La Cassazione affronta il tema della liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile che ha depositato le conclusioni solo con memoria senza intervenire in udienza. Ai fini della liquidazione, è essenziale che la parte civile abbia dato un contributo effettivo allo svolgimento del processo.
Con sentenza n. 46062 del 16 dicembre 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dall'imputato avverso la sentenza di condanna per il reato previsto all'
Nelle sue argomentazioni, la Suprema Corte si occupa della...
Svolgimento del processo
1. Il giudice di Pace di Benevento condannava il ricorrente per il reato previsto dall'art. 636 cod. pen. in quanto introduceva nel fondo del L. S. una mandria di bovini al fine di farli pascolare con compromissione del raccolto.
2. Avverso tale proponeva ricorso per cassazione il difensore che sentenza deduceva:
2.1. violazione di legge: l'azione penale, in ossequio al divieto di secondo giudizio, sarebbe improcedibile, poiché l'illecito era già stato sanzionato in via amministrativa.
2.2. violazione di legge: sarebbe illegittima la costituzione di parte civile avvenuta all'udienza del 21 maggio 2019, data in cui il processo era stato rinviato in seguito alla modifica del capo di imputazione avvenuta all'udienza del 16 ottobre 2018; inoltre sarebbe tardiva la lista depositata il 13 maggio 2019 in occasione della seconda costituzione.
Si deduceva inoltre che all'udienza del 17 settembre 2019 il capo di imputazione veniva di nuovo modificato senza il rispetto della procedura prevista dall'art. 516 cod. proc. pen.
2.3. Vizio di motivazione: la persona offesa avrebbe reso dichiarazioni contraddittorie e non coerenti con i rilievi fotografici; a ciò si aggiungeva che era emerso che solo due dei bovini rinvenuti sul punto erano di proprietà del ricorrente: pertanto la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata in quella prevista dall'art. 636 comma 1 e non in quella prevista dal comma 2. Si deduceva infine che il ricorrente, pur essendo proprietario del gregge non ne aveva la custodia affidata a S. B., sicché non poteva essergli addebitata alcun illecito.
Motivi della decisione
1.II primo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione del principio del ne bis in idem è generico - dunque inammissibile - in quanto asserisce la violazione, ma non allega non allega, né indica, il provvedimento in ipotesi ostativo alla celebrazione di questo processo.
Secondo l'orientamento della Corte di cassazione, che il collegio condivide, per l'appello, come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581 comma primo lett. c) e 591 comma primo lett. c) del codice di rito comporta la inammissibilità dell'impugnazione in caso di genericità dei relativi motivi. Per escludere tale patologia è necessario che l'atto individui il "punto" che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l'oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (Sez. 6, n. 13261 del 6.2.2003, Valle, rv 227195; Sez. 4, n. 40243 del 30/09/2008, Falcioni, Rv. 241477; Sez.
6, n. 32227 del 16/07/2010, T. Rv. 248037, Sez. 6, n. 800 06/12/2011, dep. 2012, Bidognetti, Rv. 251528). Peraltro, in materia, le sezioni unite della Corte di cassazione hanno stabilito che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. un n. 8825 del 27/10/2016, Galtellì, Rv. 268822)
2.11 secondo motivo è infondato.
2.1. Con riguardo alla dedotta illegittimità della seconda costituzione di parte civile e della correlata ammissione una lista testi "tardiva": il collegio rileva che la costituzione di parte civile e l'ammissione della relativa lista, avvenuti a processo già avviato, come correttamente dedotto, sono illegittimi, in quanto avvenuti fuori termine (Sez. 3 - , Sentenza n. 15768 del 18/02/2020, O., Rv. 280264 - 03); tuttavia perché la violazione generi una nullità capace di ripercuotersi sulla liceità della progressione processuale - e dunque sulla legittimità delle sentenza - è necessario che la stessa produca, in concreto, una lesione del diritto di difesa.
Nel caso in esame gli atti tardivi non hanno prodotto alcun effetto pregiudizievole per il ricorrente, tenuto conto del fatto che (a) la parte civile si era già costituita tempestivamente e che (b) la parte civile rinunciava al teste tardivamente ammesso come si evince dal verbale dell'udienza del 17 dicembre 2019.
