L'imputato veniva condannato alla pena cumulativa della reclusione e della multa, per applicazione dell'
Svolgimento del processo
1.Con il provvedimento in epigrafe la Corte d'appello di Palermo confermava la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 570, comma 2, cod. pen., per avere omesso di corrispondere l'assegno divorzile all'ex coniuge B.R., facendole così mancare i mezzi di sussistenza - condotta contestata fino al settembre 2015 -, condannandolo alla pena di giorni venti di reclusione ed euro 110,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni a favore della parte civile. I giudici di appello disattendevano le doglianze sollevate circa il fatto che la persona offesa avrebbe prestato attività lavorativa o che a ciò si sarebbe intenzionalmente sottratta, ritenendo tali assunti non provati e rilevando altresì che l'obbligo imposto a carico dell'imputato era frutto di una scelta concordata in sede di divorzio, motivo per cui avrebbe dovuto chiedere la revisione delle condizioni e non omettere unilateralmente le contribuzioni. Respingeva inoltre la doglianza relativa all'insussistenza dello stato di bisogno perché la donna aveva dovuto ricorre all'aiuto economico dei genitori, né era stata provata l'incapacità economica dell'obbligato.
2. Il difensore di V. ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, censurandone con distinti motivi:
2.1. la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'art. 570 cod. pen. dal momento che il Tribunale di Crotone, con la sentenza del 31 gennaio 2018, aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio recependo l'accordo stipulato fra le parti che, quanto ai rapporti patrimoniali, stabiliva la corresponsione della somma pari a 410 euro mensili a B.R. "per tutto il tempo fino a quanto la suddetta non sarà in grado di sostenersi autonomamente o passerà a nuove nozze"; tale assunto è da considerarsi condizione risolutiva meramente potestativa e come tale affetta da nullità ai sensi dell'art. 1355 cod. civ. L'accordo negoziale, benché trasfuso in una sentenza di divorzio, è nullo e improduttivo di obblighi. A tale censura la Corte di appello, sussumendo la condotta dell'imputato nella fattispecie di cui all'art. 570, comma 2 n. 2 cod. pen., non ha peraltro fornito alcuna esplicita risposta;
2.2. la violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto e alla conseguente determinazione della pena. L'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen. sanziona la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza al "coniuge non legalmente separato per sua colpa". La cessazione degli effetti civili del matrimonio comporta il venir meno della qualità di coniuge. Ne consegue l'operatività dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970 n. 898, oggi trasfuso nell'art. 570-bis cod. pen., fattispecie nella quale avrebbe dovuto essere fin dall'origine inquadrata la condotta dell'imputato. Ne deriva l'erroneità della pena congiunta della reclusione e della multa irrogata a V., poiché il richiamo fatto dagli artt. 12-sexies I. 898/1970 e 570-bis cod. pen. deve intendersi riferito alla pena alternativa di cui al primo comma dell'art. 570 cod. pen.
3. La parte civile ha presentato, in data 4 ottobre 2021, le proprie conclusioni, con cui aderisce alle richieste formulate dal P.G., depositando altresì istanza di liquidazione e nota spese.
4. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell'art. 23, commi 8 e 9, d.l. n. 137 del 2020, senza l'intervento delle parti.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La tesi della difesa non trova alcun fondamento nella disciplina civile. In primo luogo - come condivisibilmente osservato dal P.G. nella sua requisitoria- le condizioni risolutive non risultano affatto meramente potestative, essendo legate anche a circostanze esterne che ne condizionano il perfezionamento. Sotto diverso profilo gli effetti relativi ai rapporti economici tra i coniugi, anche quando risultanti dagli accordi intervenuti fra gli stessi, si producono per mezzo della pronuncia del Tribunale, che decide con sentenza all'esito della valutazione dei presupposti di cui all'art. 4 I. 898/1970 e non si limita ad esercitare un potere di controllo su atti posti in essere da altri soggetti e destinati a conservare la loro autonomia logico-giuridica, ma ingloba e fa proprie, come mero presupposto della decisione, le pattuizioni intervenute frale parti (Sez. civ. 1, n. 12389 del 19/09/2000, Rv. 540260). Ogni vizio dell'accordo, una volta trasfuso nella sentenza, avrebbe dunque essere fatto valere secondo i rimedi previsti contro la sentenza medesima, né pare sostenibile che l'imputato possa avvalersi di un vizio che egli stesso -con l'accordo- abbia contribuito a determinare.
2. È viceversa fondato il secondo motivo di ricorso. Secondo orientamento della giurisprudenza di legittimità la questione sulla qualificazione giuridica del fatto rientra tra quelle su cui la Corte di cassazione può decidere ex art. 609 cod. proc. pen. e, pertanto, può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità purché l'impugnazione non sia inammissibile e per la sua soluzione non siano necessari accertamenti di fatto (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272651). Nel caso di specie, il concreto interesse del ricorrente è rappresentato dalla determinazione della pena. La norma di cui all'art. 570, comma 2, n. 2 cod. pen. sanziona la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza nei confronti del coniuge non legalmente separato per sua colpa (oltre ai discendenti e minori o inabili al lavoro e agli ascendenti). Con riguardo all'epoca di commissione del fatto (dal 2011 al settembre 2015), B.R. non rivestiva più la qualifica di coniuge, essendo intervenuta già il 31 gennaio 2008 la sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Nell'ordinamento è stato introdotto l'art. 12-sexies I. 1° dicembre 1970, n. 898 per evitare vuoti di tutela in favore dei coniugi divorziati beneficiari dell'assegno di mantenimento. Nell'ambito dell'opera di revisione organica dell'ordinamento penale, realizzata dal d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, in attuazione della delega prevista all'art.1, comma 85, lett. q) della I. 23 giugno 2017, n. 103, è stato poi inserito l'art. 570-bis cod.pen., rubricato "Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio", che sanziona, con le pene previste dall'art. 570, la condotta del coniuge che «si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli». La norma riproduce, anche se non in modo letterale, le previgenti disposizioni penali contenute negli artt. 12-sexies I. 1° dicembre 1970, n. 898 e 3 I. 8 febbraio 2006, n. 54, norme espressamente abrogate dall'art.7, lett. b) ed), d.lgs. n. 21 del 2018. A fronte della dichiarata intenzione del legislatore di non modificare in alcun modo il contenuto precettivo delle norme incriminatrici "attratte" nel codice penale, la pur non perspicua formulazione letterale dell'art. 570-bis cod. pen. non può porre dubbi interpretativi circa il rispetto della delega e l'effettiva coincidenza dell'ambito applicativo della nuova fattispecie rispetto a quelle pregresse. L'art. 570-bis, laddove sanziona il coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli è di conseguenza la norma applicabile al caso di specie. Nel reato di omessa corresponsione dell'assegno divorzile, il generico rinvio, quoad poenam, all'art. 570 cod. pen. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal coma primo di quest'ultima disposizione (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255269).
3. Essendo stato riqualificato il fatto contestato ai sensi dell'art. 570-bis cod. pen. la sentenza impugnata va quindi annullata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio a diversa sezione della Corte di appello di Palermo. Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto e va altresì dichiarata, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., l'irrevocabilità della sentenza quanto all'affermazione di responsabilità dell'imputato per i fatti allo stesso addebitati. L'imputato fa infine condannato alle spese di difesa della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Riqualificato il fatto contestato ai sensi dell'art. 570-bis cod. pen., annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 570-bis cod. pen. Condanna -1( inoltre l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai senso degli artt. 82 e 83 d. P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.