Tenuto conto della disposizione di cui all'art. 33 D.M. n. 109/1997, nell'ipotesi di infruttuosità della procedura gravano sul creditore procedente le spese sostenute dall'Istituto di Vendite Giudiziarie ai fini dell'apprensione, custodia ed esperimento di asta dei beni pignorati.
Il Tribunale di Torre Annunziata rigettava l'opposizione al decreto del Giudice dell'esecuzione proposto dalla società attuale ricorrente, decreto che aveva posto a carico di quest'ultima il pagamento di una certa somma a titolo di emolumenti per l'attività svolta dall'Istituto di Vendite Giudiziarie nell'ambito di una procedura esecutiva che era stata dichiarata chiusa...
Svolgimento del processo/Motivi della decisione
Con atto notificato il 28. 6. 2017 la S.p.a. G.V. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione dell'ordinanza del 20. 3. 2017 del tribunale di Torre Annunziata, che aveva rigettato la sua opposizione al decreto del giudice dell'esecuzione che aveva posto a suo carico il pagamento della somma di euro 39.586,56, a titolo di emolumenti per l'attività svolta dall'Istituto di Vendite Giudiziarie di Napoli nella procedura esecutiva promossa dalla odierna ricorrente nei confronti della E. S.p.a., dichiarata chiusa a seguito di quattro esperimenti di asta andati deserti. L'IVG di Napoli ha depositato controricorso. La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Parte ricorrente ha depositato memoria. Il primo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 352, comma 2, cod. proc. civ. in relazione all'art. 12 preleggi, censura la decisione impugnata per avere posto a fondamento del rigetto dell'opposizione l'affermazione, errata, che la chiusura del procedimento esecutivo per infruttuosità degli esprimenti di vendita equivalga ad estinzione della stessa, applicando conseguentemente la regolamentazione delle spese prevista dal combinato disposto degli artt. 632 e 310 cod. proc. civ.. Assume per contro la società ricorrente che l'ipotesi di chiusura anticipata della procedura prevista dall'art. 352, comma 2, cod. proc. civ. non integra una ipotesi di estinzione, le quali, secondo la giurisprudenza, sono da considerarsi tassative, e che la conclusione accolta dal Tribunale si fonda, oltre che sul richiamo a precedenti giurisprudenziali non pertinenti, in quanto formulati in relazione ad altre ipotesi, su una applicazione analogica non consentita, prevedendo la norma in discorso un istituto giuridico distinto da quello dell'estinzione, la quale ultima si verifica per fatto imputabile alle parti ovvero per loro rinuncia o inattività, laddove la prima dipende dall'impossibilità oggettiva di proseguire l'esecuzione. Il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 33 d.m. n. 109 del 1997 e dell'art. 4 d.m. n. 80 del 2009 in relazione all'art. 12 preleggi, lamenta che il tribunale abbia posto a carico della creditrice procedente non soltanto le spese dallo stesso anticipate, ma anche gli emolumenti in favore dell'IVG, in contrasto con la norma di cui all'art. 310, ultimo comma, cod. proc. civ., richiamato dall'art. 632, che prevede che, in caso di estinzione, restino a carico delle parti le spese dalle stesse anticipate, nel cui ambito non rientra il compenso spettante all'IVG. La ricorrente sostiene quindi che la statuizione impugnata ha violato la disposizione di cui all'art. 33 d.m. n. 109 del 1997, che riconosce gli emolumenti al delegato alla vendita nel caso in cui la procedura esecutiva non giunga al suo epilogo non per sua colpa ma per fatto e colpa delle parti, senza fare cenno all'ipotesi di anticipata chiusura per infruttuosità degli esperimenti di vendita. I due motivi, che possono trattarsi congiuntamente in ragione della connessione tra gli argomenti difensivi sostenuti, sono infondati. Merita di essere condivisa l'affermazione del tribunale secondo cui, ai fini delle spese, la chiusura anticipata del processo esecutivo a mente dell'art. 532, comma 2, cod. proc. civ. rende inapplicabile la disposizione di cui all'art. 95 cod. proc. civ., secondo cui le spese sostenute dal creditore procedente sono a carico del debitore esecutato, la quale presuppone una esecuzione conclusasi con successo, cioè con il conseguimento del ricavato (Cass. n. 10306 del 2000; Cass. n. 4695 del 1999), e va pertanto equiparata al provvedimento di estinzione, con conseguente applicazione dell'art. 310, ultimo comma, stesso codice, richiamato, in tema di processo esecutivo, dal successivo art. 632, ultimo comma, secondo cui le spese rimangono a carico della parte che le ha anticipate. Secondo la dottrina e la giurisprudenza di questa Corte, la chiusura anticipata del processo esecutivo, introdotta nel diritto positivo dagli artt. 87 bis e 164 bis disp att. cod. proc. civ., integra un caso di c.d. estinzione atipica del processo e, per tale ragione, si distingue dalle ipotesi tipiche di estinzione, previste dagli artt. 629, 630, 631 e 631 bis cod. proc. civ. Ma sul punto va chiarito che tale distinzione, tra cause tipiche e cause c.d. atipiche di estinzione del processo esecutivo, come dedotto nel controricorso, è stata posta non con riguardo al regime degli effetti del relativo provvedimento (si veda, ad esempio, l'art. 187 bis disp. att. cod. proc. civ., che equipara le due ipotesi ai fini dell'aggiudicazione o dell'assegnazione), ma esclusivamente con riferimento ai mezzi della sua impugnazione, essendosi precisato che, in presenza di cause c.d. atipiche, il provvedimento finale è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., e non a mezzo di reclamo, ex art. 630, dettato per le ipotesi tipiche di estinzione (Cass. n. 24775 del 2014; Cass. n. 3276 del 2008). Con riguardo invece al regime delle spese, esse non possono non gravare sul creditore procedente, atteso che l'infruttuosità della procedura rende evidentemente impossibile la loro imputazione sulla somma ricavata, ai sensi dell'art. 510 cod. proc. civ. La situazione appare del tutto identica, rendendo pertinente il richiamo ad essa da parte del tribunale, all'ipotesi in cui, nell'espropriazione presso terzi, il terzo renda una dichiarazione negativa ed il creditore non chieda l'accertamento del relativo obbligo, caso in cui questa Corte ha chiarito che le spese del procedimento restano a carico del creditore (Cass. n. 1109 del 2003; Cass. n. 23408 del 2007). Certamente gravano sul creditore procedente, in caso di infruttuosità della procedura, le spese sostenute dall'Istituto Vendite Giudiziarie per l'apprensione, custodia ed esperimento di asta dei beni pignorati, tenuto conto della disposizione posta dall'art. 33 d.m. 11. 2. 1997, n. 109, secondo cui" Se il processo esecutivo si estingue e se comunque la vendita non ha luogo per cause indipendenti dall'istituto, a quest'ultimo è dovuto secondo statuizione del giudice dell'esecuzione, dal creditore o dal debitore, un compenso nella misura indicata nella tariffa ". Ora, proprio l'insuccesso della procedura esecutiva, comporta che i relativi emolumenti debbano essere posti in tale ipotesi a carico del creditore, non essendovi una somma derivante dalla espropriazione su cui l'istituto possa soddisfarsi, restando altrimenti del tutto sacrificato il diritto di credito di quest'ultimo per un'attività svolta, quale ausiliario del giudice, nell'interesse del creditore medesimo. Il ricorso va pertanto respinto. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 4.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali. Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo dii contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.