L'intervenuta tracciabilità delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto non esclude l'idoneità “ex ante” della condotta ad ostacolare in concreto l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
In sede di riesame, il Tribunale di Latina annullava il decreto emesso dal GIP che aveva disposto il sequestro preventivo di una somma pari a 1.500.000euro sui conti correnti degli indagati in relazione ai reati di autoriciclaggio e di impiego di beni di provenienza illecita. Nello specifico, gli stessi avevano commesso i suddetti reati interferendo illecitamente...
Svolgimento del processo
Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Latina, in sede di riesame di misure cautelari, annullava il decreto del GIP del medesimo Tribunale emesso il 10 dicembre del 2020 che aveva disposto il sequestro preventivo della somma di euro 1. 500.000, in via diretta sui conti correnti di M.S., M.R. e V.S. e per equivalente nei confronti degli stessi e di P.L.M , M.A. e B.L.. La misura cautelare reale era stata disposta in relazione al reato di autoriciclaggio di cui al capo 4 (contestato a P.L.M, M.S., M.A. e V.S.) e al reato di impiego di beni di provenienza illecita (art. 648-ter cod. pen.) contestato a M.R. al capo 5 ed a B.L. al capo 6.
2. Secondo la prospettazione accusatoria, gli indagati P.L.M e M.A. avevano commesso i reati descritti ai capi 1) e 2) della imputazione provvisoria, avendo interferito illecitamente nell'ambito di una procedura fallimentare (relativa alla Q. s.a.s. ed al suo socio illimitatamente responsabile S.N.), turbando occultamente la regolarità della vendita delle quote della società C. s.r.l. (riconducibile alla S. quale socio unico), proprietaria di un immobile in Terracina di rilevante valore economico adibito ad albergo (Hotel "I.G."), vendita che si era conclusa con l'assegnazione, l'8 febbraio 2018, di tutte le quote della società in capo a M.S., per un prezzo di euro 237.000 ritenuto dall'accusa non corrispondente al valore reale dei beni della C. s.r.l., sottostimati in ragione della partecipazione illecita all'operazione di M.M., perito estimatore nominato nell'ambito della procedura fallimentare. Da qui la contestazione del reato di cui al capo 1), di induzione in errore del curatore del fallimento a prendere interesse privato in un atto della procedura (artt. 48-228 Legge Fallimentare), contestato a P.A., amministratore della C. s.r.l. nominato dal curatore del fallimento, P.L.M e M.A., istigatori, nonché la contestazione del reato di cui al capo 2), di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis cod. pen.), contestato ai suddetti indagati, al perito estimatore M.M. ed anche a M.S., che aveva coadiuvato i correi divenendo beneficiario formale di tutte le quote della C. s.r.l., poi da lui trasferite, il 23 marzo 2018, per il 25% al di lui fratello M.R. e per il 50% a V.S., moglie di P.L.M . L'accusa enuclea quali dominus occulti di tutta l'operazione illecita l'avv. P.L.M (coniuge di V.S.) e M.A., padre di M.S. e M.R.. Alla luce di tale ruolo occulto, si prospetta come fittizio il trasferimento da M.S. a V.S. del 50% delle quote della C. s.r.l., contestando a P.L.M ed agli stessi M.S. e V.S. il reato di cui al capo 3), di intestazione fittizia di beni ex art. 512-bis cod. pen.. I reati di cui ai capi 1), 2) e 3) sono stati considerati, sempre secondo l'impostazione accusatoria, come reati presupposto rispetto a quello di autoriciclaggio di cui al capo 4), contestato a P.L.M , M.S., M.A. e V.S., i quali, con differenti ruoli (di intestatari formali ma fittizi o di contitolari occulti) avevano trasferito, l'8 gennaio del 2019, le quote societarie di loro spettanza della C. s.r.l. alla M. s.r.l., riferibile all'imprenditore A.G., soggetto ritenuto estraneo ad ogni addebito. Ad identico e contestuale trasferimento alla M. s.r.l. addiveniva anche M.R. - per il 25% delle quote della C. s.r.l. - indagato al quale viene contestato il reato ex art. 648-ter cod. pen. di cui al capo 5), in quanto non ritenuto concorrente nei reati presupposto. Il prezzo complessivo del trasferimento di tutte le quote della C. s.r.l. alla M. s.r.l. era stato di euro 1.500.000. Infine, all'indagato B.L., quale consulente dell'imprenditore A. e della M. s.r.l., è stato contestato il reato ex art. 648-ter cod. pen. di cui al capo 6), per avere agevolato la vendita alla M. s.r.l. delle quote della C. s.r.l. collaborando con i coindagati in quanto incaricato di sovrintendere alla transazione commerciale.
