Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
25 novembre 2021
Nessun vincolo di interesse culturale per i filari di vite maritata a piantata romagnola ormai coperti da vegetazione spontanea

Ai fini della nozione di bene culturale è necessaria la cd. corporalità del bene culturale, la quale rileva quando il valore culturale pervada il bene mobile o immobile, non potendo desumersi solo dalle attività svolte.

La Redazione

L'attuale ricorrente aveva ereditato un podere agricolo, il quale era divenuto oggetto di un procedimento in vista dell'apposizione del vincolo di interesse culturale, in considerazione del fatto che il terreno vitato si caratterizzava per l'esistenza di un sistema a piantata che era stato diffusamente adottato in Romagna per parecchi secoli e che oggi risultava sostituito in toto dall'agricoltura estensiva.
La stessa impugnava il provvedimento della Commissione Regionale per il patrimonio culturale che aveva dichiarato il suo podere di interesse culturale, in quanto il vincolo avrebbe dovuto riferirsi ad un bene mobile o immobile e non ad una tecnica di coltivazione agricola, oltre al fatto che esso ricomprendeva, oltre alla vigna, anche l'intero immobile ereditato. Ancora, ella lamentava il fatto che non sussisteva più alcuna traccia della pratica di coltivazione che stava alla base del provvedimento impugnato, essendo rimasta solo una vegetazione incolta inidonea a consentire anche solo una vaga percezione dell'attività praticata molti anni addietro.

Con la sentenza n. 955 del 22 novembre 2021, il TAR Bologna accoglie il ricorso, rilevando come dalla dettagliata documentazione fotografica depositata dalle parti emerga l'evidente diffusione della vegetazione spontanea caratterizzante l'area del podere che un tempo era destinata a vigneto con il sistema della vite maritata.
In virtù dell'art. 10 D. Lgs. n. 42/2004, infatti, la nozione di bene culturale è di tipo aperto e non strettamente tipizzata ma non va dimenticato che ai fini della stessa è necessaria la cd. corporalità del bene culturale. Ciò significa che l'attività svolta mediante il bene può rilevare solo se il valore culturale «pervada il bene immobile o mobile», non essendo possibile desumerlo solo dalle attività svolte.
In tal senso, l'ampia discrezionalità che sta alla base del giudizio che presiede l'imposizione di una dichiarazione di interesse culturale o di una “qualitas culturae” è limitata a ciò che può essere vincolato per scelta del legislatore, non potendo, dunque, avere ad oggetto un'attività economica o ricreativa laddove essa non si sia «compenetrata negli arredi o nelle strutture del locale».

Ciò posto, nel caso di specie l'abbandono delle coltivazioni e la diffusione della vegetazione spontanea rendono difficile sostenere la presenza di una traccia identitaria che consenta di associare le condizioni del posto ad un impianto di vite maritata a piantata romagnola oppure di una tecnica particolare di coltivazione che ormai risulta scomparsa.
Per questa ragione, il TAR annulla il provvedimento impugnato.