Il Tribunale negava l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato al cittadino di un Paese non aderente all'Unione europea poichè aveva dubbi sulle sue generalità in quanto documentate mediante allegazione della sola carta d'identità italiana. Per i Giudici di legittimità, il richiedente non può essere onerato di dimostrare che i dati riportati nel predetto documento corrispondano alle generalità riportate in altro documento proveniente dal Paese di origine.
Il Tribunale di Milano rigettava l'opposizione proposta nell'interesse dell'attore avverso il decreto con cui era stata dichiarata l'inammissibile dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per incertezza in ordine all'esattezza delle generalità e per mancanza della certificazione consolare. Il Giudice di merito rilevava che...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 21/12/2020 il Tribunale di Milano ha rigettato l'opposizione proposta nell'interesse di C.M.B. avverso il decreto del 21/02/2020, con il quale il Giudice monocratico dello stesso Tribunale aveva dichiarato inammissibile l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Nel provvedimento opposto, il giudice di merito aveva rilevato: che in data 20/12/2019 C.M.B. aveva presentato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato allegando dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'art.94, comma 2, d.P.R. 30 maggio 2022, n.115, attesa l'impossibilità di ottenere certificazione di veridicità dal Consolato Generale del Gambia; che, a integrazione dell'istanza, il richiedente aveva specificato di non essere titolare di passaporto, di avere ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari (scaduto da oltre sei mesi), di essere in possesso di carta d'identità italiana; che, in data 16/01/2020, l'istanza era stata dichiarata inammissibile per incertezza in ordine all'esattezza delle generalità e per mancanza della certificazione consolare; che, con l'istanza presentata il 20/02/2020, non era stato addotto alcun nuovo elemento.
2. Il Tribunale, in fase di opposizione, ha condiviso le argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato in merito all'incertezza dell'identità di soggetto privo di passaporto ma con permesso di soggiorno per motivi umanitari scaduto da oltre sei mesi nonché con carta d'identità ottenuta alla luce del permesso di soggiorno sulla base di dati riferiti, ritenendo che tale incertezza impedisse le verifiche previste dagli artt.96, commi 2 e 3, e 98, comma 2, d.P.R. 30 maggio 2002, n.115. Il giudice dell'opposizione ha ritenuto, altresì, condivisibili le valutazioni espresse nel decreto opposto circa la necessità per l'interessato di proporre impugnazione ai sensi dell'art.99 d.P.R. n.115/2002 avverso il provvedimento emesso il 16/01/2020, anziché presentare ulteriore istanza priva di elementi di novità, essendosi verificato il passaggio in giudicato del primo provvedimento non opposto.
3. C.M.B. ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della suindicata ordinanza, con un primo motivo, per violazione degli artt. 76,79 e 99 d.P.R. n.115/2002 in quanto la seconda istanza era, integrativa e chiarificatrice della prima, sviluppando il tema del diritto dello straniero ad accedere al patrocinio statale e della possibilità di presentare autocertificazione ai sensi dell'art.79 d.P.R. n.115/2002, ed era corredata di ulteriore documentazione (verbale di identificazione della Polizia Locale di Milano). Contesta, in ogni caso, che il testo unico n.115/2002 indichi tra le cause di inammissibilità la mera riproposizione di una precedente istanza, trattandosi di decreto modificabile e revocabile.
3.1. Con un secondo motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione dell'art.79, comma 1, lett.b) d.P.R. n.115/2002 in quanto, ai fini del rilascio a cittadini extracomunitari della carta d'identità, il Ministero dell'Interno richiede la presentazione del passaporto o del permesso di soggiorno e, in mancanza di documenti in corso di validità, ammette la presentazione di documenti scaduti, purché consentano la sicura identificazione. Non essendo il ricorrente aduso alla spendita di alias o di dati alternativi, non vi sono dubbi circa l'esattezza dei dati dichiarati nei documenti in suo possesso, con conseguente idoneità dei documenti a consentire le verifiche previste dall'art.96, comma 2, d.P.R. cit. e irrilevanza delle verifiche ex art.96, comma 3, d.P.R. cit. non procedendosi ai sensi dell'art.51, comma 3-bis, cod. proc. pen. Il giudice ha ritenuto dubbia l'identità dell'istante sulla base di mere congetture senza svolgere alcuna attività istruttoria, onerando il richiedente di una vera e propria probatio diabolica, essendo il permesso di soggiorno dimostrativo del fatto che egli non disponga di mezzi per rinvenire i propri documenti rilasciati dalle autorità gambiane.
3.2. Con un terzo motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.76, 79 e 94 d.P.R. n.115/2002 nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto indimostrata l'impossibilità per il richiedente di ottenere la certificazione consolare sui redditi prodotti all'estero, laddove la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che tale certificazione non sia più necessaria in quanto sostituita dall'autocertificazione. La difesa sostiene che ai cittadini extracomunitari privi di documenti personali debba essere garantito l'accesso al patrocinio a spese dello Stato in base a quanto previsto dall'art.6, comma 3, lett.c) della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, dall'art.14, comma 3, lett.d) I. 25 ottobre 1977, n.881 di ratifica del Patto Internazionale sui diritti civili e politici, dalla Direttiva 2008/115/CE (c.d. Direttiva rimpatri), la cui osservanza è imposta dall'art.10 Cost.
