Sembra, infatti, incongruo ritenere che una norma di natura eccezionale come l'art. 83 del decreto “Cura Italia” possa trovare applicazione con riferimento ad un'altra misura cautelare disposta con successivo provvedimento emesso dopo la scadenza di quel periodo.
Il Tribunale di Catania dichiarava inefficace per scadenza dei termini di fase
Svolgimento del processo
1.II Tribunale di Catania ha dichiarato inefficace per scadenza dei termini di fase ai sensi dell'art. 297, comma 3, cod. proc. pen., la misura della custodia in carcere applicata a L.G., gravemente indiziato per il delitto di cui all'art. 416 -bis cod. pen. nel proc. n. 107/2017 R.G.N.R. Dall'ordinanza impugnata si evince che: a) L. era stato tratto in arresto il 19.9.2019 nel procedimento n. 1550/2017 R.G.N.R. per i delitti previsti dagli artt. 73- 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 - 416- bis.1 cod. pen.; b) l'08/06/2020 era stato emesso un secondo titolo cautelare per il reato di associazione mafiosa nel presente procedimento. n. 107/2017 R.G.N.R.; c) il 20.10.2020 il decorso del termine di durata della custodia cautelare, relativo al secondo titolo, era stato retrodatato, ai sensi dell'art. 297, comma 3, cod. proc. pen., al 19.9.2019, data di esecuzione del primo titolo. Il Tribunale ha ritenuto che, in considerazione della autonomia dei due titoli cautelari, la sospensione del termine di durata della misura cautelare dal 9 marzo al 15 aprile 2020, verificatasi nel procedimento n. 1550/2017 R.G.N.R. in ragione dell'art. 83 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con la legge 24 aprile 2020, n. 27, non possa produrre effetti in quello per chi si procede n. 107/2017 R.G.N.R., nonostante la retrodatazione del decorso del termine di efficacia della misura cautelare al 19.9.2019, cioè alla data di esecuzione del primo titolo cautelare. Sulla base di tale ragionamento si è ritenuto il termine di fase scaduto il 18.9.2020.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania articolando un unico motivo con cui deduce violazione dell'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e 83 d.l. n. 18 del 2020. Si assume che il richiamo da parte del Tribunale al principio della autonomia dei due titoli cautelari non sarebbe pertinente, atteso che detto principio sarebbe stato affermato in giurisprudenza in relazione a contingenze non conoscibili o preventivabili da parte dell'indagato, perché rimesse alle scelte discrezionali ed organizzative del pubblico ministero o del giudice, ma non anche quando, come nel caso di specie, per effetto della retrodatazione del decorso del termine di durata nel procedimento in esame, la sospensione del termine di cui all'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, avrebbe potuto essere scongiurata chiedendo la celebrazione dell'udienza, trattandosi di soggetto detenuto.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Non è in contestazione l'applicazione della norma di cui all'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e, dunque, l'affermate retrodatazione del decorso del termine di durata della misura cautelare disposta nel presente procedimento; il tema attiene al se ed in che limiti abbiano rilievo rispetto al termine retrodatato di durata del secondo titolo cautelare - quello per cui si procede-, i fatti processuali che abbiano condizionato la durata della misura cautelare applicata nei riguardi dello stesso indagato con l'ordinanza cronologicamente anteriore.
3. Sulla questione non si rinvengono indirizzi giurisprudenziali univoci.
3.1. Secondo una prima impostazione, in tema di contestazioni "a catena", la sospensione dei termini di custodia cautelare, conseguente all'applicazione della disciplina emergenziale di cui all'art.83 d.t. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, in relazione alla misura adottata per prima opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza (Sez. 2, n. 11165 del 22/01/2021, H., Rv. 280768). Si è affermato che "si tratta di un principio che - a differenza di quanto sostenuto in ricorso - non risulta affatto isolato, essendo stato ripreso da altre successive decisioni di questa Suprema Corte (cfr. Sez. 2, n. 2775 del 19/11/2015, dep. 2016, B.; Sez. 6, n. 30550 del 12/04/2013, R.; Sez. 6, n. 12610 del 10/12/2012, dep. 2013, Napoli), e soprattutto risponde ad evidenti criteri di ragionevolezza complessiva del sistema. È invero evidente che non può accordarsi la tutela auspicata nel ricorso a chi - dopo aver chiesto e ottenuto la retrodatazione della seconda ordinanza al momento applicativo della prima, facendo valere la sussistenza dei presupposti che avrebbero dovuto o potuto comportare l'emissione solo del primo provvedimento coercitivo, data la sostanziale unicità della vicenda - intenda successivamente recuperare la diversità delle misure cautelari, nel momento in cui la loro trattazione unitaria, quanto al computo dei relativi termini, non risulti più "conveniente" a causa dell'emersione, nel primo procedimento, di una causa di sospensione" (così Sez. 2, n. 11165 cit.).
