È proprio alla riconsegna dell'immobile che si verifica, infatti, la definitiva quantificazione del credito: questo il principio di diritto espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 34730, depositata oggi.
Il Tribunale di Milano respingeva l'opposizione proposta da una società allo stato passivo di altra società in stato di liquidazione, escludendo il credito prededucibile vantato dalla stessa per canoni di locazione. Nello specifico, il Tribunale sosteneva che non potesse condividersi la tesi della società secondo la quale non opererebbe alcun termine di decadenza per i...
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Milano, con decreto n.642/2019, depositato in data 23/1/2019, ha respinto l’opposizione proposta dalla O. spa avverso lo stato passivo del Fallimento S. srl in liquidazione, con il quale era stato escluso il credito prededucibile vantato dalla ricorrente per canoni di locazione, maturati dal 23/9/2014 (data di subentro del curatore nel contratto di locazione dell’immobile di proprietà della O. stipulato dalla fallita) al 10/12/2015 (data della sentenza del Tribunale di Milano di declaratoria della risoluzione del contratto per morosità del curatore), e per indennità di occupazione, maturate dalla suddetta data di risoluzione del contratto a quella di rilascio dell’immobile, avvenuto nel febbraio 2016.
In particolare, il Tribunale, premesso che il giudice delegato aveva rilevato l’inammissibilità della domanda, qualificata come ultra tardiva in quanto presentata il 25/7/2016, oltre il termine, di cui all’art.101, 1° e 4° comma, L.F., di dodici mesi dalla esecutività dello stato passivo, per ritardo imputabile alla creditrice, ha sostenuto che: a) la tesi dell’opponente, secondo la quale, per i crediti post- fallimento non opererebbe alcun termine decadenziale per la domanda di insinuazione al passivo, non essendo applicabile l’art.101.
L.F. dettato per i soli crediti sorti ante-fallimento, non poteva condividersi, essendo contraria alle stesse esigenze di celerità che connotano ogni fase del procedimento prefallimentare; b) doveva convenirsi, tuttavia, che il termine di decadenza non fosse quello fisso, di cui all’art.101 L.F., di dodici mesi dalla esecutività dello stato passivo, essendo tale termine inconciliabile con il fatto che per i crediti sorti in costanza di fallimento il termine deve essere necessariamente mobile, in ragione del singolo fatto generatore, ma piuttosto un termine congruo e ragionevole, da individuare secondo una valutazione e ponderazione rimessa in concreto al giudice delegato, in rapporto alle peculiarità del caso concreto; c) nella specie, il dies a quo del termine decadenziale non poteva decorrere, come ritenuto dall’opponente, dal passaggio in giudicato della sentenza di merito di declaratoria della risoluzione del contratto di locazione, dovendo individuarsi l’epoca della conoscenza da parte della O. del sorgere della sua pretesa creditoria, per canoni ed indennità nei confronti del Fallimento, nella data del «28/1/2015», nella quale la società aveva promosso l’azione legale di sfratto per morosità, rispetto alla quale, a prescindere se lo spatium temporis congruo per l’insinuazione dovesse ritenersi, secondo le diverse tesi giurisprudenziali e dottrinarie prospettate, di 90 gg. o di un anno (più il periodo di sospensione feriale), la domanda del 25/7/2016 era comunque ultratardiva; d) il ritardo era imputabile alla creditrice, in difetto di prova contraria, considerato anche che la domanda di insinuazione passiva deve comunque essere tempestivamente proposta, senza dovere attendere la formazione del giudicato in ordine all’intervenuta risoluzione del contratto di locazione, trattandosi di credito quantificabile senza alcun grado di apprezzabile difficoltà.
Avverso la suddetta pronuncia, la O.na spa ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Fallimento S. in liquidazione non ha svolto difese.
Con ordinanza interlocutoria n. 3218/2021, la causa è stata rimessa dalla Sottosezione Sesta-Prima alla Prima civile.
Il PG ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del quarto motivo, respinti i primi tre.
Motivi della decisione
1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.101 L.F. per avere il Tribunale ritenuto applicabile il termine di decadenza di cui alla suddetta disposizione ai crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento; b) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.101 L.F., sempre per avere il Tribunale ritenuto applicabile il termine di decadenza di cui alla suddetta disposizione ai crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento, sia pure con l’applicazione di un correttivo giurisprudenziale; c) con il terzo motivo, la nullità della sentenza, ex art.360 n. 4 c.p.c., per omessa motivazione circa il termine di decorrenza ai fini della qualificazione della domanda di ammissione al passivo come ultratardiva; d) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art.101 L.F., in ordine all’interpretazione dell’imputabilità del ritardo, ritenuta erronea.
