La semplice barratura della casella «vane ricerche», infatti, si trasforma in una carenza del procedimento notificatorio se non è accompagnata dall'effettività delle ricerche e dall'indicazione di quali siano state le ricerche realmente compiute dall'ufficiale giudiziario.
L'odierno ricorrente proponeva opposizione tardiva contro il decreto ingiuntivo emesso a favore di una società a titolo di corrispettivo per le opere eseguite extracapitolato presso l'immobile di sua proprietà. Il Tribunale di Cremona accoglieva l'opposizione ma, a seguito di gravame, la Corte di Appello accoglieva l'impugnazione proposta dalla società, dichiarando inammissibile poiché...
Svolgimento del processo
Giovanni Turnino propose innanzi al Tribunale di Cremona opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 cod. proc. civ. avverso il decreto ingiuntivo, notificato ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ., emesso in favore di A. s.r.l. per l'importo di Euro 61.781,03, a titolo di corrispettivo per le opere eseguite extracapitolato presso l'immobile di proprietà dell'ingiunto, operata dal totale di Euro 68.331,53 la detrazione della somma cli Euro 6.460,50 pari al costo per l'eliminazione dei vizi lamentati dal Turnino. L'opponente propose inoltre domanda riconvenzionale di condanna al pagamento della somma di Euro 41.977,67, a titolo risarcitorio ai sensi dell'art. 1669 e/o 2043 cod. civ., per i danni derivanti dai vizi a carico dell'immobile. Il Tribunale accolse sia l'opposizione che la domanda riconvenzionale nei limiti del minor importo (rivalutato) di Euro 17.500,00. Avverso detta sentenza propose appello A. s.r.l.. Con sentenza di data 15 marzo 2019 la Corte d'appello di Brescia accolse l'appello, dichiarando l'inammissibilità per tardività dell'opposizione al decreto ingiuntivo e condannando l'appellato al pagamento della somma di Euro 61.781,03 oltre interessi.
Premise la corte territoriale che in data 12 settembre 2015 era stata eseguita la notificazione del decreto ingiuntivo presso la residenza anagrafica del debitore a mezzo del servizio postale, con esito negativo per lo stato di «irreperibilità del destinatario» e che in data 29 settembre 2015 la notifica era stata eseguita dall'ufficiale giudiziario il quale, confermando la situazione verificata dall'ufficiale postale, aveva dichiarato che all'indirizzo di via (omissis) in (omissis) vi era uno «stabile sprovvisto di portineria», «il nome non figura sul citofono né sulla cassetta postale», così da rendere «non applicabile la notifica ex art. 140 c.p.c.» e che erano state «vane le ricerche esperite sul posto». Osservò quindi, non potendo essere poste in discussione le attestazioni dell'ufficiale giudiziario in mancanza di querela di falso, che non poteva reputarsi inidonea neppure l'attestazione riguardante il vano esperimento delle ricerche sul posto, perché: l'espletamento di tale adempimento era attestato dal pubblico ufficiale; l'esito negativo era coerente al precedente tentativo mediante servizio postale; le ricerche non avrebbero potuto fornire un risultato diverso dato che l'indirizzo di via (omissis) in (omissis) corrispondeva all'effettiva ed attuale residenza dell'ingiunto.
Aggiunse che la domanda riconvenzionale non era autonoma rispetto alla pretesa creditoria, e pertanto risultava travolta dall'inammissibilità dell'opposizione con la formazione del relativo giudicato, perché l'opposta aveva chiesto il pagamento delle opere extra contratto (e a tale domanda l'opponente aveva resistito sostenendo che il relativo costo era stato preso in considerazione nel corrispettivo della compravendita) ed inoltre aveva offerto, a deduzione del costo delle opere in questione, il minor valore determinato da tale costo, cui l'opponente aveva replicato offrendo una differente valutazione delle circostanze e delle criticità in parola.
Ha proposto ricorso per cassazione Giovanni Turnino sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E' stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. Sono state depositate memorie.
