Secondo la Cassazione, l'eventuale consenso reso dal minorenne non costituisce una scriminante, tenuto conto proprio del divario di età tra la vittima e il reo.
La Corte d'Appello confermava la sentenza del Tribunale con la quale l'imputato veniva condannato per la detenzione di materiale pedopornografico nei congegni elettronici personali.
Avverso tale pronuncia l'imputato propone ricorso in Cassazione, lamentando l'assenza degli elementi costitutivi del reato nella sua condotta. Le fotografie,...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza dell'11/11/2019 la Corte di appello di Milano - pro nunciando su rinvio della Corte di cassazione (Sez. 5, n. 33862 dell'8/6/2018) - ha confermato la sentenza del 12/10/2016 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato D. R., tra gli altri titoli di reato, anche per le imputazioni sub D) ed F) - art. 600 quater cod. pen., in tal senso modificata l'originaria imputazione sub F ex artt. 600 ter, comma 1, 602 ter, comma 5, cod. pen. - per le quali in sede di legittimità era stato deciso l'annullamento, per verificare la natura di materiale pedopornografico dei reperti, ai sensi dell'art. 600 quater cod. pen., come modificato dalla Legge n. 172 del 2012.
2. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. Giorgio Lobianco, deducendo violazione di legge e correlato vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per falsa applicazione degli artt. 600 ter e 600 quater cod. pen.
2.1. Il punto critico sul quale la Corte di cassazione aveva chiesto un nuovo giudizio era indicato nella necessità di puntualizzare "con sufficiente determinatezza se le fotografie ed i video trovati in possesso dell'imputato rappresentassero effigie di nudi, riconducibili alle minori persone offese, esplicativi di una finalità sessuale o raffigurassero esplicitamente il coinvolgimento delle stesse in atti sessuali, assumendo pertanto la natura di reperti pedopornografici nei termini declinati dall'art. 600-ter, comma VII, cod. pen.".
Secondo il ricorrente, la nuova pronuncia della Corte di appello di Milano non ha assolto il mandato, rendendo una decisione dettata da intenti moralistici piuttosto che dare conto della evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema.
2.2. Richiamando la sentenza delle Sez. Unite n. 51815 del 15/11/2018, la difesa ritiene che il D. R. debba essere assolto, in quanto le sue condotte esorbitano dall'ambito di rilevanza penale. Infatti, le fotografie rinvenute nei congegni elettronici dell'imputato erano state a lui inviate spontaneamente dalle ragazze, le quali - avendo superato l'età di 14 anni - erano senz'altro in grado di esprimere il loro convincimento sessuale e di autodeterminarsi. Peraltro, le foto di seni nudi non dovrebbero considerarsi rilevanti, non ritraendo organi genitali; infine il video realizzato con la minore Giulia Illuminati, ed in accordo con la medesima, era diretto ad un utilizzo domestico "per conservare un ricordo del loro amore".
Motivi della decisione
1. Il ricorso è generico e rivalutativo, oltre che manifestamente infondato.
1.1. Non sussiste il dedotto vizio di infedeltà al mandato rescindente: al contrario, la sentenza rescissoria ha centrato l'analisi che le era stata demandata in sede di annullamento, ed ha descritto specificamente il contenuto del materiale pornografico rinvenuto nella disponibilità del D. R., contenente immagini degli organi sessuali delle ragazzine (tra cui va annoverato anche il seno, in tale contesto: Sez. 3, n. 9354 del 08/01/2020, Rv. 278639), nonché la rappresentazione di atti sessuali espliciti coinvolgenti minorenni - ad esempio il video registrato con la fidanzata Giulia Illuminati, all'epoca non ancora quindicenne - a nulla rilevando che ella fosse o meno consapevole di essere stata ripresa, anche se, peraltro, il fatto che la telecamera era nascosta all'interno dell'armadio in modo da potere riprendere lo scenario del letto rende ragionevole e verosimile che tali riprese fossero state effettuate di nascosto dalla ragazza.
E' poi manifestamente infondata la critica indirizzata alla Corte del rinvio di aver espresso argomentazioni moraleggianti, piuttosto che riflessioni basate sull'esegesi di legittimità sul tema della natura di materiale pedo pornografico dei reperti, ai sensi dell'art. 600 quater cod. pen., come modi ficato dalla Legge n. 172 del 2012. Non vi era altro modo di assolvere il mandato di questa Corte che descrivere specificamente le immagini e le situazioni immortalate dal D. R., al fine di verificarne il rilievo penale. E ciò è stato correttamente ed esaustivamente fatto dall'impugnata sentenza, che ha così qualificato tali reperti come pedopornografici, nei termini declinati dall'art. 600-ter, comma settimo, cod. pen. Va qui riaffermato che "In tema di pornografia minorile, in virtù della modifica introdotta dall'art. 4, comma 1, lett. I), della legge n. 172 del 2012 (Ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale) - che ha sostituito il primo comma dell'art. 600-ter cod. pen. - costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale (Sez. 5, n. 33862 del 08/06/2018, R., Rv. 273897).
1.2. Parimenti manifestamente infondata è la seconda censura, che pretende di affermare la rilevanza del consenso di ragazzine anche infra quattordicenni (come G. S. e G. B.): va infatti sottolineato che se anche le ragazze avevano inviato le loro foto di nudità, a ciò erano state indotte dall'imputato, il quale le aveva loro richieste per scopi sessuali, specificamente masturbatori. Invero, il notevole divario di età dell'imputato - 36 anni al cospetto di ragazze mediamente quindicenni - evidenzia che le persone offese erano soggette a condizionamenti, anche minacciosi, da parte del D. R. (in tali termini, vds. sentenza I grado, pag. 23).
I giudici di merito si sono dunque conformati al principio espresso dal massimo consesso di questa Corte nella sentenza n. 51815 del 31/05/2018, Rv. 274087 - 02, che esclude l'utilizzazione del minore quale presupposto del reato di produzione di materiale pornografico di cui all'art. 600 ter, comma 1, cod. pen., nel caso di realizzazione di immagini o video che abbiano per oggetto la vita privata sessuale di un minore, che abbia raggiunto l'età del consenso sessuale, purché nell'ambito di un rapporto che, valutate le circo stanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, sicché le stesse siano frutto di una libera scelta e destinate ad un uso strettamente privato. (In motivazione, la Corte ha indicato, a titolo esemplificativo, la produzione, con il consenso del minore ritratto, di materiale del tipo indicato nell'ambito di una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni, unicamente ad uso privato delle persone coinvolte).
1.3. Ne consegue, anche sotto tale profilo, l'inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della congrua somma indicata in dispositivo, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., non risultando cause di esenzione' da responsabilità in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D. Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.