3. Il Tribunale - "pur ammettendo la sussistenza del fumus dei reati di cui ai capi 1), 2) e 3) dell'imputazione" (fg.4 del provvedimento impugnato) - non riteneva l'astratta configurabilità dei reati di autoriciclaggio e reimpiego di beni di provenienza illecita di cui ai capi 4), 5) e 6).
3.1. Quanto al reato di autoriciclaggio di cui al capo 4), il Tribunale ha dubitato del fatto che "il trasferimento da parte degli indagati delle quote che si assumono illecitamente acquisite sia avvenuto con modalità idonee ad ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa", dal momento che la condotta "non ha modificato il bene acquisito tramite i delitti presupposti, essendosi gli autori limitati a cedere le quote a terzi (alla M. s.r.l.) ad un prezzo maggiorato rispetto a quello di acquisto, al fine di ottenere la plusvalenza pianificata" (fg. 5) e senza che gli indagati avessero alcuna intenzione di commettere il reato di autoriciclaggio, essendo, piuttosto, l'operazione ascrivibile all'ambito del godimento personale del bene ceduto, scriminato ex art. 648-ter.1., comma 4, cod. pen..
3.2. Quanto al reato di impiego di beni di provenienza illecita di cui al capo 5), contestato al solo M.R., la "mera cessione delle quote a fronte di danaro", non è stata ritenuta idonea ad essere ricompresa tra le attività di natura economica e finanziaria cui fa riferimento l'art. 648-ter cod. pen. a proposito della destinazione del reimpiego penalmente rilevante di beni di provenienza illecita.
3.3. Alla stessa conclusione e per le stesse ragioni il Tribunale è pervenuto con riguardo al reato di impiego di beni di provenienza illecita di cui al capo 6), contestato al solo B.L., aggiungendo che gli elementi a suo carico risultano ancora più labili non comprendendosi quale tipo di condotta concorsuale egli avrebbe posto in essere e quale vantaggio avrebbe ottenuto.
4. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina, deducendo:
1) violazione di legge in ordine alla ritenuta mancata configurabilità del reato di autoriciclaggio. Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che l'operazione commerciale di cui si discute - trasferimento di quote della C. s.r.l. alla M. s.r.l. - fosse priva di capacità dissimulatoria, essendosi catalogato tale elemento del reato tra quelli di tipo soggettivo anziché oggettivo. Tutta la vicenda sarebbe stata eccessivamente semplificata dal Tribunale, che non avrebbe valorizzato i vari passaggi nei quali si evidenziava l'operazione di schermatura delle loro persone posta in essere da P.L.M e M.A. utilizzando i loro stretti familiari. La parte pubblica ricorrente sostiene che l'operazione, in questa prospettiva - da valutarsi ex ante - possedeva la necessaria capacità dissimulatoria, ponendo concreto ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa dei beni, anche tenuto conto della loro natura nel caso specifico (quote di una società di capitali nel cui patrimonio vi era una azienda alberghiera, vero bene alla cui acquisizione e successiva vendita gli indagati erano interessati). Inoltre, non sarebbe richiesta dalla norma incriminatrice, una "modificazione" del bene, così come preteso dal Tribunale;
2) violazione di legge in ordine alla configurabilità del reato di impiego di beni di provenienza illecita. Il ricorrente censura la nozione di attività economica e finanziaria enucleata dal Tribunale e tale da non ricomprendere l'operazione commerciale oggetto di contestazione, nella quale vi è stato un investimento illecito dei proventi dei reati presupposto che pure il Tribunale ha ritenuto sussistenti ed, in particolare, un trasferimento di quote da una società di capitali ad un'altra società di capitali, che alla base aveva il passaggio di una attività commerciale di tipo alberghiero. Analoghe considerazioni il ricorrente ritiene estendibili al reato di impiego di beni di illecita provenienza di cui al capo 6), con riferimento alla posizione dell'indagato Buttafoco;
3) violazione di legge per non avere il Tribunale bene inteso la "distinta enunciazione degli addebiti provvisori" di cui ai capi 4), 5) e 6) basata sulla partecipazione o meno degli indagati ai reati-presupposto. Si dà atto che nell'interesse degli indagati V.S., P.L.M , M.A., M.R. e M.S. sono state depositate memorie difensive.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito sottolineati.
