La Cassazione chiarisce che la misura cautelare sui titoli non può essere disposta qualora sia accertata la lecita provenienza del capitale.
Il tribunale del riesame, in parziale accoglimento dell'impugnazione, disponeva il dissequestro di due buoni postali intestati a due minori, e rigettava per il resto il ricorso teso a revocare la misura su altri tre titoli posseduti dagli stessi.
La misura cautelare era stata disposta in ordine alla condanna per associazione dedita al...
Svolgimento del processo
1. D.A., quale esercente la potestà genitoriale sulle figlie minori D.C. e D.C., per il tramite del difensore avvocato M.S., munito di procura speciale, ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno che, in parziale accoglimento dell'appello, ha disposto il dissequestro di due buoni postali fruttiferi intestati, rispettivamente, a C. D. e C. D., rigettando per il resto il ricorso ex art. 324 cod. proc. pen. teso alla revoca del sequestro imposto su altri tre buoni fruttiferi postali intestati alle medesime minori.
2. Deve premettersi che il sequestro ex artt. 321 cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. su detti beni era stato disposto con decreto del 11 dicembre 2018 emesso dal G.i.p. del Tribunale di Salerno nei confronti di D.C. in relazione all'appartenenza ad associazione dedita al narcotraffico ad usura ed estorsioni, reati in ordine ai quali era intervenuta condanna del Tribunale di Nocera Inferiore alla pena di anni undici di reclusione ed euro 11.000,00 di multa con disposizione, ai sensi dell'art. 644, ultimo comma, cod. pen. della confisca dei beni sequestrati al C. sino alla concorrenza del profitto complessivamente realizzato con gli illeciti di usura. Il sequestro funzionale alla confisca, pertanto, aveva attinto, per l'accertata incapienza economica tra il 2013 e il 2017, i beni intestati a D.C. direttamente e nei confronti dei fittizi intestatari individuati nella madre e nella moglie, D.A., costei egualmente condannata (otto mesi di reclusione) nel corso del giudizio di merito per una imputazione relativa al delitto di usura. Pure i beni intestati alle figlie minori, D. e D.C., sarebbero stati frutto di fittizie intestazioni in considerazione di analoga incapienza economica dell'A.D. e, pertanto sottoposte a sequestro. Il Tribunale, in ragione dell'istanza di restituzione avanzata dalla madre quale esercente la potestà genitoriale sulle minori, terze intestatarie dei beni di cui si richiedeva la restituzione, limitava l'ambito del giudizio alla sola verifica della titolarità del bene e all'assenza di collegamento concorsuale nei reati ascritti all'indagato/imputato. Ne è conseguita la restituzione di due buoni fruttiferi postali del valore, ognuno, di euro 1.000,00 accesi da parte di persone estranee ai reati contestati e comunque percettori di redditi idonei, individuati nel bisnonno e nella bisnonna delle minori, mentre il ricorso veniva rigettato relativamente ai tre buoni postali fruttiferi costituenti "regalo da genitori" (di euro 1.250,00) e "regali battesimo" (di euro 600,00 e 1.600,00), in quanto beni provenienti da soggetti non determinati o esplicitamente dai genitori, entrambi indagati per reati commessi in periodo corrispondente all'acquisto dei titoli, ritenuti nella disponibilità degli imputati.
3. La ricorrente, per mezzo di sostanzialmente unico motivo, seppure riferito ai tre distinti titoli, deduce ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., vizi di motivazione in ordine agli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. e violazione di legge ex art. 125 cod. proc. pen. in ordine all'omessa motivazione circa i presupposti per l'applicazione del sequestro. La difesa rileva l'erroneità del provvedimento nella parte in cui, dovendo unicamente valutare la disponibilità in capo al terzo dei beni oggetto di sequestro, ha invece fatto rinvio a presunzioni per ritenere che i buoni fruttiferi postali intestati alle due minori costituissero beni riconducibile a D.C., e ciò in base alla provenienza delle risorse dai genitori che ne avevano la potestà. Il Collegio della cautela non avrebbe preso in considerazione la preminente circostanza secondo cui i genitori della minore non avrebbero alcuna disponibilità dei buoni postali infruttiferi che potranno essere riscossi solo al raggiungimento della maggiore età da parte delle intestatarie, senza che sussista alcuna possibilità per il padre e di terzi in genere di disporre delle somme che potrebbero essere riscosse solo previa autorizzazione del giudice tutelare che sovrintende alla salvaguardia degli interessi e del patrimonio dei minori. Sotto tale profilo apparente, pertanto, si rivelerebbe la motivazione del Tribunale che non avrebbe fornito risposta in ordine alla censurata ritenuta disponibilità dei beni in sequestro.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Nel caso di specie si verte in tema di sequestro funzionale alla "confisca allargata" o "in casi particolari" ex artt. 321 cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen., norme che prevedono, quando ricorrono di gravi indizi di colpevolezza in ordine a taluni reati specificamente previsti dal legislatore, tra i quali l'associazione dedita al narcotraffico, usura ed estorsione che hanno interessato sia C. che la A., il sequestro delle disponibilità di cui l'imputato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore proporzionale al proprio reddito dichiarato ai fine delle imposte sul reddito o alla propria attività economica. Nell'ambito della confisca c.d. allargata, si deve puntualizzare che ai fini della sussistenza del requisito della disponibilità in capo al responsabile del reato presupposto di un bene formalmente intestato a terzi, è necessario che il bene sia riconducibile all'iniziativa economica di tale soggetto (Sez. 1, n. 35762 del 04/06/2019, Bisaglia, Rv. 276811), dovendosi ritenere che la "disponibilità", quale presupposto del provvedimento non coincide con la nozione civilistica di proprietà, quanto, piuttosto, deve ritenersi corrispondente alla più elastica nozione di possesso in cui assumono rilevanza tutte quelle situazioni in cui il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, estrinsecandosi in una relazione connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, dep. 2019, De Nisi, Rv. 274852).
