La sottoscrizione di un buono fruttifero postale fa sorgere un rapporto caratterizzato per la posizione dominante assunta dalla società e per la necessità di trattare le relative controversie con regole uguali per tutti, secondo apposita modulistica prestampata predisposta da Poste Italiane.
Il Tribunale di Cosenza dichiarava inammissibile l'appello proposto da Poste Italiane contro la decisione del Giudice di Pace di rigettare l'opposizione da essa proposta avverso il decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di una somma a titolo di differenza tra quanto indicato sul titolo e quanto invece corrisposto in relazione a un buono postale fruttifero.
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Svolgimento del processo
Il Tribunale di Cosenza, con sentenza n.626/2019, depositata in data 21/3/2019, ha dichiarato inammissibile l'appello di PP. I. spa avverso sentenza del Giudice di Pace di Acri che aveva rigettato l'opposizione dalla stessa proposta avverso il decreto ingiuntivo, con il quale si era ingiunto a PP. di pagare a S. A. la somma di € 975,50, dovuta, a titolo di differenza tra quanto indicato sul titolo (tabella apposta sul retro del titolo) e quanto corrisposto invece da PP., in forza del buono postale fruttifero serie "O" n. 000569 di f 100.000, emesso in data 19/6/1984.
In particolare, i giudici d'appello hanno sostenuto che la sentenza del Giudice di Pace doveva ritenersi pronunciata secondo equità, ai sensi dell'art.113 c.p.c., in causa avente valore inferiore ad € 1.100,00 ed in relazione a rapporto giuridico non relativo a contratti conclusi mediante moduli e formulari ex art.1342 c. c., stante la mancata produzione nei fascicoli di parte, di primo e secondo grado, di modulo prestampato di sottoscrizione del buono, comprovante l'applicazione di una disciplina uniforme., cosicché la sentenza poteva essere impugnata solo per inosservanza dei principi superiori di diritto, nella specie non dedotti, tale non potendo ritenersi il vizio di violazione dell'art.2697 c. c. (su eccezione di inammissibilità della domanda per avvenuta sottoscrizione, al momento del rimborso del titolo, di quietanza a saldo e di violazione dei decreti ministeriali relativi all'applicazione di un tasso di interesse diverso da quello indicato sul buono, nonché della legge 588/1974 in ordine alla possibilità di variazione dei tassi).
Avverso la suddetta pronuncia, PP. I. spa propone ricorso per cassazione, notificato il 7/6/2019, affidato ad un motivo, nei confronti di S. A. (che resiste con controricorso, notificato il 12/7/2019). E' stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all'art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
La controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt. 7-8-9-10 DM Tesoro 16/6/1981 e DM 13/6/1986, nonché 1342 c. c., 113, comma 2, 339, comma 3, c.p.c., in relazione alla statuizione secondo cui non sarebbe stata dimostrata la stipula del contratto secondo moduli, ai sensi dell'art.1342 c. c., al fine di ritenere la sentenza impugnata del Giudice di Pace pronunciata secondo diritto ed impugnabile per violazione di norme di diritto, atteso che il buono fruttifero postale derivava da rapporto giuridico concluso a mezzo di modulo generalizzato prestampato da PP. I., peraltro alle condizioni fissate dalla legge con Decreti ministeriali, operante per tutta la clientela, per disciplinare in modo uniforme i rapporti con i risparmiatori; in ogni caso, il vizio dedotto di impugnazione della decisione del Giudice di Pace, di violazione del principio relativo all'onere della prova (per essere dovuti nella specie, in virtù dell'entrata in vigore del DM 13/6/1986, implicante variazione, in senso meno favorevole per il risparmiatore, dei tassi di interesse, variazioni pubblicizzate in Gazzetta Ufficiale del 1986), rientrava tra quelli azionabili in relazione a sentenza pronunciate secondo equità .
2. La censura è fondata, nei limiti di cui in motivazione.
Il Tribunale ha anzitutto ritenuto che la decisione del Giudice di Pace - non espressamente qualificata come decisione assunta secondo equità - fosse stata resa secondo equità e non secondo diritto, atteso il valore della controversia ed in difetto di prova di una sottoscrizione dell'accordo contrattuale secondo modulo prestampato predisposto da PP., e poi ha rilevato che il vizio dedotto dall'appellante PP., di violazione dell'art.2697 c. c., non rientrasse tra i limitati motivi di appello consentiti dall'art.339 c.p,c.
Le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità, a norma dell'art.113 secondo comma c.p.c., possono, ai sensi dell'ultimo comma dell'art.339 c.p.c., a seguito della modifica della disposizione per effetto del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essere oggetto di appello solo per norme sul procedimento, violazione di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia; l'appello a motivi limitati è l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso (Cass. 19050/2017; Cass. 10063/2020).
Ora, questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 564/2009), componendo un contrasto giurisprudenziale, ha affermato che «le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell'art. 113 cod. proc. civ., sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà; ne consegue che la violazione dell'art. 2697 cod. civ. sull'onere della prova, che pone una regola di diritto sostanziale, dà luogo ad un "errar in iudicando" non deducibile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità» (conf. Cass. 22279/2009). Quindi, la seconda parte della decisione impugnata risulta corretta, con infondatezza della relativa doglianza mossa dalla ricorrente PP..