3.2. Secondo altra impostazione, che il Collegio condivide, in tema di contestazione a catena, la sospensione dei termini di custodia cautelare, conseguente all'applicazione della disciplina emergenziale di cui all'art. 83 d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, in relazione alla misura adottata per prima non opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza, in quanto l'istituto della retrodatazione non determina l'unificazione dei due successivi titoli cautelari e dei relativi regimi (Sez. 6, n. 19685 del 05/05/2021, M., Rv. 281612). Con la pronuncia in esame sono stati valorizzati due argomenti. Il primo è che il riallineamento del decorso del termine per il secondo titolo cautelare, a seguito dell'applicazione dell'art. 297, comma 3, c.p.p., non determina la perdita di autonomia del titolo, né consente di imputare a questo le vicende relative al primo titolo, soprattutto quando, come nel caso di specie, i due titoli sono all'interno di distinti procedimenti. In tal senso, hanno recentemente chiarito le Sezioni Unite che "le molteplici sentenze della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite di cui si è dato conto, hanno sempre esaminato l'istituto della retrodatazione, insieme alla dottrina, mantenendo fermo il principio per cui le due ordinanze cautelari (e i relativi procedimenti) rimangono distinte e ciascuna segue la propria sorte, senza che la proroga dei termini dell'una possa influire sull'altra, se non in senso favorevole all'interessato. Diversamente opinando, l'effetto di garanzia dell'istituto sarebbe svuotato. Di regola, si applicherebbe infatti alla misura da retrodatare un termine di fase più lungo, perché relativo al dibattimento. Mentre la durata massima della seconda misura custodiale, lungi dall'essere fissata a termini certi e predeterminati per legge, rimarrebbe esposta alle "contingenti vicende" relative al primo procedimento" (Sez. U, n. 23166 del 28/05/2020, M., Rv. 279347). Sotto altro profilo, si è fatto correttamente rilevare che la sospensione dei termini di durata di fase della custodia cautelare prevista dal d.l. 83 del 2020 riguardava "solo i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge e si giustificava per la particolare circostanza che negli stessi era stata disposta la sospensione della decorrenza di tutti i termini procedimentali, anche di quelli relativi alle indagini preliminari. Inoltre, la relativa operatività poteva essere impedita da una manifestazione di volontà dell'indagato o dell'imputato sottoposto alla misura cautelare, ovvero del suo difensore, che potevano domandare la prosecuzione del procedimento". Da tale presupposto si è fatto correttamente derivare l'assunto secondo cui "sembra incongruo ritenere che una disposizione di natura eccezionale, destinata a far fronte ad una temporanea sospensione delle attività giudiziarie prolungando, sia pure per un limitato arco temporale, gli effetti della misura cautelare custodiale in corso in quell'intervallo, possa trovare applicazione con riferimento ad altra misura cautelare di cui l'autorità giudiziaria abbia disposto l'applicazione con un successivo provvedimento emesso dopo la scadenza di quel periodo: e ciò quand'anche gli effetti di tale ordinanza cronologicamente posteriore siano stati fatti retroagire in conseguenza della operatività del 'meccanismo' in parola, che, come noto, è basato su una forma di fictio iuris. D'altra parte, escluso che con riferimento alla misura applicata con la seconda ordinanza cautelare l'indagato possa essere restituito nel termine per poter dichiarare che si proceda nei suoi riguardi, trattandosi di manifestazione di volontà regolata da una norma eccezionale non più in vigore e comunque cronologicamente collegata ad un ristretto intervallo di tempo oramai decorso, risulta contrario al principio generale del favor libertatis, che governa la materia delle misure cautelari penali, ritenere di poter estendere gli effetti sospensivi del mancato esercizio di quella facoltà difensiva, che ben potrebbe essere stato 'calibrato' con riferimento ad una misura in quel momento in vigore e sul relativo addebito, ad una ordinanza ancora da emettere e ad una imputazione del tutto differente" (così Sez. ll, n. 23166 cit.).
4. Ne consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.