Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
15 novembre 2021
Legge di Bilancio: il “no” del CNF alla modifica dell’art. 16 del Testo Unico in materia di spese di giustizia
Il Consiglio Nazionale Forense ha espresso il suo dissenso all'ipotesi di modifica dell'art. 16 del T.U. in materia di spese di giustizia prevista dalla Legge di Bilancio, che impedirebbe al personale di cancelleria di provvedere all'iscrizione a ruolo nel caso di omesso o erroneo pagamento del contributo unificato.
La Redazione

Secondo il CNF, l'ipotesi di modifica dell'art. 16 del Testo Unico in materia di spese di giustizia, contenuta nella manovra di bilancio, è anticostituzionale, in quanto subordinerebbe, in concreto, l'esercizio dell'azione giudiziaria al pagamento di una somma di denaro.

 

A sostegno del proprio dissenso, il Consiglio ricorda che la Corte Costituzionale ha più volte dichiarato l'illegittimità delle norme che condizionano l'esercizio dell'azione ad adempimenti ulteriori e sottolineato che, nel bilanciamento tra l'interesse fiscale alla riscossione dell'imposta e quello all'attuazione della tutela giurisdizionale, il primo è già sufficientemente garantito dall'obbligo imposto al cancelliere di informare l'ufficio finanziario dell'esistenza dell'atto non registrato, ponendolo così in grado di procedere alla riscossione.

 

Di seguito le dichiarazioni di Maria Masi: «Il fine e l'obiettivo sono tristemente chiari: arginare, limitare, contenere, inibire l'accesso alla giustizia a scapito dei cittadini e soprattutto a danno dei più deboli e al contempo caricare di ulteriori responsabilità l'avvocatura, costretta spesso anche se non volentieri ad anticipare gli oneri e le spese di giudizio salvo poi dover procedere a un recupero lento e incerto. Il rischio, questa volta, è veramente serio e se si aggiunge a quanto nel corso di questi lunghi e difficili mesi si è tentato di far comprendere, non a vantaggio di una categoria, ma a tutela di principi e di garanzie, allora forse è tempo di comunicare a voce alta e forte che non c'è più tempo per mediare o negoziare su diritti che consideriamo indisponibili perché sono indisponibili».