In relazione, invece, alla prima parte della motivazione della sentenza impugnata, deve osservarsi che l'art.113 c.p.c., comma secondo, stabilisce che il giudice di pace decide secondo equità nelle controversie di valore inferiore a 1.100,00 euro, salvo quelle derivati da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art.1342 c. c.
Ora questa Corte (cass. 10394/2007) ha stabilito che «a seguito della sostituzione del secondo comma dell'art. 113 cod. proc. civ., da parte dell'art. 1 del d.l. n. 18 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 63 del 2003 e, quindi, della conseguente introduzione (per i giudizi iniziati dal 10 febbraio 2003; art. 1-bis di detto d.l.) della regola di decisione da parte del giudice di pace secondo diritto, per le controversie non eccedenti euro millecento, derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 cod.civ., cioè mediante moduli o formulari, deve ritenersi - una volta considerato che l'esigenza della decisione secondo diritto obbedisce nelle intenzioni del legislatore alla necessità che le dette controversie vengano decise in modo uniforme, in ragione della uniformità di disciplina dei rapporti che ne sono oggetto - che un'analoga regola trovi applicazione alle controversie comprese entro quel valore, le quali originino da rapporti contrattuali che siano sottoposti ad uniformità di disciplina, perché intervenuti tra un utente ed un monopolista legale di un pubblico servizio, atteso che l'esigenza di uniformità di decisione, garantita dalla regola - di natura processuale - della decisione secondo diritto non può che ricorrere a maggior ragione allorquando l'uniformità di disciplina del rapporto discenda dalla legge, che, nell'assicurare il monopolio del servizio, impone al monopolista di garantire all'utente parità di trattamento» (conf. Cass. 10559/2009).
Sempre questa Corte (Cass. 25060/2017) ha precisato che «la regola di esclusione dal giudizio secondo equità, prevista dall'art. 113, comma 2 c.p.c. per le controversie di valore non eccedente millecento euro derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c. c., si estende anche a quelle che traggono origine da rapporti contrattuali intervenuti tra un utente e una società in posizione dominante che esercita un pubblico servizio, per la necessità di garantire l'uniformità della decisione per tutti i fruitori del servizio».
Ora, i buoni postali, rientranti nei servizi bancoposta offerti da PP., non sono titoli di credito e non posseggono perciò il carattere della letterarietà propria dei titoli medesimi, ma vengono qualificati alla stregua dei titoli di legittimazione, ai sensi dell'art.2002 c. c., che servono, pertanto, ad indicare l'avente diritto della prestazione (Cass. 27809/2005).
Inoltre, questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 13979/2007, in motivazione) ha chiarito che si tratta di servizi postali, un tempo offerti da un'azienda dello Stato (la quale, con la L. n. 71 del 1994, fu poi trasformata nell'Ente PP., avente natura di ente pubblico economico, e quindi in società per azioni), rientranti nell'ambito di rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato, seppure destinati a subire anche gli effetti di una normativa speciale, che risente della natura soggettiva pubblica dell'amministrazione postale, ormai priva di connotazione autoritativa, cosicché le successive determinazioni ministeriali in tema di interessi e di relative variazioni comportano un'integrazione extratestuale del rapporto ai sensi dell'art. 1339 c. c.; in sostanza, «il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli» è «destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti».
Di recente le stesse Sezioni Unite (Cass. n. 3963/2019 ) hanno precisato che «nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R.. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell'art. 1339 c. c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli».
La possibilità di applicazione del disposto dell'art.1342 c. c. è stata riconosciuta nella materia da questo giudice di legittimità (Cass. 4761/2018, in motivazione, non massimata).
In definitiva, deve ritenersi che, a prescindere dalla prova scritta offerta o meno dall'appellante PP., la giurisprudenza sopra richiamata, come correttamente evidenziato dalla parte ricorrente, debba trovare applicazione anche nel caso in esame, poiché la sottoscrizione di buono postale fruttifero, nonostante l'intervenuta privatizzazione della s.p.a. PP. I., viene a creare un rapporto che si caratterizza per la posizione dominante della società e per l'evidente necessità che le relative controversie siano trattate con regole uguali per tutti i fruitori del servizio, secondo modulistica prestampata predisposta da PP., che richiama il regolamento negoziale e le condizioni generali di contratto definite per regolamentare la serie indefinita di rapporti con tutti i risparmiatori-utenti del servizio interessati.
Le relative controversie, ove rientranti nella competenza del giudice di pace, restano pertanto sottratte al potere di quest'ultimo di decidere secondo equità, anche se aventi valore non eccedente millecento euro, ai sensi dell'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo sostituito dal decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, e sono appellabili al di fuori dei limiti segnati dall'ultimo comma della disposizione di cui all'art.339 c.p.c. per l'impugnazione delle pronunce secondo equità.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso nei sensi di cui in motivazione, va cassata la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Cosenza, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.