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26 novembre 2021
Legittima l’interdittiva antimafia all’impresa che ha rapporti commerciali o associativi con una società già esposta al rischio di influenza criminale

Il trasferimento automatico delle controindicazioni antimafia può escludersi, infatti, solo qualora dall'esame dei contatti tra le società emerga il carattere del tutto episodico, remoto o inconsistente delle relazioni d'impresa.

La Redazione

Una società veniva raggiunta da un'informativa interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Napoli sulla base del fatto che essa possedesse alcune “partecipazioni” presso altra società ritenuta caratterizzata da elementi di disvalore antimafia.
A seguito dell'impugnazione dell'informativa per difetto di istruttoria e di motivazione, il TAR Napoli respingeva il ricorso, dunque la società si rivolge al Consiglio di Stato.

Con la sentenza n. 7890 del 25 novembre 2021, il Consiglio di Stato dichiara l'appello infondato, rilevando che uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa all'interno dell'attività di impresa è proprio l'instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un'impresa ed una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale, a causa della significatività assunta da cointeressanze economiche particolarmente pregnanti. Tale rapporto, infatti, giustifica da solo l'emanazione di un'interdittiva antimafia, poiché è in grado di fondare il convincimento (anche solo in termini probabilistici) che l'impresa controindicata trasmetta all'altra il suo corredo di controindicazioni antimafia, presumendo che essa scelga un partner già colluso o comunque permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata.
Del resto, anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 57/2020, aveva già affermato che le situazioni indiziarie possono di per sé supportare il provvedimento interdittivo, come ad esempio:

  • Provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale;
  • Rapporti di parentela, contatti o rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza o amicizia;
  • Vicende anomale nella struttura formale dell'impresa e nella sua gestione, ivi incluse campagne antimafia o antiriciclaggio allo scopo di mostrare un “volto di legalità” atto ad abbattere sospetti sintomatici di una contaminazione mafiosa.

Ora, il Consiglio di Stato ribadisce che per la legittima adozione di un provvedimento interdittivo basta la contiguità soggiacente agli ambienti della criminalità organizzata, non essendo quindi necessaria la contiguità compiacente, nella quale si rinvengono condotte ambigue tenute da operatori che, seppur apparentemente estranei ad associazioni mafiose, si pongono su una linea di confine tra la legalità e l'illegalità in sede di esercizio della propria attività d'impresa.