Qualora l'espropriato abbia di propria iniziativa ceduto a terzi il bene residuato all'esproprio oppure ne abbia comunque disposto ricavandone un corrispettivo, tale operazione non vale a dimensionare ovvero azzerare il risarcimento a lui spettante.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Il Comune di Avola ricorre con unico motivo per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’appello di Catania, decidendo in sede di rinvio in un giudizio di opposizione alla stima, a seguito di annullamento disposto da questa Corte con sentenza n. 20438 del 2016, ha rideterminato l’indennità di esproprio spettante a L. R. - proprietario delle particelle ablate dall’amministrazione comunale per la realizzazione di opera viaria (strada di P.R.G. sul prolungamento della Via (omissis) che collega la S.S. 115, tratto (omissis), con (omissis) in Avola) - in euro 267.300,00, somma comprensiva della indennità dovuta per le particelle espropriate (nn. (omissis)) quanto ad euro 65.000,00 e di quanto dovuto per la diminuzione di valore dei beni relitti, per euro 178.000,00 (p.lle nn. (omissis), siti in zona (omissis), destinata ad edilizia estensiva).
2. Con unico articolato motivo, illustrato da memoria, l’Amministrazione ricorrente deduce che la Corte territoriale in sede di rinvio, nel ritenere questione coperta da giudicato, e quindi inammissibile, quella della individuazione dei beni relitti, in quanto non oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione e solo per la prima volta contestata in sede di riassunzione e nel corso delle operazioni tecniche demandate al consulente di ufficio, aveva dato una errata interpretazione degli artt. 33 e 50 d.P.R. n. 327 del 2001.
Il Comune aveva dedotto nel giudizio di rinvio l’intervenuto inserimento delle particelle relitte nel piano di lottizzazione convenzionato, “G.”, a cui l’ingegner L. R. aveva aderito in corso di causa e che avrebbe comportato l’impossibilità di riconoscergli le indennità per i beni relitti, ex art. 33 cit., nella misura fissata dal c.t.u.
La Corte con l’impugnata decisione, non tenendo conto del diverso uso dei beni residui operato dall’espropriato, aveva erroneamente apprezzato che la compromissione nella possibilità di utilizzo delle porzioni relitte, rimaste nella disponibilità del proprietario, fosse integrale e tanto là dove, invece, proprio per l’indicata evidenza vi era necessità di procedere a nuova stima del diminuito valore di mercato dei beni che tenesse conto del loro diverso uso nelle more effettuato.
I giudici di merito, con motivazione “fuori fuoco”, avevano equivocato il senso dell’argomento addotto dal ricorrente che non mirava a contestare l’attribuzione alle particelle della qualità di “reliquati”, come operata con la sentenza n. 320 del 2012, ma a dare nuova quantificazione all’indennità complessivamente riconosciuta all’espropriato e tanto, per l’appunto, in ragione dell’intervenuta cessione da parte del proprietario delle aree relitte al comparto edificatorio, operazione che, attribuendo ai beni un cospicuo valore di mercato, non avrebbe giustificato, all’indicato titolo, il riconoscimento di un risarcimento pieno.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, L. R.
3. Il motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte si è da tempo espressa nel senso che in tema di espropriazione per pubblica utilità, rispetto al soggetto espropriato non sono concepibili due distinti crediti, l'uno a titolo di indennità di espropriazione e l'altro quale risarcimento del danno per il deprezzamento che abbiano subito le parti residue del bene espropriato, tenuto conto che questa seconda voce è da considerare ricompresa nella prima che, per definizione, riguarda l'intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo per effetto del provvedimento ablativo (Cass. n. 4264 del 18/02/2021; in termini: id., n. 6926 del 08/04/2016).
Ciò posto, in materia di risarcimento del danno che spetta all’espropriato rispetto alle aree che, residuate alla procedura ablativa, abbiamo subito un deprezzamento, ai sensi dell’art. 33 TU esproprio, il pregiudizio sofferto dal proprietario deve tradursi una effettiva compromissione ed alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella sua disponibilità che deve apprezzarsi, però, in quanto diretto esito della procedura ablativa.
Là dove, pertanto, il privato espropriato abbia, per assunte autonome iniziative, ceduto a terzi il bene residuato all’esproprio o ne abbia comunque disposto ricavandone un corrispettivo, siffatta operazione, riconducibile alla volontà dispositiva del proprietario, non può valere a dimensionare o azzerare il risarcimento altrimenti spettante al soggetto espropriato sì da mettere, finanche, in discussione la natura stessa del bene quale “reliquato” della procedura espropriativa.
4. In applicazione dell’indicato principio il ricorso è, pertanto, infondato là dove deduce sull’improprio intersecarsi, in punto di eziologia del danno e suo contenimento, tra gli effetti diretti della procedura ablativa e l’intervento, autonomo, del privato proprietario, valendo l’indicato principio ad assorbire ogni ulteriore deduzione ed argomento.
5. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese di lite, secondo soccombenza, liquidate come in dispositivo indicato.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Comune di Avola a rifondere a L. R. Lelio le spese di lite che liquida in euro 8.000,00 per compensi ed euro 100,00 per esborsi oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.