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18 novembre 2021
Dubbi sulla compatibilità della disciplina sul MAE con i diritti fondamentali della persona: due rinvii pregiudiziali alla CGUE

Tema centrale dei rinvii pregiudiziali alla CGUE operati dalla Consulta è quello della possibilità per l'Autorità giudiziaria italiana di rifiutare la consegna di soggetti raggiunti da MAE in ipotesi non contemplate dalla disciplina nazionale ma sulle quali persistono dubbi circa la compatibilità con i diritti fondamentali della persona.

La Redazione

Con le ordinanze numero 216 e 217 depositate oggi, la Corte Costituzionale ha proposto due distinti rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia europea in relazione ai casi in cui l'Autorità giudiziaria italiana possa rifiutare di dare esecuzione a un mandato di arresto europeo.

Nello specifico, l'ordinanza n. 216 ha ad oggetto il caso di un cittadino italiano raggiunto da MAE affinché fosse processato in Croazia per il reato di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Tuttavia, dall'espletamento di una perizia medica disposta dal Giudice procedente, l'imputato era risultato affetto da patologia psichica cronica di durata indeterminabile, incompatibile con il regime carcerario. Da qui, l'Autorità giudiziaria italiana chiedeva alla Consulta di dichiarare l'illegittimità costituzionale della disciplina italiana sul MAE, la quale non prevede la possibilità di rifiutare la consegna dell'imputato in casi siffatti, sostenendo che essa contrasti con il diritto alla salute sancito dagli artt. 2 e 32 Cost..
Una volta rilevato che nemmeno la decisione quadro 2002/584/GAI in materia prevede la facoltà di rifiutare la consegna di un soggetto nelle condizioni sopra descritte, la Corte evidenzia che i dubbi sulla compatibilità della legge nazionale con i principi costituzionali investono inevitabilmente anche la disciplina della decisione quadro, dunque ritiene che rientri in via primaria nel diritto dell'Unione stabilire gli standard di tutela dei diritti fondamentali al cui rispetto sono subordinate legittimità e concreta esecuzione a livello nazionale della disciplina del MAE. Di conseguenza, la questione da sottoporre alla CGUE è se e in che misura i principi e le procedure stabilite in relazione agli altri motivi di rifiuto della consegna possano estendersi all'ipotesi in cui essa potrebbe esporre l'imputato al pericolo di subire un grave pregiudizio alla sua salute.

Il caso che ha dato origine, invece, all'ordinanza n. 217 inizia con la richiesta proveniente dall'Autorità giudiziaria rumena di consegnare un cittadino di uno Stato non UE residente da almeno 10 anni in Italia affinché scontasse una pena di 5 anni in un carcere rumeno. La Corte Costituzionale è stata coinvolta per via dell'asserita illegittimità costituzionale della legge nazionale sul MAE laddove non prevede la facoltà di rifiutare la consegna di un cittadino di uno Stato terzo residente legittimamente in Italia, accompagnata dall'impegno dello Stato italiano ad eseguire la pena a lui inflitta in Italia.
Mentre la decisione quadro lascia liberi gli Stati membri di rifiutare la consegna di cittadini di Stati terzi che oramai siano radicati nel territorio nazionale, la normativa italiana ha stabilito, invece, che il rifiuto possa disporsi solo a favore di un cittadino italiano o di altro Stato membro residente legittimamente ed effettivamente in Italia da almeno 5 anni, nulla prevedendo a proposito dei cittadini di Stati terzi.
Anche la risoluzione di questa questione è stata rinviata alla CGUE, chiedendo se sia compatibile con il diritto fondamentale alla vita privata e familiare dell'interessato una normativa come quella italiana che preclude automaticamente il rifiuto della consegna di cittadini di Stati terzi residenti legittimamente sul territorio nazionale. Qualora ne sia ritenuta l'incompatibilità, poi, la Consulta chiede altresì di precisare sulla base di quali criteri e presupposti, i legami dell'interessato debbano considerarsi significativi al punto da imporre allo Stato di rifiutare la consegna.

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