
…il verbale redatto non è finalizzato a provare la verità sull'appartenenza dei beni da pignorare né sulle dichiarazioni del debitore sul proprio ruolo nella società.
La Corte d'Appello di Trieste confermava la sentenza di condanna nei confronti dell'imputato per aver ceduto la ditta individuale, della quale era titolare, per sottrarsi agli obblighi nascenti dal decreto ingiuntivo divenuto esecutivo e dai conseguenti obblighi nascenti dal pignoramento immobiliare attivato nei suoi confronti. Inoltre, era stato contestato...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste ha confermato la condanna di F.M. per il reato di cui all'art. 388, primo comma cod pen. (capo a) ed ha riqualificato in violazione dell'art. 388, ottavo comma (per mero lapsus calami viene indicato il comma sesto), cod. pen, la contestata violazione del reato di cui all'art. 495 cod. pen. (capo b). Si contesta all'imputato, quale titolare della ditta individuale A. di F.M., di avere ceduto la predetta alla neocostituita B.T. LTD per sottrarsi agli obblighi nascenti dal decreto ingiuntivo divenuto esecutivo e dai conseguenti obblighi nascenti dal pignoramento mobiliare attivato dalla C.C. S.p.a. nei suoi confronti (capo a). Si contesta, altresì, a M. di avere reso false dichiarazioni all'ufficiale giudiziario incaricato di effettuare il pignoramento immobiliare di cui al capo a), dichiarando di essere solo un dipendente della neocostituita società londinese B.T. LTD, essendone, in realtà, il socio unico e direttore.
2. Avverso la sentenza, ricorre per Cassazione M. deducendo seguenti motivi:
2.l. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi di entrambi i reati. Non esiste il reato di false dichiarazioni all'ufficiale giudiziario. Il ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, ha reso delle dichiarazioni veritiere e certificate da quanto emerge dalla visura camerale della nuova società presente in atti. L'imputato ha dichiarato di essere dipendente della predetta, ed, effettivamente, dalla visura camerale risulta rivestire la figura di direttore e ha, altresì, dichiarato di essere titolare di azioni della nuova società; anche tale circostanza corrisponde al vero: il fatto che il pignoramento sia stato chiuso dall'ufficiale giudiziario come negativo per mancanza di beni non ha alcun significato di pregio poiché la chiusura del pignoramento con verbale negativo non è in alcuna relazione con le dichiarazioni rese dall' imputato all'ufficiale giudiziario. Allo stesso modo non sussiste il reato di cui all'art. 388, primo comma, cod. pen., quantomeno sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Dagli atti risulta che l'imputato ha cercato in ogni modo di trovare un accordo di pagamento con il proprio creditore, accordo che poi non è riuscito ad onorare a causa delle pesanti perdite sociali. La strada della vendita è stata intrapresa non in frode al creditore, bensì per sanare le passività sociali.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 132, 133 cod. pen. e in relazione all'art. 23 cod. pen. - rideterminazione della pena e del calcolo della stessa a seguito della riqualificazione del reato di cui al capo b) -. La Corte d'appello territoriale, dopo avere riqualificato il reato di cui al capo b), avrebbe dovuto rideterminare la pena da infliggere, considerando più grave il reato di cui al capo a) (punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da 103,00 euro a 1.032 euro), mentre il reato di cui al capo b), come riqualificato, prevede la pena della reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 516,00. La base di partenza del calcolo della pena non era più anni uno di reclusione, minimo edittale per il reato di cui all'articolo 495, ma giorni 15 di reclusione ai sensi dell'articolo 23 cod. pen. Inoltre, entrambi i reati contestati sono puniti con la pena alternativa. La Corte, operata la riqualificazione, avrebbe dovuto motivare la scelta tra la pena detentiva e quella pecuniaria alternativamente previste in virtù del principio sancito dall'art. 132 cod. pen.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, limitatamente al capo b) di imputazione per le ragioni di seguito indicate.