2. Le censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, lamentando tutte, sotto vari profili, l’erroneità della pronuncia per aver applicato l’art. 101 ed aver qualificato la domanda come ultratardiva, sono fondate nei sensi di cui in motivazione.
L’assunto da cui muove la ricorrente, secondo cui le domande di insinuazione al passivo dei crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento non sarebbero soggette ai termini di decadenza previsti dal primo comma dell’art.101 l.f., né alla disposizione di cui all’ultimo comma del medesimo articolo, è solo parzialmente fondato.
Se è vero infatti che, secondo il più recente indirizzo di questa Corte, pienamente condiviso dal collegio, l'insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 101, commi 1 e 4, l.fall., va tuttavia considerato che tale domanda non può ritenersi proponibile sine die, ma incontra anch’essa un limite temporale, da individuarsi - in coerenza e armonia con l'intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all'art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all'art. 24 Cost. - nel termine di un anno decorrente «dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare» (Cass. 18544/2019; Cass. 28799/2019; Cass. 3872/2020; Cass. 12735/2021).
Al fine di verificare se la domanda di ammissione di O. sia stata presentata entro il predetto termine di decadenza, è dunque necessario stabilire quando si sono verificate le condizioni per la sua partecipazione al passivo.
Ora, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, la decorrenza del termine in questione non poteva essere individuata nella data di instaurazione del giudizio di sfratto per morosità intentato dalla creditrice nei confronti del curatore.
Avuto specifico riguardo al caso in esame, va in proposito in primo luogo rilevato che, attesa la pendenza di detto giudizio, in cui il Fallimento si era costituito contestando di essere subentrato nel contratto, non poteva esservi alcuna certezza in ordine all’esistenza stessa del credito sino al passaggio in giudicato della sentenza di declaratoria della risoluzione del contratto per inadempimento del curatore: il mancato pagamento dei canoni da parte di quest’ultimo non era pertanto fatto sufficiente a far sorgere l’onere di O. di richiedere l’ammissione al passivo, posto che, una volta presentata la domanda, non versandosi in ipotesi disciplinata dall’art. 96, 2° comma, n. 3 l.f. (che dispone l’ammissione con riserva dei crediti, peraltro concorsuali, che siano già stati accertati con sentenza non passata in giudicato) non si vede come il tribunale fallimentare avrebbe potuto decidere sulla stessa senza attendere l’esito del separato processo, devoluto alla cognizione di un giudice diverso, avente ad oggetto l’accertamento fra le parti dell’an della pretesa.
Ad identica conclusione, peraltro, deve pervenirsi in via generale, ovvero anche nel caso in cui sia pacifico il subentro del curatore nel contratto, in considerazione della natura (di durata) del contratto da cui scaturiva il credito della ricorrente, destinato a maturare mese per mese, sino alla data di effettiva riconsegna dell’immobile.
Come già rilevato da questa Corte, in una pronuncia emessa in fattispecie analoga alla presente(Cass. 20310/2018), e come correttamente rilevato dal P.G., è infatti da ritenersi giustificata la condotta del titolare di un credito prededucibile per canoni di locazione che, anziché frazionare detto credito, abbia atteso la riconsegna dell’immobile, così da realizzarne con certezza l’ammontare complessivo e presentare un’unica domanda di ammissione al passivo.
In continuità con la pronuncia citata, va dunque ribadito che «l'avere il ricorrente prospettato fin dal momento della domanda di ammissione l'esistenza di un credito unitario, come maturato a far data dalla dichiarazione di fallimento e fino all'effettiva restituzione, rende evidente come la definitiva quantificazione del credito, sebbene calcolato su base mensile, sia avvenuta solo al momento della riconsegna dell'immobile» e che «una diversa ricostruzione, imponendo di tener conto, nell'ambito di un rapporto di durata, della scadenza periodica del corrispettivo o dell'indennita`, condurrebbe ad illogiche conclusioni, onerando il creditore ad un frazionamento di un credito prospettato come unitario, in quanto derivante da un unico titolo ».
Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, va enunciato il seguente principio di diritto: «il creditore per canoni di locazione e/o indennità sorti in data successiva al fallimento non è tenuto ad insinuare il proprio credito in via frazionata, mano a mano che questo matura; la condizione per la sua partecipazione al passivo, che segna il momento a partire dal quale decorre il termine di decadenza di una anno per la presentazione della domanda di ammissione, si verifica perciò alla data di compimento del fatto (riconsegna dell’immobile) che determina la definitiva quantificazione del credito».
Poiché nella specie dalla data di riconsegna dell’immobile ad O. (febbraio 2016) a quella di deposito della domanda (luglio 2016) erano trascorsi pochi mesi, il ricorso deve essere accolto.
3. Il decreto impugnato va pertanto cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Milano, in diversa composizione, che si atterrà al principio enunciato e provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Milano in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.