1.È fondato il primo motivo. In ordine alla configurabilità del reato di autoriciclaggio - che inerisce alle posizioni di P.L.M , M.S., M.A. e V.S.- si osserva quanto segue. La giurisprudenza di questa Corte, cui occorre dare continuità, ha affermato che, in tema di autoriciclaggio, è configurabile una condotta dissimulatoria allorché, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso la sua intestazione ad un terzo, persona fisica ovvero società di persone o capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento (Sez. 2, n. 16059 del 18/12/2019, dep. 2020, Fabbri, Rv. 279407). Nel caso in esame, si è trattato di un "trasferimento" di beni, una delle attività espressamente indicate dalla norma incriminatrice. In particolare, di un trasferimento di quote sociali da una s.r.l. ad altra s.r.l. (dalla C. s.r.l. alla M. s.r.l.). Per ciò stesso, vertendosi in ambito economico-imprenditoriale, deve escludersi che il trasferimento non riguardi "attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative", secondo quanto richiesto dalla norma incriminatrice, ovvero che esso trasferimento inerisca ad una "mera utilizzazione o godimento personale", che scriminerebbe la condotta ex art. 648-ter.1. comma 4, cod. pen.. Tale trasferimento ha attuato, obbiettivamente, un mutamento della titolarità del profitto del reato riveniente dai reati presupposto (il valore delle quote della C. s.r.l. ottenuto attraverso l'attività fraudolenta passata da una loro sottostima). Il mutamento della titolarità del profitto è avvenuto attraverso una operazione tracciabile, ma tale requisito della transazione non esclude, in astratto, la sussistenza del reato, che deve affermarsi anche soltanto sulla base di una condotta che abbia creato intralcio non definitivo rispetto alla identificazione della provenienza delittuosa del bene. In questo senso, Sez. 2, n. 36121 del 24/05/2019, D., Rv. 276974, secondo cui, ai fini dell'integrazione del reato di autoriciclaggio non occorre che l'agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza. In tema di autoriciclaggio, l'intervenuta tracciabilità, per effetto delle attività di indagine poste in essere dopo la consumazione del reato, delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto non esclude l'idoneità "ex ante" della condotta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 16908 del 05/03/2019, V., Rv. 276419). Occorre, tuttavia, tenere in conto che l'ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa del bene deve essere "concreto", così come prescrive l'art. 648.ter.1. cod. pen.. Ed il necessario accertamento in ordine alla concreta idoneità della condotta dell'agente ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni non può che essere rimesso al giudice del merito, dipendendo dalla valutazione specifica della dinamica del caso concreto. Per quel che attiene alla vicenda in esame, il Tribunale ha ampiamente messo a fuoco la circostanza che gli indagati P.L.M e M.A. dovevano essere considerati come i reali dominus della vicenda illecita, avendo entrambi occultato le loro cointeressenze servendosi di soggetti prestanome, scelti nei rispettivi ambiti familiari, attraverso i quali avevano, dapprima, trasferito a terzo soggetto ( M.S.) il profitto illecito dei reati presupposto, costituito, come si è già detto, dalle quote della C. s.r.l., ottenendo un controvalore di un milione e mezzo di euro a fronte di un acquisto per un valore capziosamente sottostimato di euro 237.000. L'attività di schermatura delle persone di P.L.M e M.A., posta in essere attraverso la commissione del reato di cui all'art. 512-bis cod.pen. - completato con i trasferimenti di parte delle quote da M.S. al di lui fratello R. ed a V.S.- porta a ritenere che l'intera operazione, che non è corretto segmentare in punto di fatto, abbia comportato un concreto ostacolo alla identificazione dei beni di provenienza illecita, anche solo per il fatto di aver determinato, nella successiva vendita alla M. s.r.l., una differenziazione tra titolari formali e titolari sostanziali della transazione, solo oggettivamente riferibile a soggetti diversi dal P. e da M.A. ma a costoro nella sostanza riconducibile, i quali, ex ante, avevano avuto un ruolo tanto primario quanto occulto nell'ottenimento illecito dei beni poi oggetto del "trasferimento" di cui si discute, il quale trasferimento aveva allontanato da loro il profitto illecito immesso nel circuito economico sano