4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento con rinvio.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto nei termini che seguono.
2. Al fine di individuare con precisione il thema decidendum, è necessario premettere che, nella specie, non è in questione la facoltà dell'interessato di proporre nuovamente un'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in precedenza già rigettata, considerato che sia il giudice adito sia il giudice dell'opposizione si sono pronunciati nel merito. Ma, in ogni caso, il provvedimento originario di inammissibilità non poteva che avere il fine limitato di indicare all'istante la mancanza di un requisito o la necessità di un'integrazione documentale. Non risolveva infatti una questione relativa all'esistenza del diritto all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ma si limitava a indicare che un adempimento necessario non era stato compiuto. Un provvedimento di questo genere non è suscettibile di acquisire valore di giudicato proprio perché non risolve una questione controversa, come nel caso in cui venga escluso in radice il diritto all'ammissione al beneficio (art.91 d.P.R. cit.). È dunque corretto affermare che in questo caso ci si trova in presenza di un provvedimento emesso «allo stato degli atti» che può avere, al più, una forza preclusiva nel caso di richiesta identica che non soddisfi le indicazioni del primo provvedimento di diniego. E comunque la condotta del ricorrente - che non ha proposto impugnazione ma si è adeguato al provvedimento di inammissibilità intendendo colmare le precedenti omissioni - costituisce una forma di acquiescenza a questo provvedimento, essendosi il ricorrente adeguato al convincimento del giudice sulla documentazione ritenuta necessaria per decidere sull'istanza.
3. Neppure è in discussione il potere di autocertificazione dell'imputato, cittadino straniero, che, ai sensi degli artt. 78 e 79 d.P.R. n. 115/2002, abbia formulato istanza di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, giacché l'estensione allo straniero del trattamento previsto per il cittadino (art.90 d.P.R. n.115/2002) ha reso necessario prevedere una apposita disciplina che garantisse parità di trattamento a colui che si trovi nell'impossibilità, per ragioni oggettive, di documentare altrimenti la propria situazione reddituale. L'art. 79, comma 2, decreto citato, dispone infatti che «per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione Europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato», mentre l'art. 94, comma 2, d.P.R. cit. prevede che «in caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell'articolo 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione Europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione»,. 1. Tale produzione si aggiunge a quella prevista dall'art. 79, comma 1, lett. c), pur ' rappresentandone in un certo senso la replica, ed è ovviamente collegata alla ' impossibilità di produrre la certificazione consolare. Il legislatore ha, dunque, avvertito la necessità di inserire un correttivo, nell'art. 94, comma 2, d.P.R. cit., che permetta di superare l'ostacolo creato dalla condotta omissiva, o in generale non collaborativa, dell'autorità consolare, con l'evidente obiettivo di garantire un accesso effettivo alla tutela giurisdizionale.
4. La questione che qui specificamente rileva riguarda un diverso profilo di legittimità, essendo evidente che il giudice di merito ha negato che possa essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato un cittadino straniero non appartenente a Stati dell'Unione Europea che sia provvisto di carta d'identità rilasciata sulla base di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il giudice di merito ha ritenuto di equiparare la suindicata condizione a quella di colui del quale non si conoscano le generalità; in questo caso non sarebbe, infatti, possibile eseguire le verifiche e i controlli previsti dalla legislazione vigente in tema di patrocinio a spese dell'Erario.
4.1. Le modifiche apportate dalla I. 29 marzo 2001, n.134, trasposte con carattere di identità nell'art. 96, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, hanno profondamente innovato la disciplina previgente, indicando termini di decisione sull'istanza notevolmente ristretti (immediatamente se prodotta in udienza, e di dieci giorni se presentata diversamente), ai quali tuttavia non si collega più, a seguito della modifica operata dall'art.12 ter, comma 1, lett.c) d.l. 23 maggio 2008, n. 92 conv. con modificazioni dalla l. 24 luglio 2008, n. 125, la gravissima sanzione della nullità assoluta ai sensi dell'art. 179, comma 2, cod. proc. pen. in precedenza comminata. Inoltre, l'ultima parte del secondo comma dell'art. 96 dispone che «prima di provvedere» il magistrato può trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva (che è quella prevista dall'art.79, comma 1, lett. c), e unica per italiani e cittadini stranieri di qualsiasi provenienza), alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche.
4.2. Da tale peculiare disciplina procedurale trae origine il principio, ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte di cassazione (ex multis Sez.4, n. 11792 del 10/02/2009, E., Rv. 243204), a mente del quale, nell'ipotesi di assoluta incertezza sulle generalità della persona che ha presentato l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, tali indagini preventive, già difficoltose per la ristrettezza temporale, risulterebbero addirittura impossibili da effettuare nei confronti di persona «sedicente», sia essa italiana o straniera, e, a maggior ragione, se straniera.