Il ricorrente non ha dunque alcun concreto interesse alla rilevazione della dedotta illegittimità che, in concreto, non ha prodotto alcuna lesione del diritto di difesa.
2.2. Quanto alla mancata attivazione della procedura prevista dall'art. 516 cod. proc. pen. in seguito alla deposizione della parte civile all'udienza del 17 settembre 2019, nel corso della quale la stessa riferiva che l'illecito era stato consumato in località San Menna, contrariamente a quanto precedentemente affermato, il collegio rileva che la violazione, che integra una nullità generale a regime intermedio, non è stata tempestivamente dedotta e risulta sanata dall'acquiescenza manifestata dal ricorrente nel corso della progressione processuale.
Si ribadisce che la modifica dell'imputazione riguardante un elemento accessorio del fatto non accompagnata dalla notifica dell'estratto del verbale dibattimentale all'imputato contumace o assente, determina una nullità assoluta qualora l'elemento modificato, incidendo sul nucleo essenziale del fatto, abbia impedito il pieno esercizio dei diritti difensivi; qualora, invece, la modifica non investa il nucleo sostanziale dell'addebito e non reca pregiudizio al diritto dell'imputato di individuare con esattezza il fatto contestatogli, l'omessa notificazione del verbale di udienza contenente tale modifica, determina una nullità a regime intermedio che per essere rilevata deve essere tempestivamente dedotta (Sez. 2, Sentenza n. 46342 del 26/10/2016, Furfaro, Rv. 268320 - 01).
A ciò si aggiunge che la modifica in questione - relativa al "luogo" di consumazione del reato - non risulta idonea a ledere il diritto di difesa, considerato che il fatto risulta già correttamente contestato con l'originario atto di esercizio dell'azione penale ( che faceva riferimento a quanto denunciato in querela ed identificava l'illecito in località San Menna) e che le prove raccolte, e discusse in contraddittorio, riguardano tutte il fatto come descritto in origine.
3. Il terzo motivo, che contesta sia la motivazione posta a fondamento dell'accertamento di responsabilità, che. la qualificazione giuridica del fatto è inammissibile.
Le censure rivolte nei confronti dell'inquadramento della condotta nella fattispecie prevista dall'art. 636 comma 2 cod. pen. e della capacità dimostrativa del compendio probatorio, composto dalle dichiarazioni della parte civile e dalle annotazioni del Corpo Forestale, si risolvono in una inammissibile richiesta di rivalutazione delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità (tre le altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
La sentenza impugnata dava conto infatti dell'ingresso di numerosi capi di bestiame appartenenti al S. B. sul fondo della parte civile e del fatto che tale ingresso era stato effettuato al fine di consentirne il pascolo (pag. 7 della sentenza impugnata). La motivazione non presenta vizi logici né discrasie tra la valutazione e le prove raccolte e non si presta pertanto ad alcuna censura in questa sede.
Con riguardo alla sussistenza dell'elemento soggettivo il collegio ribadisce, via generale che il delitto di cui all'art.636, comma terzo, cod. pen. può essere consumato non solo con l'introduzione diretta degli animali nei fondi vicini ma anche con il loro abbandono in libertà e senza custodia, nella consapevolezza che essi vi si introdurranno guidati dall'istinto, essendo in tal caso configurabile l'elemento psicologico del reato nella forma del dolo eventuale (Sez. 2, Sentenza n. 46336 del 11/10/2016 Rv. 268472; Sez. 2, Sentenza n. 52200 del 14/10/2016, Mancuso, Rv. 268645 - 01).
Nel caso in esame il ricorrente allegava il travisamento per omissione di una prova non allegata, ovvero il fatto che la custodia della mandria fosse affidata al figlio mentre lui quando si è consumato il reato contestato lavorava altrove.
Si tratta di circostanze asserite, che non emergono dal percorso motivazionale della sentenza delle quali si deduce la omessa valutazione, senza però adempiere all'onere di allegazione delle relative prove.
Sul punto il collegio riafferma che, quando si deduce il travisamento della prova, anche per omissione, è necessaria l'allegazione della prova in ipotesi travisata, pena l'inammissibilità della doglianza per intrinseca genericità. Si ribadisce cioè che, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 165 bis comma 2 disp. att. cod. proc. pen, . è necessario il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso che si traduce nell'onere di puntuale indicazione da parte del ricorrente degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l'allegazione delegata alla Cancelleria (Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019 - dep. 31/07/2019, Talamanca, Rv. 276432).