3. Calando detti principi al caso concreto, adeguata e priva di aporie risulta la motivazione che, in punto di "disponibilità", è stata fornita dal Tribunale della cautela reale nella parte in cui ha restituito due buoni postali fruttiferi intestati alle minori C. D. e D. in considerazione della provenienza lecita del capitale (bisnonna e bisnonno delle minori), mentre, in relazione a tre buoni fruttiferi postali il cui capitale proveniva materialmente proprio dai genitori in epoca corrispondente ai reati contestati (ad entrambi), ha ritenuto non potessero essere invece restituiti a cagione dell'assegnata determinante valenza all'illecita provenienza dei fondi utilizzati per l'acquisto dei buoni poi intestati alle figlie. Esplicito il passaggio della motivazione in cui si fa presente come, rispetto a tali buoni, non è stata fornita la prova positiva della provenienza del danaro da canali differenti dai soggetti imputati, non essendo all'uopo indicativa la generica indicazione sul titolo in questione di una causale riferibile a regalie, provenienti da soggetti non determinati e dagli stessi indagati D.A. e D.C. (esplicito sotto la dizione "regali battesimo" e "regalo genitori"), trattandosi di titoli emessi in periodi coincidenti o prossimi alle contestazioni. Il Tribunale ha anche osservato che i buoni fruttiferi in esame, benché intestati alle minori, fossero comunque nella disponibilità degli odierni indagati in qualità di esercenti la potestà genitoriale almeno fino al raggiungimento della maggiore età delle figlie. A fronte di beni formalmente riconducibili alle minori, dopo aver analizzato il profilo della provenienza delle risorse economiche ex lege attribuita ai genitori, ha affrontato il tema della disponibilità di detti beni che, seppure intestati alle figlie, sono stati giudicati essere nella titolarità degli esercenti la responsabilità genitoriale. Ed invero, se finalità del sequestro funzionale alla confisca è quella di evitare che beni presuntivamente provenienti da un arricchimento ritenuto illecito dal legislatore rimangano, tramite interposta persona, nella titolarità o disponibilità dell'indagato/imputato, ineludibile è il dato che vede i buoni fruttiferi comunque nella disponibilità dei genitori, a cui è riconducibile la provvista (qualificata exege come illecita), che concentrano sulla loro persona la veste di rappresentanti legali sino al raggiungimento della maggiore età dei figli a cui vantaggio il titolo sarà liquidato. Proprio la circostanza che la somma versata sul buono fruttifero postale intestato alle minore potrà essere liquidata attraverso la richiesta di autorizzazione formulata al giudice tutelare dagli esercenti la responsabilità genitoriale (con la necessità di dimostrare che la somma contenuta sul titolo postale sarà finalizzata ad assolvere in via assorbente interessi nel preminente interesse dello stesso minore ex art. 320, terzo comma, cod. civ.) prima del raggiungimento della maggiore età, elemento che secondo il ricorrente confuterebbe la ritenuta disponibilità dei buoni in capo al nucleo C., paradossalmente ne conferma l'esistenza: proprio la possibilità di poter adire il giudice tutelare dimostra che solo in capo ai genitori convergono una serie di diritti riconosciuti sui beni formalmente intestati ai figli minori, sia attraverso la previsione dell'usufrutto legale ex art. 324 cod. civ. in favore dei medesimi, sia in ragione del riconoscimento di poteri direttamente involgenti la tutela complessiva degli stessi minori; norma che, di fatto, attribuisce ogni potere ai genitori che la esercitano nei limiti imposti dalla legge ma comunque assegnando loro ampi poteri gestori, anche sotto il profilo eminentemente processuale, che non escludono, ma anzi presuppongono come esistente, la diretta o indiretta disponibilità delle relative risorse economiche.
4. La conclusione cui si è pervenuti rende non pertinente il richiamo operato dalla ricorrente alla giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di precisare che ai fini dell'operatività del sequestro preventivo funzionale alla "confisca allargata" già previsto dall'art. 12 sexies della legge n. 356 del 1992 (corrispondente all'attuale art. 240-bis cod. pen.) nei confronti del terzo estraneo alla commissione del reato, grava sull'accusa l'onere di provare l'esistenza di circostanze che avallino in modo concreto la divergenza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni e reddito percepito (Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012, A., Rv. 254699), non potendo il bene formalmente intestato al figlio ritenersi estraneo alla titolarità riconosciuta in capo ai genitori. È ovvio come nel caso sottoposto a scrutinio non costituisca questione dibattuta l'evenienza che vede i minori nullatenenti e, pertanto, finanziariamente dipendenti sotto ogni aspetto dai genitori, essendo stata fornita adeguata motivazione secondo cui i titoli intestati a loro nome non appartengano realmente agli stessi ma ai genitori e fungono, pertanto, da mero espediente per consentire ai titolari delle risorse economiche confluite sui titoli, di poterne mantenere la disponibilità e, così, sottrarsi ad eventuali azioni di confisca da parte dell'autorità giudiziaria.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.