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15 dicembre 2021
La condotta colposa del danneggiato non interrompe automaticamente il nesso causale tra fatto ed evento dannoso

Un motociclista cade in una buca e chiede il risarcimento dei danni per le lesioni subite al Comune: la Cassazione fa chiarezza sulla rilevanza della condotta colposa del danneggiato ai fini dell'interruzione del nesso causale fra il fatto e l'evento dannoso.

La Redazione

Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda dell'attuale ricorrente proposta contro il Comune di Napoli, avente ad oggetto la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalle lesioni subite a causa di un sinistro stradale. Nello specifico, il ricorrente era alla guida di un motociclo quando finiva in una buca presente in corrispondenza di un giunto di dilatazione, perdendo dunque il controllo del mezzo e cadendo sul suolo.
A seguito di gravame, anche la Corte d'Appello rigettava la domanda di risarcimento, tenendo conto delle condizioni di buona visibilità e del fatto che la buca avesse dimensioni apprezzabili, dunque il motociclista avrebbe potuto vederla ed evitarla se solo avesse prestato la dovuta attenzione alla guida e non avesse proceduto a velocità elevata.
Contro tale decisione, il danneggiato propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che la Corte avesse ravvisato in modo errato gli estremi del caso fortuito.

Con l'ordinanza n. 39965 del 14 dicembre 2021, la Corte di Cassazione dichiara il suddetto motivo di ricorso fondato, osservando come le argomentazioni del Giudice di seconde cure siano errate alla luce della pacifica riconducibilità della fattispecie al paradigma di cui all'art. 2051 c.c., e non a quello dell'art. 2043 c.c.. La responsabilità ex art. 2051 c.c., infatti, ha natura oggettiva e deriva dall'accertamento del rapporto causale tra la cosa oggetto di custodia ed il danno che si è verificato, salva la possibilità per il custode di dimostrare il caso fortuito. Ciò che rileva, dunque, è l'accertamento “causale”, essendo la condotta del danneggiato rilevante solo nella misura in cui sia volta ad integrare il caso fortuito.

Alla luce di tali argomentazioni, gli Ermellini affermano che «ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno non solo una condotta lato sensu colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, ma a maggior ragione una condotta del danneggiato che, senza essere in qualche modo inosservante della normalità dell'esercizio dell'attività esercitata legittimamente sulla cosa, come nella specie la circolazione sulla pubblica strada, risulti, e comunque senza che ciò risulti, si profili solo ex post, cioè all'esito dell'apprezzamento dopo il verificarsi del danno dovuto alla condizione della cosa, tale che, se non fosse stata tenuta nel modo in cui lo è stato, il danno si sarebbe potuto evitare nonostante quella condizione».

Del resto, come la Corte ha già avuto modo di affermare, il comportamento imprudente del danneggiato interrompe il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso allorché si connoti per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Non essendo chiaro nel caso concreto la velocità di andamento del motociclista, il limite di velocità prescritto e se esso fosse stato superato, da quanto tempo fosse presente la buca né che tipo di manutenzione e con quale frequenza il Comune la esercitasse sulla strada, e considerando che tali elementi erano indispensabili per ricostruire la condotta del ricorrente ai fini dell'incidenza causale della sua condotta sulla verificazione dell'evento, gli Ermellini accolgono il motivo di ricorso.

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