rendendo più difficile, a posteriori, la ricostruzione della intera operazione e dei reali artefici. Rimane ininfluente ed, anzi, ricompresa nella finalità della condotta illecita - così inquadrata ex art. 648-ter.l. cod. pen. in ragione di quanto detto - che gli indagati e gli altri correi mirassero a "lucrare legittimamente la plusvalenza riguardo al bene acquisito", così come sottolineato dalla difesa. Inoltre, alla sussistenza del reato di autoriciclaggio, nella particolare forma del "trasferimento" di beni di illecita provenienza individuata nella specie, non è di ostacolo la circostanza, sottolineata dalle difese degli indagati P. e V., che i beni fossero stati venduti ad un soggetto terzo, estraneo agli illeciti contestati (l'imprenditore A.G., cui era riferibile la M. s.r.l.). Nella specifica ipotesi del "trasferimento" di beni provenienti da delitto, infatti, a meno di non voler azzerare la portata della norma, non è richiesto che il soggetto mantenga una signoria sul bene anche dopo la transazione, così come avviene nei casi di "impiego"; quel che importa, nel caso del "trasferimento", è che si sia in presenza degli altri requisiti richiesti dall'art. 648-ter. l.cod. pen., costituiti, sul piano oggettivo, dalla immissione nel circuito economico sano di beni di provenienza illecita ponendo concreto ostacolo alla loro identificazione. È da escludere, infine, che il reato di autoriciclaggio contempli necessariamente tra i suoi requisiti una modificazione del bene, come parrebbe aver sostenuto il Tribunale e che, al più, potrebbe attagliarsi, ad una astratta valutazione, al caso della "sostituzione" del bene di provenienza illecita, ma non a quello del suo "trasferimento". Per le ragioni esposte e con assorbimento di ogni altra argomentazione, anche per quanto attiene al contenuto delle memorie difensive depositate nell'interesse degli indagati, il ricorso del Pubblico Ministero deve essere accolto con riguardo alla astratta configurabilità del reato di autoriciclaggio di cui al capo 4 della imputazione provvisoria, che interessa le posizioni degli indagati P.L.M , M.A., M.S. e V.S..
2. È infondato il secondo motivo. Esso attiene alla astratta configurabilità del reato di impiego di beni di provenienza illecita di cui all'art. 648-ter cod. pen. contestato agli indagati M.R. e B.L., rispettivamente ai capi 5 e 6 della imputazione provvisoria. Nella ricostruzione in fatto, come si è già precisato, il trasferimento delle quote della C. s.r.l. è rappresentato siccome avvenuto in favore di un terzo estraneo ad ogni addebito, l'imprenditore A.G. cui era riferibile la società M. s.r.l.. Si era trattato, dunque, di un trasferimento reale e non fittizio di beni di provenienza illecita, in ragione di quanto si è fin qui evidenziato, realizzatosi, contrariamente a quanto sostiene il Tribunale, nell'ambito di un'attività di tipo economico-imprenditoriale, così come richiesto dalla norma incriminatrice. Tuttavia, in punto di diritto, tale tipologia di transazione non è inquadrabile nell'ambito di quelle previste dall'art. 648-ter cod. pen., il quale, al contrario delle norme che prevedono il reato di riciclaggio e quello di autoriciclaggio, non contempla l'ipotesi del "trasferimento" di beni di provenienza illecita, ma enuclea soltanto condotte di "impiego" dei medesimi beni, di denaro o altre utilità. E la condotta di "impiego" - al contrario di quella di "trasferimento" - non interrompe il nesso materiale (anche eventualmente mediato) tra l'autore del reato ed il bene di provenienza illecita, evenienza che, invece, risulta verificatasi nella specie. Con il che, la condotta degli indagati M.R. e B.L. non può essere inquadrata ai sensi dell'art. 648-ter cod. pen. e, su tale capo della decisione il ricorso deve essere rigettato, con assorbimento di quanto oggetto del terzo motivo di ricorso. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono e per una migliore verifica degli aspetti di fatto della vicenda alla luce dei principi di diritto evidenziati ed anche in relazione alla eventuale refluenza del parziale rigetto del ricorso, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Latina, in diversa composizione, competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla posizione di P.L.M, M.A., M.S. e V.S. e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Latina competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, cod. proc. pen.. Rigetta nel resto il ricorso.