2. L'art. 518 cod. proc. civ., che stabilisce anche le modalità con le quali l'ufficiale giudiziario redige il processo verbale di pignoramento mobiliare, non impone al debitore di fare attestazioni di verità che l'atto sia destinato a provare. Obblighi di dichiarazione a carico del debitore sono previsti dall'art. 492 cod. proc. civ.; il quarto comma di tale articolo prevede che, quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario "invita" il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione. Ai sensi del successivo quinto comma, è stabilito che della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. L'art. 388 cod. pen. prevede una condotta tipizzata, giacché la collaborazione del debitore risulta necessaria al fine dell'individuazione dei beni pignorabili e la violazione dell'obbligo previsto dall'art. 492, quarto comma, cod. proc. civ., da parte dello stesso risulta idonea a pregiudicare lo svolgimento della procedura esecutiva. Del resto, sussiste concorso apparente di norme tra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e quello di cui all'art. 388, ottavo comma, cod. pen., giacché la falsità o l'omissione delle dichiarazioni del debitore esecutato invitato dall'ufficiale giudiziario, sono ricomprese (e quindi assorbite) nella fattispecie di cui all'art. 388, ottavo comma, cod. pen.. D'altronde, l'ufficiale giudiziario deve ricercare le cose da pignorare nei luoghi indicati nell'art. 513 cod. proc. civ. e deve, all'uopo, tenere conto delle indicazioni fornitegli dal debitore, in seguito all'ingiunzione di cui all'art. 492 cod. proc. civ. A tale indicazione, però, non è dalla legge riconosciuta alcuna efficacia probatoria, sicché eventuali dichiarazioni mendaci non possono integrare, alla stregua dei principi sopra esposti, il delitto di false dichiarazioni all'ufficiale giudiziario. Né può essere trascurato che, in tema di espropriazione mobiliare presso il debitore, l'art. 513 cod. proc. civ. pone una presunzione di titolarità in capo a quest'ultimo dei beni che si trovano nella sua casa e negli altri luoghi a lui appartenenti. Pertanto, poiché l'attività svolta dall'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento mobiliare è meramente esecutiva, è preclusa al medesimo qualsiasi valutazione giuridica dei titoli di appartenenza dei beni da sottoporre al pignoramento. (Sez. civ. 3, n. 23625 del 20/12/2012, Rv. 624689). È del tutto evidente, allora, che il verbale redatto dall'ufficiale giudiziario non è destinato a provare la verità sulla appartenenza dei beni da pignorare, né tanto meno sulle dichiarazioni del debitore sul proprio ruolo nella società ovvero sui luoghi nei quali detiene beni esecutabili. Nella specie, l'imputazione di cui all'art. 388 cod. pen., come contestata nel capo b), è eccentrica rispetto alla condotta tipizzata dall'art. 388, ottavo comma, cod. pen. che - come è noto - sanziona il debitore, il quale, invitato dall'ufficiale giudiziario, a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione. Questa Corte ha avuto modo di precisare che la dichiarazione resa dal debitore esecutato ai sensi dell'art. 492, comma 4, cod. proc. civ., deve fornire un'adeguata informativa all'ufficiale giudiziario procedente e deve considerarsi omessa non solo quando manchi del tutto alla scadenza del termine di 15 giorni stabilito dalla legge, ma anche nell'ipotesi in cui non contenga elementi utili a consentire l'esatta identificazione degli ulteriori beni pignorabili (Sez. 6, n. 44895 del 18/09/2019, Baldari, Rv. 27833601). E' evidente, allora, che la falsità o l'omessa indicazione devono riguardare solo l'esistenza di beni pignorabili, sicché tutte le altre falsità afferenti le indicazioni rese dal debitore esecutato non sono contemplate dalla fattispecie in esame (Sez. 5, n. 16956 del 21/11/2019 -dep. 04/06/2020 - Salvi, Rv. 279353). In conclusione, con riferimento al capo b) la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
3. Per quanto concerne, invece, il primo capo di imputazione, la Corte di appello territoriale ha evidenziato in maniera congrua ed immune da vizi logici l'inganno - elemento costitutivo del reato - costituito dall'avere l'imputato, una volta ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo e dei quattro precetti, chiesto dilazioni per potere rinvenire la somma di denaro richiesta e avere contemporaneamente venduto la società ad altra società che risultava amministrata dal M..
4. Il secondo motivo è assorbito dall'annullamento senza rinvio disposto in relazione al capo b).
5. La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio limitatamente al capo b) perché il fatto non sussiste. Va, inoltre, disposta la trasmissione degli atti ad altra sezione delle Corte di appello di Trieste per la rideterminazione della pena.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo b) perché il fatto non sussiste. Dispone la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Trieste per la rideterminazione della pena.