Secondo il CNF, l'ipotesi di modifica dell'art. 16 del Testo Unico in materia di spese di giustizia, contenuta nella manovra di bilancio, è anticostituzionale, in quanto subordinerebbe, in concreto, l'esercizio dell'azione giudiziaria al pagamento di una somma di denaro.
A sostegno del proprio dissenso, il Consiglio ricorda che la Corte Costituzionale ha più volte dichiarato l'illegittimità delle norme che condizionano l'esercizio dell'azione ad adempimenti ulteriori e sottolineato che, nel bilanciamento tra l'interesse fiscale alla riscossione dell'imposta e quello all'attuazione della tutela giurisdizionale, il primo è già sufficientemente garantito dall'obbligo imposto al cancelliere di informare l'ufficio finanziario dell'esistenza dell'atto non registrato, ponendolo così in grado di procedere alla riscossione.
Di seguito le dichiarazioni di Maria Masi: «Il fine e l'obiettivo sono tristemente chiari: arginare, limitare, contenere, inibire l'accesso alla giustizia a scapito dei cittadini e soprattutto a danno dei più deboli e al contempo caricare di ulteriori responsabilità l'avvocatura, costretta spesso anche se non volentieri ad anticipare gli oneri e le spese di giudizio salvo poi dover procedere a un recupero lento e incerto. Il rischio, questa volta, è veramente serio e se si aggiunge a quanto nel corso di questi lunghi e difficili mesi si è tentato di far comprendere, non a vantaggio di una categoria, ma a tutela di principi e di garanzie, allora forse è tempo di comunicare a voce alta e forte che non c'è più tempo per mediare o negoziare su diritti che consideriamo indisponibili perché sono indisponibili».