4.3. Detto principio, che attiene alla tutela di un interesse patrimoniale dello Stato, deve, tuttavia, essere compreso nella sua reale portata senza trascurare, da un lato, che la materia richiede la ricerca di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia (Corte Cost. n.16 del 10 gennaio 2018), ma, d'altro canto, con specifico riguardo al processo penale, in cui l'azione viene subìta da chi aspira al patrocinio a spese dello Stato, che deve essere «assicurata [ ... ] una più intensa protezione, sganciando l'ammissione al beneficio de quo da qualsiasi filtro di non manifesta infondatezza delle ragioni del soggetto interessato» (Corte Cost. n.47 del 12 febbraio 2020).
4.4. Le norme che disciplinano le condizioni di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non escludono, peraltro, l'accesso al beneficio in ragione del tipo di procedimento con cui il richiedente abbia conseguito il documento d'identità, in linea con l'ovvia considerazione che sarebbe, in tal caso, riservato un diverso trattamento in funzione delle modalità di avvio del procedimento per il rilascio del documento perché sarebbe sempre preclusa - a chi è in una condizione di ingresso nel territorio senza documenti e a prescindere dalle ragioni di tale condizione - l'effettività dell'accesso alla giustizia, con conseguente sacrificio del nucleo intangibile del diritto alla tutela giurisdizionale. Giova, in proposito, rammentare che la disposizione dell'art.94, comma 2, d.P.R. cit. è richiamata anche dall'art.16 d. lgs. 28 gennaio 2008, n.25 in tema di assistenza legale nei procedimenti giurisdizionali in materia di protezione internazionale.
5. Ferma restando, dunque, la validità del principio per cui deve ritenersi legittimo il provvedimento che neghi l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato qualora vi sia assoluta incertezza sulle generalità del richiedente, va anche chiarito che il cittadino di Paesi non aderenti all'Unione europea che abbia documentato le proprie generalità mediante allegazione di un documento rilasciato dalle autorità dello Stato (nella specie carta d'identità), non può essere onerato di dimostrare che i dati riportati nel predetto documento corrispondano alle generalità riportate in altro documento proveniente dal Paese di origine. Tale probatio diabolica contrasterebbe, qualora si verta in materia di misure privative della libertà personale, con il fondamentale diritto a un equo processo, la cui effettività passa anche per il sostegno economico necessario per l'assistenza tecnica di un difensore d'ufficio o di fiducia a chi ne sia sprovvisto (art.6.3 lett.c CEDU, che riconosce ad ogni accusato il diritto di «difendersi personalmente o avere l'assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia», Corte EDU, B. c. Regno Unito 61; Q. c. Svizzera, § 33; Z. S. c. Bulgaria,§ 38). Occorre, pertanto, in tal senso considerare che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato può essere negata nei soli casi nei quali vi sia «fondato» motivo di dubitare dell'esattezza delle generalità, non essendo a tal fine sufficiente che tale incertezza derivi dalla circostanza che il documento d'identità esibito dal richiedente sia stato rilasciato in base a dati riferiti, tanto più ove si osservi che il legislatore ha ritenuto sufficiente un'autocertificazione della situazione reddituale, onde evitare trattamenti discriminatori nei confronti di stranieri non appartenenti a Stati dell'Unione Europea in condizioni di oggettiva impossibilità di documentarla.
6. Va, qui, ricordato che il provvedimento di rigetto dell'ammissione al patrocino a spese dello Stato è ricorribile per cassazione soltanto per violazione di legge ex art. 99, comma 4, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella quale rientra la mancanza di motivazione, a cui è equiparabile l'ipotesi della motivazione meramente apparente, ma non il vizio riguardante la congruità delle valutazioni del giudice (Sez. 4, n. 22637 del 21/03/2017, Attanasio, Rv. 270000; sull'equiparazione tra motivazione assente e apparente Sez. 4, n. 38640 del 17/09/2008, G., Rv. 242182).
6.1. Giova, peraltro, sottolineare che il giudizio inerente all'identità personale del richiedente laddove, come nel caso in esame, si tratti di straniero che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sprovvisto di documenti, non può prescindere dal rilievo che, a norma dell'art.10 ter d. lgs. 25 luglio 1998, n.286, colui che si trovi in tale condizione sarà sottoposto ai rilievi dattiloscopici, strettamente funzionali all'accertamento dell'identità personale in difetto di idonea documentazione e all'avvio del procedimento di protezione internazionale, nel caso in esame pacificamente avviato e conclusosi con riconoscimento di protezione umanitaria.
6.2. In particolare, nel caso in esame, a fronte della allegazione della carta d'identità rilasciata dallo Stato •italiano, il giudice del merito si è limitato a ritenere, apoditticamente, incerta l'identità del richiedente, omettendo di spiegare su quali elementi tale dubbio si fondasse. Ne deriva che, essendo l'ordinanza impugnata così carente sotto il profilo argomentativo da palesarsi come apparente, in quanto basata su argomentazioni di puro genere e su asserzioni apodittiche e prive di efficacia dimostrativa, sussiste il lamentato vizio di violazione di legge.
7. Tali sono le ragioni per le quali l'ordinanza deve essere annullata, con rinvio al Presidente del Tribunale di Milano per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo giudizio, al Tribunale di Milano.