Motivi della decisione
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 140, 143 e 148 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, come riconosciuto dalla stessa Corte d'appello, era provato che nel settembre 2015 il Turnino avesse stabile residenza anagrafica all'indirizzo di via (omissis) in (omissis) e che la barratura della casella "vane ricerche" avrebbe dovuto essere completata adeguatamente mediante una relazione che desse conto dell'attività compiuta ai fini di consentire la notifica a mani o accertare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 140, dando conto in modo esaustivo delle attività compiute e spiegando così come il loro esito avesse portato alla conclusione inequivocabile del trasferimento altrove della residenza (peraltro si trattava di un'area di villette regolarmente e stabilmente abitate, ragion per cui era sufficiente chiedere informazioni ai vicini ivi residenti). Aggiunge che non poteva ricorrere lo stato di ignoranza incolpevole circa l'effettivo indirizzo di residenza del destinatario (che avrebbe legittimato la notifica ai sensi dell'art. 143), sia perché il Turnino aveva stabile residenza nell'indirizzo in questione, dal quale era temporaneamente assente per impegni di lavoro, sia perché tale residenza era nota ad A.
Il motivo è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della notificazione ex art. 143 c.p.c., l'ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione (Cass. n. 8638 del 2017). Il ricorso alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto (Cass. n. 24107 del 2016), il che val quanto dire, come affermato da Cass. n. 18385 del 2003, che «l'ufficiale giudiziario debba comunque preliminarmente concretamente accedere nel luogo di ultima residenza nota, al fine - fra l'altro - di attingere, anche nell'ipotesi di riscontrata assenza di addetti o incaricati alla ricezione della notifica, comunque eventuali notizie utili in ordine alla residenza attuale del destinatario della notificazione». Va inoltre rammentato che i presupposti, legittimanti la notificazione a norma dell'art. 143 c.p.c., non sono solo il dato soggettivo dell'ignoranza, da parte del richiedente o dell'ufficiale giudiziario, circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell'atto, né il mero possesso del certificato anagrafico, dal quale risulti il destinatario stesso trasferito per ignota destinazione, essendo anche richiesto che la condizione di iqnoranza non sia superabile attraverso le indagini possibili nel caso concreto, da compiersi ad opera del mittente con l'ordinaria diligenza: a tal fine, la relata di notificazione fa fede, fino a querela di falso, circa le attestazioni che riguardano l'attività svolta dall'ufficiale giudiziario procedente e limitatamente ai soli elementi positivi di essa, mentre non sono assistite da pubblica fede le attestazioni negative, come l'ignoranza circa la nuova residenza del destinatario della notificazione (Cass. n. 19012 del 2017).
Nel caso di specie l'indicazione di vane le ricerche esperite sul posto», al cospetto dell'accertata residenza anagrafica, evidenzia una carenza del procedimento notificatorio sotto il profilo del requisito della effettività delle ricerche e della specifica indicazione di quali siano state le "effettive" ricerche compiute, rilevante nel caso di specie come requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto (art. 156, comma 2, cod. proc. civ.). In mancanza infatti della specifica indicazione delle effettive ricerche compiute, la generica indicazione di «vane le ricerche esperite sul posto» è inidonea ad integrare un fatto di cui l'ufficiale giudiziario dia conto nel processo verbale, per il quale incomba sulla parte interessata l'onere di proporre querela di falso, ma ha la valenza esclusivamente di una valutazione, non assistita, come è noto, dalla precipua efficacia dell'atto pubblico (in particolare, l'ufficiale giudiziario ha stimato "vane" le ricerche esperite, ma ha omesso di attestare i fatti, che sarebbero avvenuti, corrispondenti alle ricerche eseguite). Non vale richiamare Cass. n.. 17964 del 2017, come si fa nella memoria della controricorrente, la quale esclude che ricorra la nullità nel caso di mancata indicazione nel processo verbale delle indagini eseguite a condizione però che risulti comunque con assoluta certezza l'effettivo compimento delle stesse, circostanza che non risulta nel caso di specie (mentre sussisteva nel caso di cui al precedente appena citato).
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale, ritenendo travolta la domanda riconvenzionale, ha confuso il contenuto di domande che restano autonome, con l'istituto della compensazione e che il contenuto della domanda riconvenzionale prescinde del tutto dall'opposizione a decreto ingiuntivo.
L'accoglimento del precedente motivo determina l'assorbimento del motivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.