A seguito di un disservizio imputabile alla compagnia telefonica, l'utente chiede un indennizzo per la mancata risposta al reclamo da lui inviato. Come si qualifica tale missiva?
L'attuale ricorrente inviava a una compagnia telefonica un reclamo scritto relativo a un disservizio della medesima che avrebbe comportato il suo diritto al pagamento della somma di 300euro a titolo di indennizzo per la mancata risposta al reclamo. Il Giudice di prime cure respingeva la domanda di indennizzo così come, a seguito di gravame, anche il...
Svolgimento del processo
1. Con atto notificato l’11 gennaio 2019 V.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma n. 1952/2018 pubblicata 1'11 giugno 2018. W.T. S.p.A., con controricorso notificato il 15 febbraio 2019, illustrato da memoria, resiste deducendo l'inammissibilità e infondatezza del ricorso.
2. Per quanto qui di interesse, il ricorrente adduce di avere inviato alla compagnia telefonica convenuta, qui resistente, il 20 giugno 2014, un reclamo scritto, tramite il proprio legale, in relazione al disservizio verificatosi il 13 giugno 2014 e di avere diritto al pagamento della somma di € 300 a titolo di indennizzo per la mancata risposta al reclamo, come previsto dalla delibera 73/11/Cons.
3. La domanda è stata disattesa dal Giudice di Pace sulla base della mancanza
di prova della legittimazione passiva della compagnia telefonica, in mancanza della produzione del contratto; proposto l'appello dall'attore qui ricorrente, il Tribunale, pur riconoscendo la legittimazione passiva della compagnia convenuta, nel merito ha rigettato la pretesa per diversi motivi, sull'assunto che il disservizio avesse avuto luogo solo per alcune ore della mattinata del 13 giugno 2014, essendo stato prontamente risolto dalla compagnia telefonica che aveva utilizzato diverse testate giornalistiche a tiratura nazionale per comunicare il disservizio e la pronta soluzione del medesimo; pertanto, ha ritenuto che il "postumo reclamo", svolto ad opera del legale per chiedere il risarcimento del danno subito cliente non valesse a concretarne la finalità, volta a determinare un pronto intervento risolutore entro il terzo giorno, come indicato nella Carta dei servizi di Wind e nelle condizioni generali del contratto di Wind. Bilanciando gli opposti interessi, il Tribunale compensava le spese tra le parti con riguardo ai due gradi del giudizio
Motivi della decisione
4. Con un unico motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 11, allegato A, delibera 73-11 Cons. e dell'articolo 2, lettera e) d. lgs 6 settembre 2005 numero 206, ex articolo 360 numero 3 c.p.c.. Si denuncia la illegittima interpretazione della normativa di settore sugli indennizzi, stante che il diritto dell'utente di percepire un indennizzo nei casi di mancata risposta scritta al reclamo non sarebbe in alcun modo collegato alla risoluzione del guasto, oggetto di reclamo, bensì alla mancata risposta, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla tempestività nella risoluzione della problematica, risposta che deve essere fornita per iscritto all'utente. Si deduce, altresì, che la motivazione non terrebbe conto di quanto previsto dall'articolo 2 del Codice del Consumo ove riconosce ai consumatori e agli utenti diritti fondamentali, tra i quali quelli alla correttezza, la trasparenza e all'equità nei rapporti contrattuali. Si deduce, quindi, che la forma scritta non rappresenti un mero onere di forma, ma un elemento indefettibile per garantire la piena tutela dei diritti dell'utente, che solo in presenza di un atto motivato per iscritto sarebbe messo nelle condizioni di adottare le più opportune decisioni rispetto alla contestazione formulata, come affermato da varie delibere del Corecom e dalla Autorità garante del settore delle comunicazioni (Agcom). Censurabile sarebbe pertanto l'affermazione secondo cui il reclamo, inviato ad opera del legale del cliente e volto a diffidare la compagnia telefonica con il preavviso di un'azione di risarcimento dei danni, sarebbe postumo rispetto al disservizio segnalato. Priva di pregio sarebbe la comunicazione effettuata sulle testate giornalistiche a tiratura nazionale, poiché la ratio sottesa all'obbligo dell'operatore di dare riscontro ai reclami dell'utente sta nell'opportunità di instaurare e garantire una corretta dialettica tra le parti contrattuale, come enunciato da Agcom nella delibera 57/11/CIR.
5. La compagnia resistente adduce l'inammissibilità del motivo e, nel merito, la sua infondatezza, avendo essa risposto alla missiva in data 3 ottobre 2014, indicando la avvenuta risoluzione delle anomalie nelle tempistiche previste, non trovando quindi applicazione l'art. 3.3. della Carta dei servizi al riguardo.
6. Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. in quanto non si raccorda
alla ratio decidendi, a parte ogni preliminare considerazione sull'inammissibilità del motivo per violazione del principio di autosufficienza ex art. 366 n. 6 c.p.c., posto che in atti manca ogni riferimento al contenuto essenziale delle clausole contrattuali (carta dei servizi e condizioni generali del contratto) cui si riferisce.
7. Ed infatti, viene indicato come "reclamo ex articolo 11 allegato A delibera 73/11/Cons." una lettera raccomandata inviata dal proprio difensore dopo che il sinistro, di rilievo diffuso e nazionale, era stato risolto dalla Compagnia telefonica nel corso della medesima giornata che il giudice - in quanto postuma all'evento - ha qualificato alla stregua di una lettera di diffida a risarcire il danno, inidonea a far sì che possa trovare applicazione la predetta delibera e i connessi oneri informativi collegati al rapporto sinallagmatico tra utente e operatore, essendo riferibile, piuttosto, al successivo stadio in cui rapporto si è già deteriorato, tanto da indurre l'utente a rivolgersi a un legale per ottenere un risarcimento.
8. Si tratta, quindi, di una qualificazione della missiva inviata per iscritto dall'utente, tramite il proprio legale, rispetto alla quale la censura non porge la dovuta attenzione, posto che il giudice ha ritenuto, con argomenti interpretativi e logici incensurabili, che essa non valesse a denunciare un disservizio in atto per determinare un intervento da parte della compagnia telefonica, bensì una richiesta di risarcimento, ritenendo per tale motivo non applicabile la disposizione de qua.
9. Sicché, il motivo ricade, nel suo insieme, nella ragione di inammissibilità espressa dal principio di diritto recentemente rinverdito da Cass. SU n. 7074 del 2017 (in motivazione) secondo cui <<il motivo d'impugnazione è rappresentato dall'enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d'impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto, per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l'esercizio del diritto d'impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell'esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un "non motivo", è espressamente sanzionata con l'inammissibilità ai sensi dell'art. 366 n. 4 cod. proc. civ.>>.
10. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in
ordine alle spese e al raddoppio del Contributo Unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese in favore della resistente, liquidate in € 645,00, oltre€ 200,00 per esborsi, 15 % di spese forfetarie e ulteriori oneri. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.