Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
10 novembre 2021
Gli avvisi pubblici volti al conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito presso la P.A. non violano la disciplina dell’equo compenso

Come afferma il Consiglio di Stato nella sentenza in commento, infatti, «la normativa sull'equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l'ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto».

La Redazione

Gli Ordini degli Avvocati di Roma e Napoli impugnavano l'avviso pubblico di manifestazione di interesse ai fini del conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito attraverso cui il MEF ha reso nota l'intenzione di avvalersi della consulenza di professionalità altamente qualificate per ricevere supporto specialistico nelle materie di competenza.
In particolare, l'avviso specificava che l'incarico era da considerarsi a titolo gratuito, con esclusione di ogni onere a carico dell'Amministrazione.

Con la sentenza impugnata, il TAR respingeva in toto le censure proposte dai ricorrenti, evidenziando che l'estrema genericità dell'avviso costituiva una caratteristica che rafforzava la legittimità dell'atto, piuttosto che costituire una causa di illegittimità dello stesso. In relazione alla gratuità dell'attività da prestare, poi, il TAR rilevava che essa era compatibile con le norme ed i principi di natura nazionale ed europea, considerando che non sussistono specifici divieti in tal senso nell'ordinamento interno e che la disciplina dell'equo compenso invocata dai ricorrenti non si adegua alla fattispecie concreta. Inoltre, i professionisti ritraggono vantaggi di natura differente dallo svolgimento dell'attività a titolo gratuito in termini di maturazione di esperienze e di arricchimento professionale.

I ricorrenti impugnano la suddetta pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato, asserendo che l'avviso pubblico sarebbe elusivo della normativa in tema di contratti pubblici, delle linee guida ANAC n. 12, approvate dal Consiglio con delibera n. 907 del 25 ottobre 2018, nonché della disciplina normativa in tema di equo compenso.

Con la sentenza n. 7442 del 9 novembre 2021, il Consiglio di Stato ha dichiarato l'appello in parte fondato e in parte non fondato, evidenziando innanzitutto che l'avviso in questione non era rivolto solo agli avvocati del libero foro, ma anche ai giuristi che avessero sviluppato competenze specialistiche in determinate materie. In tal senso, l'ampia platea dei destinatari consente di «sgombrare» il campo dal dubbio che sia precluso agli avvocati di prestare forme di consulenza a favore delle Amministrazioni statali, riprendendo a tal fine la distinzione tra patrocinio legale obbligatorio e consulenza lato sensu intesa ai sensi del R.D. n. 1611/1933.

Ciò posto, in relazione all'asserita lesione della disciplina vertente sull'equo compenso, il Consiglio di Stato ha affermato che «la normativa sull'equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l'ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto». Infatti, il Consiglio chiarisce che «Il riferimento soggettivo previsto dall'art. 13-bis cit. alla “pubblica amministrazione” e quello oggettivo agli “incarichi conferiti” stanno piuttosto a significare – a tutela del professionista – che il compenso deve essere equo e che l'interesse privato non può essere sacrificato rispetto a quello pubblico e generale fino al punto di travalicare – nel bilanciamento dei contrapposti interessi – l'equità della remunerazione». A tal proposito, non va dimenticato che la norma non esclude in ogni caso il potere del professionista di rinunciare al compenso per ottenerne vantaggi indiretti oppure per non ottenerne alcuno.
Ancora, occorre considerare che l'ultima modifica inserita nella legge professionale forense è riconducibile alla costruzione di un punto di equilibrio a tutela dei liberi professionisti, in particolare dei giovani, dopo l'abrogazione dei minimi tariffari e dell'apertura del libero mercato.
In quest'ottica, la disciplina dell'equo compenso ha colmato quella lacuna normativa da cui è derivata una diminuzione della tutela per chi presta la propria attività professionale fuori dagli schemi tipici del rapporto dipendente e della tutela costituzionale salariale e retributiva.

Ciò specificato, il Consiglio di Stato evidenzia che la funzione amministrativa, per svolgersi nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, deve incentrare la sua azione sulla prevedibilità, certezza, adeguatezza, conoscibilità, oggettività e imparzialità dei criteri di formazione dell'elenco dal quale attingere i professionisti.
Proprio sotto tale profilo, il Consiglio rileva nell'atto impugnato il difetto di determinatezza, non essendo stati indicati i criteri dell'azione amministrativa ispirati alla trasparenza e alle regole oggettive, predeterminate e non discriminatorie.
Per questo motivo, l'appello viene limitatamente accolto, rilevando che, qualora il MEF intenda indire una nuova selezione, esso dovrà scegliere modalità pratiche aventi le seguenti caratteristiche:

  • Efficacia;
  • Oggettività;
  • Trasparenza;
  • Imparzialità;
  • Procedimentalizzazione;
  • Parità;
  • Proporzionalità;
  • Pubblicità;
  • Criteri rotativi.