità della notificazione contenute nell'elencazione dell'art. 160 c.p.c.;
che, ciò posto, si deve escludere che l'indicazione in parola costituisca un requisito indispensabile al raggiungimento dello scopo della notificazione, ex art. 156 c.p.c., atteso che, dovendo a tal fine distinguersi l'omesso compimento delle indagini dalla loro mancata indicazione nella relata di notifica, solo il mancato concreto compimento delle indagini e delle ricerche volte ad accertare lo stato di irreperibilità del notificando può rendere la notificazione eseguita tramite ricorso alla procedura di cui all'art. 143 c.p.c. inidonea al perseguimento del suo scopo e conseguentemente illegittima;
che le condizioni legittimanti la notifica ex art. 143 non sono infatti rappresentate dal dato soggettivo dell'ignoranza del notificante circa il luogo dove reperire il notificando, ma dall'assenza di colpevolezza, dovendosi tener presente che ricorre l'ignoranza colpevole qualora risulti che nessuna indagine, oltre quella anagrafica, sia stata compiuta; o che, conseguentemente, deve ritenersi legittima la notificazione ex art. 143 c.p.c. quando nessun addebito di negligenza e di ignoranza colpevole può essere attribuito al notificante ovvero quando, al di là della mancata indicazione nella relata di notifica, risulti con assoluta certezza che egli si sia reso invece autore di opportune ricerche, non solo anagrafiche, tradottesi ad es. in più di un tentativo di notifica, eseguiti in luoghi diversi, a testimonianza della diligenza usata nella ricerca del notificando;
che, così ribadito il principio di diritto espresso da Cass. n. 17964 del 2014, deve ulteriormente ricordarsi che, nell'interpretare la disposizione di cui all'art. 2, d.l. n. 352/1978, cit., questa Corte ha chiarito che, laddove fa riferimento alla "sospensione, variazione o cessazione dell'attività" rientranti nell'obbligo di comunicazione, esso allude a tutti gli eventi rilevanti nel rapporto assicurativo con gli enti previdenziali, introducendo quindi una speciale comunicazione, limitata all'ambito di tale rapporto, che si aggiunge alla forma di pubblicità comune (notizia e/o dichiarativa e/o costitutiva) che possono riguardare gli imprenditori (così Cass. n. 13240 del 2013, che, sulla scorta di tale principio, ha ritenuto che il socio receduto da una società in nome collettivo dovesse rispondere dell'adempimento delle obbligazioni contributive sorte successivamente al suo recesso dalla società qualora quest'ultimo non risultasse comunicato all'ente ai sensi dell'art. 2, d.l. n. 352/1978, cit., restando irrilevante che il recesso stesso fosse stato comunque iscritto nel registro delle imprese, non potendosi imputare all'ente la possibilità di conoscere aliunde variazioni incidenti sul rapporto assicurativo ove l'obbligo informativo, gravante sull'assicurato, sia rimasto inadempiuto);
che, essendo stato tale obbligo istituito allo scopo di agevolare i riscontri incrociati tra i vari enti previdenziali attraverso la realizzazione di anagrafi aziendali integrate tra le diverse amministrazioni, deve conseguentemente reputarsi che all'ente previdenziale, ai fini del ricorso alla notifica ex art. 143 c.p.c., non possa addebitarsi altra diligenza che quella di ricercare l'imprenditore obbligato al pagamenti dei contributi lì dove questi gli ha comunicato di esercitare la propria attività d'impresa, salva successiva comunicazione ex art. 2, ci.I. n. 352/1978, concernente la variazione o cessazione di quest'ultima;
che, non essendosi la Corte territoriale attenuta all'anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.