4. Alla parte civile, che ha depositato conclusioni e nota spese, non devono essere liquidate le spese del grado.
4.1. In materia di diritto della parte civile al rimborso delle spese processuali quando le conclusioni sono rassegnate solo con "memoria", senza l'intervento in udienza, la giurisprudenza non è univoca.
Da un lato si è affermato che nel giudizio di legittimità l'imputato non è tenuto al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile che, dopo avere depositato una memoria con argomentazioni non decisive ai fini dell'esito del ricorso, non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza (Sez. 2, Sentenza n. 36512 del 16/07/2019, Serio, Rv. 277011; Sez. 5, Sentenza n. 47553 del 18/09/2015, Giancola, Rv. 265918; Sez. 5, Sentenza n. 43484 del 07/04/2014, Miglietta, Rv. 261302).
Dall'altro si è affermato che ha diritto ad ottenere la liquidazione delle spese processuali la parte civile che, nel giudizio di legittimità, pur non intervenendo alla discussione in pubblica udienza, depositi memorie conclusive e relativa nota spese, sulla base di quanto disposto dall'art. 541 cod. proc. pen., che prevede un obbligo generale di condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile - in caso di accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento dei danni - svincolato da qualsiasi riferimento alla discussione in pubblica udienza (Sez. 2 - , Sentenza n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834; Sez. 4, Sentenza n. 38227 del 21/06/2018 Albergo, Rv. 273802; Sez. 5, Sentenza n. 6052 del 30/09/2015 dep. 2016, Migliorini, Rv. 266021) Il collegio ritiene, in primo luogo, che l'intervento della parte civile non debba necessariamente esprimersi attraverso l'intervento in udienza, dato che l'art, 614 cod. proc. pen. richiama l'art. 523 cod. proc. pen. (che appunto richiede la partecipazione in udienza della parte civile) solo nella parte in lo stesso regolamenta lo svolgimento della discussione, laddove è pacifico che l'udienza in cassazione prevede per tutte le parti private - e dunque anche per quella civile - la facoltà e non l'obbligo di comparire (Sez. 2, Sentenza n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834, § 4.2.1.).
In secondo luogo si condivide quanto già osservato dalla Cassazione circa il fatto che «l'art. 168 disp. att. cod. proc. pen. dispone l'applicazione, nel giudizio di cassazione, delle «disposizioni di attuazione relative al giudizio di primo grado» (così, testualmente ed inequivocabilmente, l'art. 168 disp. att. c.p.p.): in virtù di tale rinvio, deve ritenersi senz'altro richiamato anche l'art. 153 disp. att. c.p.p., a norma del quale, «agli effetti dell'articolo 541, comma 1, del codice, le spese sono liquidate dal giudice sulla base della "nota" che la parte civile presenta al più tardi insieme alle conclusioni»: al più tardi insieme alle conclusioni, ma quindi, inequivocabilmente, anche prima (ove si ritenga il contrario, la disposizione resterebbe priva di concreto significato)», in tal caso, senza partecipare alla discussione (Sez. 2, Sentenza n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834, § 4.2.2). In sintesi: (a) la parte civile in cassazione non "deve" partecipare all'udienza, (b) la liquidazione delle spese dalla stessa non dipende dalla sua partecipazione in udienza, ma è correlata al deposito della "nota".
Ciò detto, il collegio ritiene che per procedere alla liquidazione delle spese nei casi in cui la parte civile non partecipi all'udienza di discussione, occorre verificare che la stessa abbia dato un contributo effettivo - anche solo con la memoria - allo svolgimento del processo, non potendosi procedere alla liquidazione assenza di qualsivoglia contributo concreto, ovvero sulla base di una richiesta di liquidazione associata ad una memoria che non si confronta in alcun modo con i temi processuali.
4.2. Nel caso in esame la parte civile si limitava a depositare conclusioni e nota spesa senza offrire alcun argomento utile alla decisione. Alla stessa pertanto nulla è dovuto.
5. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese di parte civile.